Intervista a Nicola Losavio, alias Culicide

Aprile 20, 2003 in Libri da Roberto Grossi

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“La satira è l’urlo del prigioniero!”

L’affermazione di Nicola Losavio, alias il pungente Culicide (zanzara), non ammette repliche, specie in tempi di guerra.

L’autore di “…Continua” d’altronde è abituato a sentirsi ostaggio dei potenti del mondo e, nel suo piccolo, a combatterli con l’arma dissacrante e ironica della penna, sorretto da un pensiero anarchico che se da un lato è un limite dall’altro ne rappresenta la sua grande forza.

I puntini trasportati dalle formiche che stanno nel titolo dell’ultima fatica prodotta dal ragioniere-scrittore di origine brindisina (ma Torino, sua città d’adozione è ben rappresentata nel libro, con le delusioni per le giunte di sinistra, le battaglie per la Fiat e, ironicamente, il tifo per la Juve) rappresentano lo sforzo immane di queste piccole creature perennemente in lotta contro i più grandi, prepotenti e megalomani di turno.

“Le formiche non solo si incazzano, ma così facendo costruiscono la storia dell’umanità” – chiarisce Nicola, – a dispetto dei danni causati dai Berlusconi (chiamato ‘Terrina’, per il trucco che si mette sul viso) di turno o dai Papi.

E sì, perché nel ‘j’accuse’ di Culicide c’è n’è anche per il polacco più famoso del mondo, soprannominato ‘Il noioso’ e descritto come perdente

Nonostante gli sforzi compiuti dalla chiesa cattolica la guerra c’è stata lo stesso: pregare è un po’ poco per fermare i megalomani dei nostri tempi e il papa, che oggi mi sembra il fra’ Cristoforo dei ‘Promessi Sposi’, avrebbe dovuto forse, come si è vanamente augurato anche Dario Fo, prendere un aereo e andare a Baghdad di persona. Lui ha girato molto per il mondo, poteva fare un altro sforzo e viaggiare ancora un po’….

Intuibile quindi il suo giudizio sull’America

Scrivi Amerika, con la k, mi raccomando, come si faceva una volta in certi ambienti. Di quella nazione salvo solo i pellerossa, i neri del ghetto e gli ispano-americani: i poveri insomma. (potrei citare Josè Martì, poeta e rivoluzionario: “con i poveri della terra voglio giocare la mia sorte”). Io sto sempre dalla parte dei più deboli: mi dichiaro ebreo contro i nazisti, palestinese contro Sharon, irakeno contro Saddam e, giova ripetere, pellerossa contro Bush. Così a volte ho tutti contro: un giorno, in un incontro interculturale un membro della comunità araba, mi definì ‘ebreo marcio’. Al limite, dichiarai, mi sentirei offeso per il ‘marcio’, non per altro. Su Saddam Hussein cosa vuoi che ti dica? Non sto con lui né tantomeno con l’Amerika. Un po’ come ai tempi di ‘Né con lo Stato né con le Br’. La sua dittatura, come le altre del mondo arabo, sono la logica conseguenza di Stati (in fattispecie vere e proprie invenzioni del colonialismo inglese e francese, vedi appunto Irak, Giordania, Arabia Saudita, regali alle tribù beduine per l’appoggio alla lotta contro l’impero ottomano – Laurence d’Arabia ci ricorda qualcosa?) che nel corso della Storia non hanno vissuto alcune fasi essenziali per il raggiungimento quantomeno di una parvenza di democrazia (a mio parere mai raggiunta nel senso completo neanche in occidente): il Rinascimento per la letteratura, l’Illuminismo per il pensiero filosofico, la Riforma e la Controriforma per la religione e senza Illuminismo (il lume della Ragione) la religione non potrà mai essere separata dallo Stato.

34496Democrazia e Islam sono allora un connubio impossibile per Nicola, almeno a breve-medio termine. Fino a quando, cioè, la povertà non verrà sconfitta anche in quei paesi, perchè sono i disperati coloro che il fondamentalismo, dal komehinismo in poi, riesce a strumentalizzare.

L’equazione religione uguale reazione, sempre dal mio punto di vista, rimane inossidabile specie in questi paesi.

Ma il nostro Occidente come se la passa?

Male, assolutamente dominato dal capitalismo. Intendiamoci, la Politica è sempre stata subalterna all’Economia. Le guerre, ad esempio, sono state sempre combattute soprattutto per motivi economici (alla fola della guerra di Troia voluta dai Greci per vendicare l’onore di Menealo non ci ha creduto neanche Omero, volevano solo aprire nuovi traffici ad oriente e la potenza di Troia la impediva). Ma oggi, diciamo dalla caduta del Muro di Berlino in poi, la Politica non riesce neanche più a mascherare questo stato di dipendenza. Gli imprenditori infatti hanno fatto un semplice ragionamento e si sono detti: il ‘nemico’ è morto, la guerra fredda è finita e la Politica attraverso i politici di professione non ci serve più. E allora eliminiamola. Così si sono messi loro a farla in prima persona, un costo in meno nei loro bilanci. L’alternativa quindi sarà quella di avere un imprenditore di ‘destra’ contro uno, diciamo così, di ‘sinistra’. Non male vero?.

34482(3)E l’Italia?

