Zafferano per un Afghanistan migliore

Ottobre 24, 2010 in Attualità da Pierluigi Capra

progetto zafferano afganoNon poteva essere più gradita la sorpresa della telefonata, giunta in collegamento dall’Afghanistan, dell’ambasciatore all’Onu Staffan De Mistura, rappresentante speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite a Kabul, all’apertura del Salone del Gusto di Torino.

L’ambasciatore tra le altre cose interviene sul progetto “Zafferano Afgano” che vede impegnati gli Alpini Italiani nella sostituzione delle coltivazioni di oppio.

Dice testualmente “Quella che state presentando a Torino è una grande iniziativa: il clima e i terreni afgani danno vita a un prodotto di qualità che valorizza questa terra ma soprattutto può regalare un futuro. Oggi ci sono le bombe, ma questo progetto dimostra che domani qualcosa può cambiare, l’Afghanistan può dare molto”.

Un progetto che magari non salverà tutto l’Afghanistan, ma una buona alternativa alla coltivazione dell’oppio la offre concretamente.

Basti pensare che tutto lo zafferano portato a Torino dal Tenente Silvia Guberti è stato esaurito nei primi due giorni di fiera. A conferma della qualità del prodotto, non solo dal punto di vista etico e solidaristico, ma anche da quello gastronomico.

La testimonianza del Colonnello Comandante Emmanuele Aresu, che ha vissuto l’esperienza di persona è significativa: “Ciò che stiamo facendo in Afghanistan è dare forza ai contadini. Coltivando l’oppio rendono ricchi i terroristi. La produzione dello zafferano, partendo dai bulbi offerti da noi, è invece una proficua fonte di reddito per loro”.

È così che la società afgana sta ripartendo. È così, lavorando per assicurarle benessere e autosufficienza economica, che le brigate alpine italiane, ieri la Taurinense oggi la Julia, contribuiscono non solo a parole a costruire sicurezza e civiltà.

Il Tenente Silvia Guberti è appena tornata dalla missione. Per sei mesi ha lavorato con un’associazione di 480 donne che produce lo zafferano che è stato inviato a Torino.

Dice la Guberti: “L’interesse che la nostra iniziativa sta suscitando al Salone del Gusto di Torino è il simbolo dell’attenzione al nostro operato da parte del mondo civile, non militare, che per il progetto è fondamentale. Le donne afgane se lo meritano”.

Poi aggiunge “La mia partenza per l’Italia è stato insieme il momento più brutto e più bello della missione: le donne con cui lavoravo mi hanno detto che in Italia avranno non solo un’amica, ma una sorella”.

di Pierluigi Capra