Un ballo in maschera

Giugno 22, 2004 in Spettacoli da Stefano Mola

Regio - BalloÈ ora di tornare a riveder le stelle. In due sensi, dialetticamente uniti e contrapposti. Da un lato, quelle vere del cielo, se le nuvole lasceranno finalmente sfogare l’estate. Dall’altro, quelle vere del palcoscenico. Tutte e due le categorie sfolgorano nel buio e nel raccoglimento, per le une quello della notte, per le altre quello del teatro, nel magico raccoglimento che si ha prima dello scivolar del sipario, quando attaccano i primi accordi dell’orchestra.

A partire da Martedì 22 Giugno, ecco l’addio a quelle del palcoscenico. E per una chiusura, cosa c’è di meglio di una festa, anzi di Un ballo in maschera? L’opera di Giuseppe Verdi, ultima della stagione 2003-2004 del Teatro Regio, sarà in scena per 12 recite, fino al 6 Luglio.

Gestazione travagliata, quella del Ballo. Libretto di Antonio Somma, ispirato al Gustave III di Scribe. Peccato che nella storia originaria, un re viene assassinato. Era la seconda metà dell’ottocento, e dopo l’attentato a Napoleone III la censura borbonica (l’opera inizialmente doveva essere rappresentata a Napoli) non gradiva che venissero offerte fonti di ispirazione ai sovversivi. Via il re, quindi, degradato a conte (che forse potevano essere eliminati senza troppi rimpianti) e via dall’Europa. Mettiamoci un Atlantico di mezzo, come a dire, queste cose ormai sono solo del barbaro nuovo mondo. Eccoci quindi nel Massachussets, di cui Riccardo, il protagonista, è governatore.

Ma il nodo, come sempre, è l’amore. Lui, Riccardo, brillante, interessante, vitale, animale sociale. Lei, Amelia, remissiva, schiva, amante della letteratura. Bene, si sa che spesso gli opposti si attraggono. Peccato che, come sempre, ci sia l’altro. Ovvero Renato, che sfortunatamente è marito di Amelia, nonché segretario di Riccardo. E questo basta. Poi, certo, ci sono una congiura, un’indovina e un’erba magica che dovrebbe allontanare gli amori colpevoli.

Un ballo in maschera è stata definita una commedia con lati oscuri. Ancora una volta, Verdi diventa scespiriano, e quindi moderno. Si passa in breve dalla fatuità mondana, al dramma, in un alternarsi di colori e sfumature che permette ai personaggi di dispiegarsi e costruirsi poco a poco, e ai cantanti una interpretazione ricca e impegnativa.

Nel ruolo di Riccardo troveremo Vincenzo La Scola, fra i più grandi tenori del momento. Amelia sarà Sylvie Valayre, già applaudita a Torino come Madama Butterfly, Violetta e Lady Macbeth; mentre Renato e l’indovina Ulrica verranno rispettivamente interpretati da Ambrogio Maestri ed Elisabetta Fiorillo.

Sul podio, Carlo Rizzi, regista Lorenzo Mariani, già autore per il Teatro Regio di un famoso allestimento dell’Esclarmonde di Massenet nel 1992. Due parole sull’allestimento: le scene sono di Maurizio Balò, i costumi di Maurizio Millenotti. Sul palco, gli elementi di arredo sono enormi, molto più grandi dei personaggi: porte, finestre, lampadari, come a voler indicare un destino che schiaccia e sovrasta. I colori dominanti sono scuri, a sottolineare più gli spunti tragici che quelli beffardamente ironici sparsi qua e là nella partitura.

Molto suggestiva la scelta fatta per l’indovina Ulrica: un disco inclinato, un bacile di sangue, enigmatici segni sulle pareti dietro fanno pensare a una messa satanica, e poi le figure nere che si muovono attorno, come onde. Spesso gli arredi sono rotti, come il letto di Amelia e Renato all’inizio del terzo atto, o come sempre nel terzo atto l’enorme lampadario adagiato di traverso alle spalle di Riccardo. E forse anche questo è indice di qualcosa che ormai non può più andare per il verso giusto. Decisamente spettacolare la scena finale del ballo, che alla prova generale ha strappato un applauso spontaneo da parte dei presenti. La compagnia di canto, che alla prova non era la principale, ci è parsa omogenea e di buon livello.

Per informazioni, prenotazioni e acquisto biglietti:

Biglietteria del Teatro Regio, piazza Castello 215

Tel. 011.8815.241/242/270

www.teatroregio.torino.it

di Stefano Mola