Un lupo mannaro americano a Londra
Settembre 7, 2007 in Cinema da Redazione
“Dio!! Cristo! Aaargh!!”. Queste le urla strazianti provenienti da un piccolo appartamento londinese in quella prima notte di luna piena. Ogni persona sana di mente non si avvicinerebbe nemmeno, sentendo tutto quel dolore e terrore lanciato nell’oscurità ma noi, curiosi cinefili, ci appropinquiamo pian piano, senza lasciarci scorgere. Ecco ciò che vediamo: un ragazzo orrendamente trasformato in un licantropo. Ma andiamo con ordine.
David e Jack sono due giovani americani, decisi a compiere un lungo viaggio per l’Europa. Li incontriamo per la prima volta in una brughiera fredda e piovosa, stanchi ma allegri mentre parlano di tutto e di niente. Capiamo quindi che hanno intenzione di visitare prima Inghilterra e dintorni per poi passare in Italia e in tutto il resto d’Europa. Il cammino quindi è appena all’inizio. Per la loro prima notte da nomadi decidono di chiedere asilo a un “pub” chiamato “La locanda dell’agnello macellato”. Nome abbastanza macabro, ma nulla sta facendo loro presagire il pericolo, anzi, a ben vedere stare fuori è senz’altro più rischioso. Così si ritrovano stranieri in un luogo pochissimo ospitale. L’oste è abbastanza scorbutica, per non parlare degli avventori, decisi fermamente a ignorarli in modo ostile. Appaiono visibilmente preoccupati. Jack nota un disegno molto strano sul muro, una stella a cinque punte. Sembra quasi un segno magico, sussurra all’amico. E, come quasi sempre, è la curiosità a buttarli nel baratro del pericolo. Chiedendo spiegazioni, infatti, ottengono solo di essere buttati fuori dalla locanda, tra frasi deliranti come: “Tenetevi lontani dalla brughiera e guardatevi dalla luna”. Tornano fuori, spalleggiandosi a vicenda per esorcizzare la paura. Quand’ecco un urlo nella notte, se così vogliamo chiamarlo. Dei versi immondi. Un coyote? No. Un lupo? Quasi. Precisamente, un lupo mannaro. Che senza troppi complimenti sbrana Jack. Sta per fare lo stesso con David ma gli avventori del pub, che tutto sapevano e che erano coscienti che li avrebbero mandati al macello (erano loro, allegoricamente, gli agnelli che citava l’insegna della locanda), uccidono la creatura. David sviene, il licantropo si tramuta di nuovo in uomo e la scena (girata confusamente per stupire lo spettatore), finisce in dissolvenza.
David si sveglia in una stanza di ospedale. E’ sotto shock ma ricorda perfettamente tutto quanto accaduto. Dubita della sua sanità mentale, visto che il commissario della polizia continua a ripetere che è stato un pazzo maniaco a uccidere Jack. Non esiste, non è mai esistito né esisterà un lupo mannaro. E’ scettico, ma tutti continuano a ripetere che probabilmente lo spavento starà deviando la memoria. Così si affida alle cure dell’infermiera, che diventa dapprima amica, poi amante e infine convivente. E’ dalla casa di lei, infatti, che provengono le urla di cui parlavo all’inizio. Non che non fosse stato avvertito. Anzi. A parte gli incubi terribili (citazioni del film “Il fascino discreto della borghesia”), Jack era andato a fargli visita per ben due volte. La prima all’ospedale, la seconda poco prima della trasformazione. Ed il messaggio in entrambi gli incontri era il medesimo:
“Devi ucciderti perché ti trasformerai in un lupo mannaro che ammazzerà gente innocente. Inoltre senza la tua morte io non potrò tornare in paradiso, ma dovrò vagare per l’eternità”.
Tra incredulità, spavento, umorismo nero, arriviamo alla notte di luna piena. E, sotto le note di MoonLight, ecco la trasformazione. Peli che si allungano, arti che si deformano, schiena che si curva e inarca. Dopo pochi minuti troviamo davanti ai nostri occhi un lupo a dir poco terrificante. Da qui in poi il film si sposta sull’horror puro. Il licantropo vaga per Londra, ammazza una ventina di persone e ha una storia d’amore sempre più intensa con l’infermiera. Infine il medico scopre la verità sulla vicenda e, con la polizia, uccidono il lupo (cercando ovviamente prima di fermarlo con mezzi pacifici, ma senza successo).
L’opera, diretta da John Landis, è letteralmente un culto del genere. Genere horror, d’accordo, ma non classificabile realmente visto che possiede parecchi elementi del cinema demenziale, comico e commedia. Come commenta il regista stesso, la gente non sapeva come reagire al suo film. Non sapeva se urlare terrorizzata o ridere perché era anche assurdamente divertente. Proprio per questo è una pellicola molto particolare. Non è involontariamente comico (come molti film ingenui dell’epoca), ma VOLUTAMENTE.
Un altro particolare fondamentale è l’utilizzo degli effetti speciali e del trucco. Fenomenale la trasformazione di Jack, da morto “fresco” a “carne in putrefazione”, ma sicuramente GENIALE è la metamorfosi da uomo a lupo. Dimentichiamo i vecchi film anni ’30 (come “L’uomo lupo”) dove il licantropo in questione si tramutava con un’immagine in dissolvenza e mostrando nel fotogramma successivo solo una pettinatura cotonata e ingellata, nemmeno forse una scena di “Greace”. Landis voleva una trasformazione senza veli, senza zoom e senza stacchi di telecamera. Infatti ci mostra tutto in ogni minimo dettaglio, senza alcuna copertura. Per l’epoca (siamo nel 1981) era a dir poco impensabile. Durante la vicenda hanno rivelato più tempo possibile il lupo, visto che il regista ne era praticamente “innamorato”. La scena con più suspance è sicuramente quella nei sottopassaggi della metrò, con l’uomo che corre per i corridoi seguito da l mostro. Esausto si lascia cadere sulla scala mobile e, arrivato sulla sommità, una panoramica dall’alto ci mostra il lupo interamente. O quasi, visto che le gambe posteriori non esistevano nel modellino. Nessun altro film è riuscito a mostrare più nitidamente e realisticamente la mutazione e la creatura stessa. Anche “Van Helsing” (orrendo film ma con budget fantasmagorico) non è riuscito minimamente a eguagliare Landis. Anzi.
Per concludere, è degno di nota il finale. Privo di sentimentalismi spiccioli. Un’avventura che ha il suo epilogo in poche azioni coincise. Una gioia per gli occhi.
Esiste anche un secondo capitolo :”Un lupo mannaro americano a Parigi”. Terribilmente brutto. Da non vedere.
Come il buon vino, anche questa pellicola migliora con il tempo. Landis rimane sempre un genio e questo cult lo ha portato in alto, tra gli Dei del cinema.
Se una notte una voce amica misteriosa sussurrerà macabramente: “Guardati dalla luna”, dategli retta. Il destino, sotto forma di bestia immonda, forse vi sta venendo a prendere.
di Alice Suella