The Animal’s Countdown

Luglio 18, 2009 in Viaggi e Turismo da Stefano Mola

Mi piace delle mostre a Pietrasanta prima di tutto il tipo e l’uso dei luoghi. Iniziano sulla piazza davanti al duomo, continuano nella chiesa di Sant’Agostino e di lì nelle sale che si affacciano sul chiostro. Ambienti di tipo molto diverso: aperti alla luce che cambia e utilizzati per la vita normale, come la piazza; chiusi e bui, dove la luce deve essere scelta e partecipa alla vita delle opere, come la chiesa; stanze dalle pareti bianche e dall’illuminazione tradizionale quelle che contornano il chiostro. Inoltre, partire dalla piazza, entrare nella chiesa, uscire nella pace del chiostro è un percorso aperto, non necessariamente obbligato, ritmato da pause, che somiglia a un tema con variazioni.

Balene appeseFino al 30 Agosto questi spazi saranno occupati dalla mostra The Animals Countdown, dello scultore italiano Stefano Bombardieri. Arrivando sulla piazza si è accolti da una struttura metallica cui sono appese tre forme nere, enormi. Balene? Capodogli? Il non saperle nominare con certezza significa che in fondo si stanno estinguendo anche nella memoria? (poi arrivano il mito, e il ricordo di averle viste di lontano al largo di Cape Cod). Sono nere, la superficie è opaca: non rimandano indietro niente, sono a noi impermeabili, come se non solo non potessero ma non volessero più dirci nulla. Sono appese a capo in giù, come per essere essiccate al sole. Le collega alla struttura una corda. Come impiccate? Siamo dunque invitati a una esecuzione? C’è stato un dibattimento, un verdetto? Sono esposte a mo’ d’esempio? Eppure se allarghiamo lo sguardo, c’è chi cammina indifferente, proprio perché la piazza resta una piazza, dove succedono cose di tutti i giorni, dove sono sospesi pensieri e traiettorie di tutti i giorni.

Balena e bambinaAndiamo avanti, e un’altra di questa forme, forse ancora più grande di quelle appese, è adagiata per terra. Ci offre la coda, ne seguiamo il contorno, rimontando verso la testa anch’esso legato a una corda il cui estremo è tenuto da una bambina, piegata dallo sforzo, i capelli davanti agli occhi (dunque, nemmeno da lei possiamo decifrare un’emozione). Anche in questo caso sono più le domande delle risposte. Sta cercando di salvare l’animale, magari perché si è spiaggiato? Ma in questo caso, se interpretiamo geograficamente la piazza, lo sta trascinando nella direzione opposta al mare. Oppure anche lei ha partecipato alla cattura? È una bambina lavoratrice sfruttata? Colpisce la sproporzione: è chiaro che la bambina non riuscirà mai a spostare l’animale con le sue sole forze, eppure la tensione determinata, soprattutto nella posizione delle gambe, è evidente, così come nella posizione chinata della testa.

La direzione del suo sforzo ci porta verso la chiesa. Saliamo i gradini: a fianco della porta un animale, questa volta un quadrupede di terra, è impacchettato da corde, compresso come capita alle automobili rottamate e ridotte a un parallelepipedo di metallo. Questi animali, (balene, rinoceronti, elefanti) che forse più di altri proprio per la loro stazza ci ricordano un altro tempo del mondo, un tempo in cui l’uomo era una presenza maggiormente trascurabile, animali che ormai è raro vedere liberamente in uno spazio loro e che vivono quindi principalmente per immagini e immaginario, li assimiliamo a oggetti riproducibili? O rottamabili? O rottamati perché inutili? O perché non troviamo loro un posto?

BuioEntriamo nella chiesa di Sant’Agostino. Lo spazio è pieno di un buio denso (forse fin troppo; è questa l’unica perplessità di fronte all’allestimento). In questa oscurità si intravedono delle masse enormi. Elefanti, rinoceronti. Taglie imponenti. Dettagli molto più realistici, rispetto alle forme quasi archetipiche dei cetacei. Occhi, anche; vetrosi; a scrutare rassegnati. Un rinoceronte diviso in due tronconi; ancora, come se questo fosse possibile, come se si trattasse di un giocattolo. Su tutti, display con numeri rossi. Eccolo il count-down. Quanti ne rimangono? Ma se sono così importanti da numerarli, perché non cerchiamo di preservarli? La conta è nostra oppure è un messaggio che gli animali ci inviano? Di esseri come me ne restano 535 (per esempio).

Forse questo buio è necessario per suggerire la scomparsa: questi animali sono qui un attimo prima di scomparire. Forse sono già sogno. Forse l’unica cosa che riusciamo a fare è contarli, scrivendo poi il numero in un articolo di giornale, magari nemmeno in prima pagina.

Si esce nella luce racchiusa e pacificata del chiostro. Nelle salette laterali, bozzetti, disegni preparatori, modelli in scala.

Info

Dal 20 giugno al 30 agosto 2009

Pietrasanta, Complesso di S.Agostino e Piazza Duomo

Orario apertura: 18.30 – 20 / 21- 24, chiuso il lunedì

Ingresso libero

Stefano Bombardieri nasce a Brescia il 28 gennaio 1968. Cresce nello studio del padre anch’esso scultore, qui sperimenta l’uso delle tecniche artistiche e dei materiali acquisendo una conoscenza profonda degli stessi. Dal 1982 al 1985 frequenta l’Istituto d’Arte Caravaggio di Brescia. Il suo è stato inizialmente un approccio figurativo con la scultura, influenzato dai grandi maestri del ‘900. La sua ricerca si è evoluta sperimentando un approccio più filosofico al fare arte “il tempo e la sua percezione”, “l’esperienza del dolore nella cultura occidentale”. Accanto ad opere di matrice iperrealista ritroviamo espressioni legate all’arte povera, il minimalismo, la video-installazione, la ricerca concettuale. Dagli anni ’90 ha realizzato in prevalenza opere di grandi dimensioni per spazi pubblici e privati. Lavora tra Italia, Francia e Germania.

Foto della mostra, courtesy of Montgolfier

di Stefano Mola