Recensendo il Flauto Magico
Dicembre 13, 2006 in Spettacoli da Stefano Mola
Vorrei cercare di spiegarvi perché questo Flauto Magico è bellissimo, e perché secondo me tutti, Baricco, Korsunovas, Biondi, i cantanti, gli attori, tutte le comparse, hanno fatto qualcosa di grande. Per fare questo, devo prima di tutto cercare di spiegare perché secondo me l’operazione Baricco, di cui s’è fatto un gran parlare, manco fosse un blitzkrieg nazista, ha un senso. E per far questo, devo cercare di dirvi che cosa è per me il Flauto magico. È una fiaba. Pensate alla trama. Uno (Tamino) viene inseguito da un drago. È salvato da tre damigelle. Si innamora di una (Pamina) dopo averne visto solo un’immagine. Suo compagno d’avventura è un buffo individuo pennuto (Papageno). Lei è prigioniera di uno (Sarastro) che sembra cattivo ma invece è buono, mentre sua madre (Astrifiammante, meglio nota come Regina della Notte) sembra invece buona ma in realtà è cattiva. Alla fine l’amore trionfa ma solo dopo che i due superano alcune prove iniziatiche. Non è una fiaba?
Ora, sappiamo tutti che dietro le fiabe apparentemente più innocenti si celano oscure caverne psicoanalitiche. Quando ce le raccontano da bambini, ce ne frega qualcosa? Le ascoltiamo per sapere che cosa succede dopo. Per sapere come va a finire. Poi da grandi ci pensiamo, capiamo delle cose eccetera. Ma quello che veramente ci resterà per tutta la vita è quell’emozione lì. Io credo che è quella cosa lì, quello che cerchiamo quando ci avviciniamo a una storia. Poi vengono anche i significati. Sinceramente, a me, di tutte quelle cose della massoneria che ci sono dietro al Flauto magico e che molti possono spiegarvi meglio di me, non me ne importa niente. E quando penso al pubblico dei tempi di Mozart, sbagliando probabilmente, penso alla scena del film Amadeus. Tutti fanno di tutto in sala. Mangiano. Ridono. Si divertono. Credete che la maggioranza della gente pensasse ai significati massonici? Sarò ingenuo o drastico, ma credo di no. Così come noi ci chiediamo se Cappuccetto Rosso si farà mangiare veramente dal lupo, e non a quello che ne pensa Freud. Poi magari leggiamo anche Freud, ma lui non c’entra col piacere che le storie ci danno. Sta di lato.
Stabilito questo mio punto di vista, una fiaba deve essere prima di tutto raccontata. Baricco cosa ha fatto? Ha riscritto quelle parti in puro tedesco che stanno in mezzo alla musica. Probabilmente i madrelingua e chi studia al Goethe Institut si rammaricherà. Gli altri, io per esempio, non è che sentano una fitta di nostalgia. Che funzione hanno quelle parti? Sono dei raccordi narrativi. Servono a introdurre, far capire, contestualizzare quello che succede quando i personaggi cantano (e Dio, quanto è bella quella musica). Non credo che nessuno abbia mai sostenuto che Schikaneder, se ai suoi tempi ci fosse stato il Nobel per la letteratura, l’avrebbe meritato. Dunque, se il Flauto Magico è una fiaba che avviene in un tempo senza tempo, in un’epoca totalmente inventato, se la parti parlate altro non sono che il modo di raccontare la storia, non c’è nulla di sacrilego nel raccontarle in un altro modo. Sarebbe come accusare il proprio padre o la propria madre di non aver letto esattamente il libro di Andersen, quando accanto al nostro letto cercavano di farci addormentare.
Dunque Baricco fa questo. Immagina che in un paese debba essere messo in scena uno spettacolo teatrale, perché di lì a poco verrà in visita un’Autorità. Il sindaco, uno che sa tutto lui, uno che perché è sindaco deve dirigere tutto e tutti, ma è anche uno buffo, un po’ grezzo, un po’ da commedia all’italiana per capirci, potrebbe farlo un Totò o un De Filippo, o un De Sica, si scontra con l’Impresario, che inizia a spiegare quello che succede. E non è che inventa un’altra storia, che cambia il corso delle cose. Inizia a dire c’è un principe che è inseguito da un drago eccetera. E intorno c’è tutto il paese. Le suore, il prete, i bambini, un fotografo, il tirapiedi del sindaco e via andare. Nella finzione, gli interpreti sono personaggi del paese. Pamina è la figlia del sindaco. La Regina della Notte sua moglie. Tamino è il panettiere. Monostato il becchino.
Il sindaco ogni tanto si stufa, mette i piedi nella vicenda, per farla andare come vorrebbe lui (ma la storia del Flauto non viene mai toccata), diversamente da come l’ha pensata l’impresario. In fondo, spesso non vorremmo intervenire noi nelle storie che ci vengono raccontate? Cosa succede nelle sceneggiate napoletane, per esempio? Avete presente come partecipa il pubblico?
Il gioco funziona. Baricco tira fuori la fiaba, la storia allo stato puro che c’è nel Flauto, lasciando in cantina la massoneria. Voglio dire, chi vorrebbe mai vivere nel mondo imbalsamato di saggezza di Sarastro? Che noia ragazzi. Io preferisco vivere nel mondo impreciso e buffo e sbilenco di Papageno. È un po’ come se Baricco ci accompgnasse nella storia con quell’occhio lì, quello della commedia buffa. Ci fa ridere, anche. Ma il riso non rovina la musica. Semplicemente, secondo me, tiene meglio attaccata la nostra attenzione alla scena. Meglio di quanto farebbero i recitativi in tedesco, o la loro traduzione letterale in italiano.
