Non tutti i bruchi diventano farfalle

Maggio 7, 2008 in Arte da Redazione

Storie di fili di seta

mafinseto Caraglio i fili di setaCi sono dei posti che non sai bene come definire. Che sembrano musei e invece non lo sono e che sono invece molto di più che semplici contenitori. Sono posti che quando cammini hai la sensazione di essere su un pezzo di storia che ha qualcosa da raccontarti. Qualcosa di molto complesso, che ha dietro di sé il vissuto di molte persone, tante vite, tante voci, tante difficoltà. Ma anche un mondo che non c’è più e che se nessuno te lo racconta forse non ti farà vivere con forza la tua vita. Perché l’oggi è quello che è grazie a quello che è stato il nostro passato. Una memoria deve essere non soltanto mantenuta, non soltanto ricostruita, ma anche coltivata.

Probabilmente per molti di noi il termine filo conduce al “filo di Arianna”; un filo da seguire per non perdersi all’interno di un labirinto. E i fili di seta, che fanno da padroni nella mostra, in un certo senso sembrano volerci condurre indietro nel tempo, per non farci perdere una memoria storica, a molti sconosciuti. Questo percorso comincia con la presentazione di due libri nel corso dell’inaugurazione: “Semai – Setaioli italiani in Giappone (1861-1880)” di Claudio Zanier, docente di Storia dell’Asia orientale e sud-orientale presso l’Università di Pisa e “Un filo di seta” di Patrizia Chierici, docente di Storia dell’architettura al Politecnico di Torino. Il primo libro vuole ridare dignità ad una professione a molti sconosciuta, e più di tutto ridare (o meglio dare) dignità a quei 150 semai che hanno fatto la spola creando una nuova via della seta Piemonte-Giappone quando l’Europa era infestata dalla pebrina. Il secondo mette in luce un’architettura industriale, ampiamente diffusa nel territorio, che rischia di scomparire, persino come documento cartaceo.

filatoioQuesta mostra non nasce soltanto come momento espositivo di ricostruzione del processo che dall’allevamento del baco portava alla realizzazione della seta, ma anche, soprattutto, come momento di riflessione storiografica sulle ricadute storico-economicche, sociali e di architettura industriale che il processo ha prodotto.

La chiave di lettura più interessante è che il passato corre seriamente il rischio di essere dimenticato.

Per questo, con il filo di seta prodotto dal baco, questa mostra non vuole essere un momento solo espositivo, congelato, ma creare momenti di riflessione. Continuare questo percorso, secondo diverse prospettive, attraverso ulteriori momenti espositivi. Quindi una mostra non come punto di arrivo, bensì come momento di partenza, i cui fili si intersecheranno per dare una consistenza e completezza.

Il filo di seta, un filo della memoria che raccoglie diversi aspetti a partire dai bozzoli e dalla fabbrica, pullulante di vita e di fatica. Proprio per quest’ultimo aspetto, forse, il filatoio non può essere un mero contenitore di oggetti, ma deve srotolare un filo che davvero racconti una storia di ieri che costruisce identità dell’oggi.

Presso il filatoio è inoltre in corso:

“Collectors 2 La collezione Renato Alpigiani” (12 aprile 2008 / 14 settembre 2008)

Orari:

da martedì a sabato: 14.30 – 19.00

domenica e festivi: 10.00 – 19.00

chiuso il lunedì

Come si arriva al Filatoio di Caraglio:

A6 TO-SV uscita Marene – Savigliano – Centallo – Caraglio

Per ulteriori informazioni:

www.marcovaldo.it

di Giusy Sculli