Mau Mau “DEA” amazzone della vita

Aprile 9, 2006 in Musica da Gino Steiner Strippoli

“Dea di carne ti vesti da sposa divori il tuo maschio cannibale. Dea dell’origine e Dea della fine…”

Mau MauLuca Morino, Fabio Barovero e il percussionista Talè Nsongan: sono loro i tre Mau Mau che finalmente son tornati a dare freschezza alla musica italiana. Un silenzio durato 5 anni (Marasma General 2001) dove i nostri protagonisti hanno sperimentato la loro creatività solistica incidendo “Vero” (Barovero) e “ Mistic Turistic” (Morino). Spesso le pause servono per crescere singolarmente a livello musicale per poi avere quella nuova linfa da distribuire in un lavoro di gruppo. E’ quello che è successo al quindicesimo anno di vita per i Mau Mau con la realizzazione di un opera sublime fatta di armonie e sonorità latine.

“Dea” (Mescal) è l’album dei Mau Mau, un titolo che non è un omaggio alla donna ma piuttosto la valorizzazione della figura femminile, spesso sottomessa, emarginata e a volte anche mutilata. Una Dea che è simbologia di ricchezza cerebrale di donna. Morino e Barovero hanno di nuovo centrato un aspetto sociale che vive la quotidianità di ogni giorno attraverso un testo superbo.

Musicalmente questo disco può definirsi il migliore della band, perché ai testi più maturi e pieni di poesia, dove le denuncie sociali e politiche non vengono mai dimenticate, si aggiungono sonorità caraibiche ed eleganti ma accattivanti ed elettriche. “Dea “ fa incetta di armonie e ritmi che arrivano dall’Africa di Fela Anikulapo Kuti e dalle percussioni dei blocos brasiliani conditi dal tropicalismo caraibico. Chitarre e percussioni predominano sugli altri strumenti in un viaggio brasiliano tra Salvador de Bahia e San Paolo.

“Da qui ai carabi” è l’apertura del disco con un viaggio surreale ai carabi, nelle profondità marine, al ritmo cadenzato di suoni tropicali, con fisarmonica e percussioni che accompagnano ricami di chitarra vellutata. Il tutto mentre Luca Morino canta la solitudine che avanza in un silenzio impenetrabile di Oceano e sabbia mentre il mondo fuori continua a girare tra perverse dinamiche sociali e catastrofi naturali. Si arriva dunque all’omonima canzone che da il titolo all’album “Dea”. Una dance prepotente che coglie l’aspetto femminile nella sua più alta elevazione:“Noi per niente ti abbiamo venduta e poi con poco ti abbiamo comprata, solo davanti al tuo mistero la nostra furia si è sempre fermata. Dea!! Tu sei vera!! Dea di carne ti vesti da sposa divori il tuo maschio cannibale, Dea dell’origine e Dea della fine…”. Un intro di fisarmonica fa partire il “Treno del Sole”, uno dei brani più belli, pieno di sonorità latine e ricco di energia. Il ritornello è pieno di poesia realista: “Su che binario t’incontrerò, su che binario mi troverai, su che binari corre la fortuna, su che binari corrono i guai…”. Un evocazione alle difficoltà e alla durezza dell’immigrazione. “Mia Macchina Mercedes” centra la questione del terzo mondo attraverso il racconto di una vecchia auto spedita in Nigeria: “ .. ma che peccato averla lasciata finire in Africa l’immondizia del mondo ma i sogni vivono di contraddizioni…”.

Il disco scorre veloce come l’ascolto di “Cartoline” pregevole latin blues, graffiante e acido, pieno di amarezza, di ricordi, di messaggi scritti pieni di amore: “ .. cartoline a forma di freccia pronto a colpirti nell’anima..”. La ritmica dei Mau Mau riprende a travolgere con “Cannibal” un africanism eccezionale, incandescente: “.. la ribellione degli schiavi covava di giorno sotto i colpi di frusta, di notte al rullo indiavolato di tamburi…”. Note indiavolate in una giungla metropolitana dove il re è nudo. Stupende chitarre elettriche ad accelerare il ritmo insieme alle percussioni in una progressione travolgente. “Souvenir de Tulum” ha sonorità più leggere e decadenti in un testo pieno di drammaticità e solitudine, con il pianoforte che disegna note cristalline: .. piangere no, no è perdere, ubriacarsi abbandonarsi o andarsene via di qui…”. Una sorta di bossanova elegante e moderna è racchiusa in “Qualcuno verrà da te” ovvero il misticismo rituale del candomblè brasiliano (il mondo al rovescio): “… giudice che mi dici della strana natura che hanno i potenti di farsi sempre le leggi su misura, che mi dici? Esiste il mondo di sopra esiste il mondo a rovescio…”.

In questo album pieno di collaborazioni e musicisti Morino e Barovero hanno voluto incrociare il tropicalismo piemontese al regge-rap salentino dei Sud Sound System. Ne è uscita fuori una danza “La Casa Brucia” dalla ritmica poderosa dove l’aggressività di Don Rico e Terron Fabio ben connubiano con l’eleganza di Morino e i suoni Barovero. Non poteva mancare la canzone in dialetto piemontese “Can Anrabià, che ad un certo punto si incontra con la lingua portoghese di Calixto, giovane rapper brasiliano, di Campo Limpo di San Paolo. Ne nasce una fusion impressionante. La canzone è stata scritta da Morino durante la rivolta delle “racailles” nelle banlieuses francesi. La fisarmonica la fa da padrona mentre: “.. questa vita è una grande galera senza chiave ma si spera se non vivi quanto vale questa vita ti fa male..”. “Dea” si conclude con una bellissima ballad intitolata “Bentornata nel campo”. L’inizio struggente in Dub ha delle armonie maestose dove scorre il massimo sentimento: l’amore per la vita, per le persone. Delicatezza poetica verso due persone sospese tra la vita e la morte: “… su questa madre terra eterna terra madre tu non sapevi di partire… bentornata nel campo bentornata davvero su questa madre Terra”.

di Gino Steiner Strippoli