Daniele, un cd per un sogno
Marzo 9, 2003 in Musica da Redazione
Milano
Essere il primo arrivando anche terzo. Paradossale? Forse, ma è la storia di Daniele Di Marco. Il giovane pescarese ad ‘Operazione Trionfo’ si è dovuto inchinare ai voleri del pubblico, che gli ha preferito Bruno e Lidia, ma si è consolato riuscendo ad essere il primo ad incidere un disco. Prima il singolo ‘Che cosa resta di me’, poi l’album, uscito a fine febbraio. Il tutto per una major come la Sony.
Daniele, che impressione ti ha fatto pubblicare il tuo primo album?
Credo di non rendermi ancora conto della realtà vera e propria. E’ un sogno, non riesco a descrivere in nessun altro modo la sensazione che ho avuto a prendere per la prima volta in mano il mio cd, a vederlo nei negozi di dischi. L’unica cosa che riesco a dire è che mi sembra di vivere all’interno di un bellissimo sogno.
Quando sei entrato nell’accademia di Operazione Trionfo ti aspettavi tutto questo?
No, assolutamente no. Credevo di uscire immediatamente nelle prime settimane. Non mi sarei mai aspettato di arrivare fino alla finale. Anche perché, inizialmente, mi erano state assegnate delle canzoni che non mettevano in risalto le mie qualità artistiche. Fortunatamente con il passare delle settimane mi sono potuto confrontare con canzoni che erano più adatte alle mie caratteristiche vocali, così sono riuscito man mano a mettermi in mostra e a dimostrare quanto valevo.
Quando hai avuto la consapevolezza che il tuo sogno stava per realizzarsi?
Credo di aver avuto questa consapevolezza solamente quando ne ho avuto la dimostrazione pratica, cioè quando ho preso in mano il mio cd.
Parlaci del tuo cd, ne sei soddisfatto?
Sì, posso dire di essere pienamente soddisfatto del lavoro che abbiamo fatto. Sono un artista esordiente e pensavo che la casa discografica facesse molte più pressioni, invece nella costruzione di questo album non mi ha imposto nulla e mi ha solo guidato e consigliato. Ho avuto anche la fortuna di poter presentare dieci brani interamente miei e questo non credo che sia poco per il primo album.
Come ti sei trovato a cantare testi interamente tuoi?
Credo che cantare pezzi propri sia più semplice che interpretare pezzi di altri, perché nascono da te, dalle tue emozioni, e quindi riesce anche più facile trasmetterle al pubblico che ti sta ascoltando; è tutto meno filtrato.
Cosa ti ha dato umanamente e professionalmente la vita all’interno dell’Accademia?
Beh, credo che sia scontato dirti che mi ha dato moltissimo sotto entrambi i punti di vista. Umanamente, il convivere con altre sedici persone, profondamente diverse da te, ti mette di fronte ai tuoi limiti, alle tue insicurezze. Ti aiuta a smussare alcuni angoli del tuo carattere e forse anche a conoscerti meglio. All’interno dell’accademia sono nati dei bellissimi rapporti di amicizia sia con gli altri ragazzi che con i professori, e questo è molto importante.
Professionalmente, ho passato tre mesi a studiare moltissimo e ho dato sempre il massimo. Alla fine il risultato è che sono migliorato molto tecnicamente e per questo devo ringraziare l’accademia.
Senti ancora i professori e i tuoi compagni di avventura?
Sì, ho un bellissimo rapporto sia con gli insegnati che con gli altri ragazzi dell’Accademia. Ai primi mi rivolgo ancora spesso per consigli e suggerimenti. Uno degli insegnati, Luca Juran, è tra i produttori del mio album. Con gli altri ragazzi ci sentiamo spesso e ci scambiamo le nostre emozioni, ma anche frustrazioni e difficoltà.
Quali sono le difficoltà che incontri maggiormente?
Il venire dal mondo della televisione, anche se da un lato è un pregio perché ti regala visibilità, dall’altro può essere un difetto, in quanto il mondo della musica ha spesso molti pregiudizi nei confronti del piccolo schermo, e non sempre è semplice superarli.
di Sonia Paolin