In primis mi sento pugliese o di nessun altro posto (“la mia patria è il mondo intero” – si cantava una volta – ed a scanso di equivoci scrivo sempre patria con la “p” minuscola). Da una parte hai Berlusconi, e qui potremmo sbellicarci dalle risate a proposito di “Terrina” ma poiché non voglio annoiare troppo con le critiche posso riassumere tutto il mio pensiero rifacendomi alla favola di Fedro (che non è quello del Grande Fratello, ma del Re Travicello): ogni popolo cioè ha il governo che si merita, punto e basta. Dall’altra parte invece hai uno schieramento che viene generalmente definito di sinistra (ma a mio avviso la sinistra non esiste più in Italia) e che giudico come l’apparente riscossa dei perdenti. Attraverso la guerra questa parte politica ha pensato di aver riavuto nel Paese la voce persa in Parlamento, dimenticandosi tra l’altro di ciò che successe all’epoca di ‘Baffetti di Topo’ D’Alema nella guerra dei Balcani. All’epoca D’Alema, pur di mantenere il potere, concesse ai guerrafondai le stesse cose che ora, a parole, voleva negare. Della cosiddetta sinistra italiana salvo solo, turandomi il naso, il Pci di Berlinguer. D’altronde in una precisa fase storica non si diceva che se il Pci andava al governo la classe operaia doveva passare all’opposizione? E lo stesso può essere adattato al Pds o ai Ds di oggi quando sono stati al potere. Per me l’Anarchia (se proprio mi devo etichettare, mi considero anarchico-individualista non violento) rappresenta la libertà degli individui, che tutti insieme costituiscono la massa. Da non confondersi in questo particolare assolutamente con il marxismo (che considero, invero, scienza della filosofia politica-economica, pilastro per migliorare le condizioni sociali delle masse), dove si parte dalla massa, appunto, per arrivare all’individuo. Peccato che quasi sempre non ci si arrivi….. E in ultima considerazione, si è davvero quasi costretti a dare addirittura ragione a Berlusconi quando si domanda cosa c’entrino le bandiere rosse con l’arcobaleno della pace….

Niente sinistra e niente bandiere di nessun preciso colore quindi, meglio l’Arcobaleno. L’Anarchia, come detto all’inizio, è il filo rosso che attraversa i pensieri di Nicola e ne suggerisce la vena poetica. Una ragione di vita.

La recensione di …Continua

Per contattare l’autore: [email protected]

[©Foto a cura di Mario Solavaggione]

AUTOBIOGRAFIA

34497Degno rappresentante del popolo tarro, l’autore nasce ‘invano’ a Fasano (prov. di Brindisi) nel lontano 9 Marzo del 1951. Figlio del dopo guerra, s’ingegna insieme ai suoi fratelli a sopprimere la dieta mediterranea che da sempre le proprie madri un po’ da per tutto, specie in questo periodo, sono solite inventarsi tutti i giorni. Da un discreto monopasto giornaliero l’autore partorirà giuramenti feroci per recuperare la propria fame e quella delle generazioni precedenti. A cinquant’anni con orgoglio pensa di aver vendicato in modo completo la fame di tre generazioni, fino ai suoi bisnonni, sia paterni che materni, sfoggiando un peso sforma… invidiabile di certo solo dai suoi trisnonni non ancora raggiunti . A dirla breve l’invano si riferisce al fatto che già a dieci anni, segretamente sospinto dall’idea di pasti più frequenti e regolari e, vistosamente incoraggiato dalle origini sanfediste di cattolici rigidamente osservanti del suo entourage, varca le porte di due eminenti seminari (Monopoli e Conversano) in terra barese per poi fuggirsene irritato più che stupito dall’ipocrita concezione delle virtù solo pubbliche di una fabbrica per preti, ereditando però il gusto e la passione per gli studi classici.

Si ritrova a Torino al compimento di pensanti quindici anni, presso parenti collaterali tentando un riscatto dall’ignoranza colposa delle sue origini, frequentando con un certo profitto scuole (serali, ovviamente) di Ragioneria presso l’Istituto F.Offidani per poi tentare l’avventura (che si rivelerà impossibile, come per molti studenti-lavoratori) della Facoltà di Legge, forse attratto dall’utopia di Soccorso Rosso.

A sedici anni sfila con un certo orgoglio per via Po e nei primi cortei con l’Unità in tasca per sfociare nelle rabbie sessantottine nel circolo anarchico di Via Ravenna.

Si autodefinisce lettore vorace e disordinato, ricordando che da ragazzo se gli capitava un foglio di giornale per terra era capace di bloccarlo con i piedi per poterlo leggere, cosa che farebbe anche adesso se non fosse per una miopia da computer. Lettore non studioso di Freud, Marcuse, Jung, ecc. predilige a modo suo l’azione intruppandosi tra i soldatini mandati allo sbaraglio da una classe intellettuale sempre più lontana e teoricizzata.

Collabora alla stesura di giornali universitari, piccole rubriche feroci – il cor(ro)sivo.- a firma di Cecco (Angiolieri) presso un settimanale sportivo Il Piemonte Podistico degli anni ’80 per approdare come uno dei fondatori di una Rivista Letteraria a ‘IL VENERDI’ SERA’ – ed è l’attuale direttore (non) responsabile, se non irresponsabile.

Di tutto il resto l’autore dichiara che sono fatti suoi e per questo non nostri, anche se i nostri sono spesso i suoi attraverso un osservatorio attento e continuo di ciò che lo circonda, quasi un moderno fustigatore nascosto dietro lo pseudonimo di Culicide.

di Roberto Grossi