Frida a Venezia
Marzo 9, 2003 in Medley da Sonia Gallesio
Con il volto sempre uguale, come una maschera che quasi non lascia trapelare alcun sentimento o stato d’animo, la pittrice volge lo sguardo verso lo spettatore…
[Andrea Kettenmann, Kahlo, Ed. Taschen]
Oltre all’edizione 2001 della Biennale di Venezia, un altro gradito evento richiama gli appassionati. Si tratta della mostra Frida Kahlo e la pittura messicana, intitolata alla celebre artista di Coyoacan e a numerosi altri rappresentanti del Modernismo Messicano. A cura di Louis Martin Lozano e Achille Bonito Oliva, l’esposizione presenta opere di Diego Rivera (compagno di vita e maestro della Kahlo), Maria Izquierdo, José David Alfaro Siqueiros, Josè Clemente Orozco. Unitamente ad una raccolta di fotografie di Frida realizzate da Edward Weston e ad una sezione (piuttosto scarna, purtroppo!) dedicata a giovani autori contemporanei quali Gustavo Aceves e Javier Marin. Della Kahlo, vera protagonista indiscussa, sono state selezionate una quindicina di tele fra le più significative e note, testimonianze – come specchi onniscienti ed implacabili – della sua vita di travaglio. L’arte di Frida rivela un radicato e forte orgoglio, una consapevolezza a tratti amara, una gran dignità dietro la quale, di tanto in tanto, si è seduta, stanca, la disillusione. In effetti, talvolta accade che la sua pittura raggeli quasi con la sua fissità profonda, con quegli immobili scenari provenienti da un passato di dolore muto.
Tra le opere di maggior impatto, da ricordare Ospedale Henry Ford (1932) e Qualche colpo di pugnale (1935, ispirata da un delitto passionale raccontato in un articolo di giornale). Considerato dalla Kahlo uno dei suoi dipinti più incisivi, La mia balia ed io (1937) testimonia il freddo senso di vuoto che la pittrice continuò a provare per essere stata allattata non dalla propria madre, bensì da una nutrice dal corpo estraneo. Lo rivelano lo sguardo immobile – disincantato ed assente – della piccola Frida, il mancato contatto fra il seno della balia e la sua bocca, la nera maschera di indifferenza indossata dalla nutrice, la gelida pioggia che incupisce il cielo. Mai fino ad ora esposto fuori dal Messico, il capolavoro Le due Frida (1939) narra di sentimenti, di emozioni interrotte, di un rapporto – quello tra l’autrice e Rivera – dolorosamente giunto sino alla separazione. Raffigura due distinte parti della donna: quella messicana amata da Diego, vestita con un costume tradizionale, e quella sedotta dalle ascendenze della cultura europea (che sta per morire dissanguata per la perdita, per la mancata accettazione).
La mostra Frida Kahlo e la pittura messicana si è tenuta presso la Fondazione Bevilacqua La Masa dall’8 giugno all’8 ottobre 2001.
di Sonia Gallesio