MARAT-SADE
Luglio 6, 2005 in Spettacoli da Marcella Trapani
Lo spettacolo teatrale MARAT-SADE di P. Weiss ha debuttato alcuni giorni fa a Torino a qualche mese di distanza dalla Prima Nazionale che ha avuto luogo al Teatro Argentina a Roma nel gennaio di quest’anno. A Torino è stato allestito alle Limone Fonderie Teatrali.
Tante erano le nostre aspettative nei confronti di questo spettacolo: anzitutto, il soggetto, Marat e il periodo della Rivoluzione Francese. Poi, l’esecuzione dal vivo de Le quattro stagioni da Il cimento dell’Armonia e dell’inventione. Opera VII di A. Vivaldi nell’interpretazione su strumenti originali dell’opera barocca dell’Ensemble Europa Galante diretta da F. Biondi. Infine, l’opera stessa di P. Weiss, autore nato nei pressi di Berlino nel 1916 e scomparso nel 1982.
Weiss iniziò a scrivere il MARAT-SADE nel 1963, tre anni dopo il regista P. Brook ne trasse un indimenticabile film con G. Jackson e P. Magree come interpreti principali. L’opera è stata definita da alcuni critici come “un teatro di sangue, di grida, di estrema corporeità”. In realtà, essa è un dramma brillante, in cui il Marchese de Sade mette in scena episodi della Rivoluzione Francese nel manicomio di Charenton, dove lo stesso Marchese fu tenuto segregato dal 1801 al 1814, anno della sua morte. Il primo tema del dramma è dunque il teatro nel teatro: de Sade, assieme ad alcuni compagni di internamento, vuole mettere in scena la morte del rivoluzionario.
Il secondo tema è la rivolta sociale perché, quando il direttore del manicomio Coulmier assiste allo spettacolo assieme alla sua famiglia, il fervore rivoluzionario infiamma i pazienti e quindi la rivolta di Marat contro l’Ancien Régime diviene la rivolta degli internati contro l’ordine costituito rappresentato da Coulmier.
MARAT-SADE è insomma una profonda meditazione sulla natura della rivoluzione, sul potere e i suoi abusi e trova nell’allestimento di Le Moli un’interpretazione senza pecche né sbavature che non delude le aspettative nostre e di tutto il pubblico. Le battute degli attori si innestano perfettamente sulla partitura de Le quattro stagioni, anzi la familiarità per l’orecchio della musica vivaldiana rende più accessibile il testo del dramma nella traduzione di I. Pizzetti.
Gli interpreti sono tutti eccellenti, in particolare i due protagonisti, R. Abbati nei panni di Marat, e P. De Crescenzo, in quelli di C. Corday. Da segnalare anche la recitazione assolutamente “schizzata” di C. Cattellani e quella encomiabile del veterano G. Ilari. La scarna scenografia, curata da T. Santi, e i costumi essenziali di N. Ricchetti, sono di una rara efficacia espressiva e ben si inseriscono negli spazi delle Fonderie di Moncalieri, meglio, pensiamo, che nell’architettura di un teatro tradizionale.
di Marcella Trapani