Poi ci sono delle strizzate d’occhio al presente. Si citano Shrek e Gandalf. Ricordiamo che questo è uno spettacolo teatrale. Aria, come disse Tutino in una conferenza stampa. Non è qualcosa che possiamo rimettere su quando vogliamo, come un disco. È qualcosa che succede lì ed ora. Noi dobbiamo in quel momento respirare quell’aria, e ci deve far sentire bene. Poi se quell’aria è buona lascia delle impronte dentro di noi, da cui poi muovere altri passi, o riempire con altre cose. Da questo punto di vista, ci stanno anche Shrek e Gandalf.
Sia detto en passant, tutto questo aiuta anche a seguire il racconto. Di solito, o conosci bene un’opera, o altrimenti è meglio che ti leggi per bene il bignami, prima di vederla, se vuoi essere sicuro di capire. Qui non ce n’è bisogno.
Fin qui la teoria. Poi c’è la pratica. Non basta che Baricco prepari tutto questo. Ci vuole anche la capacità di metterlo in scena. Il regista lituano Korsunovas ha fatto il suo. Il palco è magico, dal primo momento. Si apre il sipario, e c’è tutto il paese che ci guarda. Alle loro spalle, una giostra, che sarà l’unico elemento scenografico. Scatta un flash. Parte l’ouverture. I primi accordi solenni. La giostra è ferma. Parte poi quel fremito irresistibile degli archi, quella cosa che ti si infila dentro la spina dorsale, quella cosa che è pura energia vitale, che ti fa venire voglia di vivere e di amare, e la giostra inizia a girare, a illuminarsi. A me questi dettagli fanno impazzire. Ritornano nell’ouverture i solenni massonici accordi? La giostra si ferma. Riparte il fremito degli archi? La giostra riparte. E di cose così, lo spettacolo è pieno. I costumi rimandano a un imprecisato inizio novecento. Perché anche il tempo della scena è, giustamente, un tempo senza tempo, come quello della fiaba. Per non parlare dello stupendo balletto che tutti inscenano, suore comprese, appena Papageno suona il glockenspiel. Di come Pamina venga fuori come una Biancaneve da un fiore. Delle tre dame che sembrano uscite da Cabaret. Succedono tantissime cose in scena. Non c’è niente di complesso, solo la giostra e le cose che la gente fa. Ma è magico. Gli occhi hanno da guardare mille dettagli, mille movimenti ed espressioni. Altra cosa di cui bisogna ringraziare il Regio: averci fatto conoscere Korsunovas.
Poi ci vogliono gli attori capaci di interp
retare i personaggi del paese. Lo fanno I Turbolenti: Gianluca Fubelli-Scintilla (il sindaco), Enzo Polidoro (l’impresario), Stefano Vogogna (l’amministratore) e Gianluca Impastato (il faccendiere del sindaco). Lo fanno bene. Con i tempi giusti. Con la giusta voglia di giocare, di strizzare l’occhio al pubblico. Come dei bravi commedianti, come devono del resto essere.
Infine, anche i cantanti devono stare al gioco. Prima di tutto, raramente si vede una compagnia così ben assortita fisicamente. Tamino? Alto, biondo, faccia da bravo bambino: Topi Lehtipuu. Pamina deve sembrare biancaneve? Ecco la leggera Rachel Harnisch. Papageno deve sapere tenere la scena un po’ istrionescamente? Nicola Ulivieri lo fa alla perfezione. Sarastro deve essere imponente? Günther Groissböck lo è.
Veniamo (finalmente) al versante musicale. Nicola Ulivieri ci è parso perfetto. Voce possente, capace di modularla sul registro buffo, di dare le giuste sfumature malinconiche. La Pamina di Rachel Harnisch ci ha convinto appieno. Un’interpretazione assai partecipata, lo struggimento e l’incertezza dell’amore che sono nel suo ruolo rese benissimo. Il Sarastro di Günther Groissböck è solenne, pienamente padrone delle basse frequenze, senza esitazioni. Da applauso a scena aperta la Regina della Notte di Ingrid Kaiserfeld. Menzione speciale per le Tre Dame: Alexandra Wilson, Lorena Scarlata Rizzo e Romina Basso. La loro interpretazione vocale mi ha entusiasmato nella scena iniziale con Tamino, unica a una solida capacità di stare sul palco.
Infine, il direttore d’orchestra, Fabio Biondi. Premetto che il Flauto lo conosco quasi a memoria. Che per me è un limite: mi abituo troppo al disco che ho in casa e che consumo. Come un bambino, aspetto che sul palco lo facciano uguale al disco, spero che non mi deludano, che non me lo rovinino. È un limite mio, appunto. Io considero il Flauto una delle musiche più straordinarie di tutti i tempi. Secondo me il livello musicale del Flauto è altissimo. Non c’è un pezzo che mi dico: speriamo passi e arrivi presto quello che voglio ascoltare davvero. Il mio disco di riferimento è un’edizione diretta da Karl Böhm. Dico solo che Papageno è Dietrich Fischer-Diskau, tanto per farvi capire il livello.
Ebbene, sappiate che ho adorato l’esecuzione di Biondi. Non ci sono solo precisione e pulizia. C’è in lui la capacità di estrarre dei dettagli. Di inserire un piccolo rallentamento, di mettere in primo piano uno strumento, una cellula melodica, cose che a mio modo di vedere sono dimostrazione di una grandissima interiorizzazione della partitura nel suo complesso, con una perfetta aderenza alla materia drammatica dell’azione scenica.
Sono riuscito a spiegarvi perché questo spettacolo per me è bellissimo?
Le foto allegate all’articolo sono di Ramese e Giannella. Copyrigth Teatro Regio Torino.
di Stefano Mola