‘Z’, la nuvola anonima del rock dei My Morning Jacket
Gennaio 29, 2006 in Musica da Gino Steiner Strippoli
Z, ultimo album dei My Morning Jacket, raccoglie ballate country-rock, venature blues, sino ad arrivare a performance di power rock e psichedelia.
Tutto quello che può esserci di diverso nell’attuale panorama del rock internazionale è oggi contenuto nell’ultimo album dei My Morning Jacket, intitolato semplicemente “Z” (Sony Bmg).
La loro musica risente necessariamente dell’atmosfera che si vive nella città da cui provengono, Lousville, nel Kentucky, un mix di city suburbana e metropolitana, fatta d’isolate industrie, meravigliosi purosangue e febbrile rock n’ roll.
“E’ un posto che non puoi etichettare –dice Jim James, cantante e chitarrista dei MMJ– non è il sud, non è Chicago e non lo consideri come faresti con New York o Los Angeles. C’è un certo romanticismo del sud, ma anche il progressismo del nord, in questa strana isola urbana nel bel mezzo dello stato del Kentucky che ha sempre fornito un letto fertile, spesso oscuro. Per noi Lousville e le aree circostanti sono il centro di una massiccia creatività e stranezza al tempo stesso. La città ha i suoi difetti: te ne vai, ma devi sempre tornarci”.
I dieci brani dell’album mantengono quell’unicità particolare della soul music di Lousville, nonostante le registrazioni siano state fatte a nord di New York, presso l’Allaire Sudios. In “Z” c’è una variazione di sonorità molto ampia, si va dalla ballata country rock a intro di blues di ottima fattura, sino ad arrivare a roccheggianti performance di power rock e psichedelia.
James, i vostri obiettivi di band sono stati rispettati con “Z”?
“Ho sempre desiderato che la musica –i ritmi, gli assoli di chitarra, tutto– fosse importante quanto le parole. Non ho preferito che una cosa diventasse l’ingrediente principale. Mi piace pensare alla band come qualcosa che non riguarda una persona in particolare o qualcosa in particolare. E’ proprio questa nuvola anomala ad essere sempre presente in quello che facciamo”.
Dieci canzoni che sprigionano dell’ottimo groove. “La maggior parte delle canzoni –ci dice Carl Broemel, chitarrista- si basano sul tono della voce di Jim” , “che canta -aggiunge John Leckie, produttore– sempre in duetto con il suo riverbero, che è poi il sesto membro del gruppo” .
Continua Broemel: Penso anche che fossimo alla ricerca di una maggior ritmicità come base delle canzoni e forse anche la volontà di non usare troppe chitarre stridenti in ogni pezzo.
Si inizia con una ballata di ferro intitolata “Wordless Chorus”, anche se al primo ascolto ci si trova un po’ spaesati in un intreccio atipico di sonorità, quasi a dettare dei fuoritempo ritmici in una sorta di cantilena elegante. La canzone che segue, “I’ts Beats 4U”, sembra vivere sospesa nell’aria quasi fosse un cristallo di neve. Il ritmo lento e raffinato tocca sul finire arie decisamente psichedeliche.
La ritmica dei My Morning Jacket segue percorsi interessanti legati al rock melodico anni ’70 quando ‘innescano’ “Gideon”, una ballad che si sprigiona in un crescendo di note. Ritmo alla Bachman Tuner Overdrive (li ricordate i canadesi?) quando arriva “What A Wonderful Man”. Un rock assolutamente energico con le guitars a spumeggiare linee hard e aggressive. Ma questi 5 ragazzi del Kentucky svariano come meglio non potrebbero tra sonorità moderne e passate.
In “Off the record” si cimentano in un rock beat che raggiunge tonalità da hard-beat con chitarre spiegate, per poi rallentare il ritmo sino a lievitare arie psichedeliche moderne. I My Morning Racket succhiano di tutto a livello sonoro tant’é che riescono anche a mescolare in “Into the Woods”, una sorta di marcetta rock che si tramuta in un valzer dolcissimo.
Si cambia ancora ritmo quando suonano le note di “Anytime”, un rock’n ‘roll spensierato ed energico, colonna sonora di un viaggio in auto senza meta precisa di springstiniana memoria. Il ritmo eccelle per gioiosità. Davvero bravi i MMJ quando con “Lay Low” si inventano un ritmo in sordina con un piccolo intro di blues che sfocia in un elegante country soul, che sa tanto di profumo sudista. Poi il brano ha un’impennata magica e energica quando i due chitarristi James e Broemel sfoggiano la loro bravura in assoli imperiosi che imprimono nel finale una qualità superiore agli altri brani. A mio avviso è questa la perla dell’intero album. E’ uno dei momenti più alti a livello musicale. Godereccio all’infinito.
Il tempo della dolcezza ritorna con “Knot comes loose” una ballad incantevole. L’album si chiude con un brano di 7 minuti intitolato “Dondante”, miscela di tristezza, gioia impegno e creatività. L’atmosfera è psichedelica, quasi un lamento rock, mentre note delicatissime escono dalle chitarre sino ad esplodere improvvisamente in suoni progressivi e taglienti. Sembra un disco d’altri tempi ma contemporaneo. Difficile che vi possa piacere al primo ascolto, anche il sottoscritto a faticato parecchio. Ma poi, dopo il terzo, quarto ascolto, il disco si impossessa e diventa padrone sino a farsi ascoltare ripetutamente. Bella la definizione che il produttore inglese Leckie da di alcuni momenti di quest’album: “What a wonderful Man è come un esplosione; Into the Woods è come una foschia; Anytime è come una nuvola che si muove veloce; Gideon è una nuvola che s’ingrossa. Dondante è come un ammasso di nuvole sopra un requiem”.
di Gino Steiner Strippoli