Il Premio Nobel Orhan Pamuk a Torino
Settembre 4, 2007 in Attualità da Stefano Mola
Orhan Pamuk è uno che sa scrivere cose come questa:
Sono così contento di essere rosso! Mi brucia dentro, sono forte, so di attirare l’attenzione, so anche che non riuscite a resistermi. Non mi nascondo. Per me la finezza non si ottiene con la debolezza o con la fragilità, ma con la decisione e la forza di volontà. Mi faccio notare. Non ho paura degli altri colori, delle ombre, della folla o della solitudine. Com’è bello riempire con il mio fuoco vittorioso una superficie che mi attende! Dove mi espando io, gli occhi brillano,le passioni si fortificano, le sopracciglia si alzano, i cuori battono forte. Guardatemi, com’è bello vivere! Contemplatemi, com’è bello vedere. Vivere è vedere. Io vedo ovunque. La vita comincia con me, tutto torna a me, credetemi.
(da Il mio nome è rosso, pag. 197, Einaudi, 2001, traduzione di Maria Bertolini e Semsa Gezgin)
Orhan Pamuk è uno scrittore turco che ha vinto il Premio Nobel nel 2006. Anzi, Orhan Pamuk non è uno scrittore turco. Orhan Pamuk è uno scrittore e basta. Tutti i grandi scrittori, anche quando la materia dei loro romanzi è strettamente intrisa della terra da cui provengono, sanno parlare a tutti noi, anche a quelli per esempio che in Turchia non ci hanno mai messo piede.
Orhan Pamuk è uno scrittore che sarà a Torino , per la precisione Giovedì 6 Settembre, alle ore 18:00, a Palazzo Chiablese, piazza San Giovanni. Ed è il Premio Grinzane, che ce lo porta. Orhan Pamuk ha infatti anche vinto il Premio Grinzane. È uno dei magnifici 7 scrittori che prima sono stati premiati sotto le mura del castello in Langa e poi sono saliti a Stoccolma. Insieme a lui Nadine Gordimer, Wole Soyinka, Günter Grass, Vidiadhar Surajprasad Naipaul, José Saramago e J.M. Coetzee. Lo scorso anno, per festeggiare i suoi 25 anni di attività, il Grinzane ha portato a Torino 4 premi Nobel: Rigoberta Menchù, Derek Walcott, José Saramago e J.M. Coetzee.
Ohran Pamuk proporrà una lectio magistralis introdotta dallo scrittore Boris Biancheri. Un’occasione da non perdere. E se proprio non riuscite ad esserci, andate in libreria e comprate Il mio nome è rosso. Ambientata in Turchia nel 1591, C’è una bellissima storia d’amore, ci sono dei miniaturisti, tra di loro c’è gelosia, c’è un assassino. Ho trovato tra quelle parole molte cose che ammiro, anche tecnicamente. È un libro dal respiro ampio. Anche un piccolo racconto crea un mondo, e già non è facile. Per questo, quando mi trovo davanti a una costruzione di grandi dimensioni che funziona, che sta in piedi architettonicamente (sia chiaro, la lunghezza non è un valore) penso anche a tutto il tempo che ci possono stare dietro, ai possibili dubbi, agli scoraggiamenti, ai momenti di gioia, alle invenzioni improvvise (poi magari Orhan va avanti come un treno, chi lo sa).
Eppure, in questo grande universo, hanno cittadinanza e attenzione i personaggi secondari, i dettagli (cose cui non riesco a resistere). Perché come si fa a resistere davanti a un capitolo che è raccontato dal punto di vista di una moneta, o di un albero, di un cavallo? O davanti a un capitolo che è raccontato da un colore? È a quel capitolo che appartiene la frase dell’inizio. Oppure scegliete un’altro dei suoi libri, e diteci com’è.
di Stefano Mola