Locande d’Italia

Maggio 11, 2005 in Viaggi e Turismo da Stefano Mola

Titolo: Locande d’Italia
Autore: AAVV
Casa editrice: Slow Food Editore
Prezzo: € 18,00
Pagine: 477

Locande d

Locanda è una di quelle parole che profumano un po’ d’antico e forse di lavanda, che rimbalzano sul tappeto della memoria, intrecciate ai fili delle suggestioni. La sua eco suona bene, meglio di albergo, in cui a volte nella nostra memoria di comuni mortali a poche stelle ci sono muri verniciati non di recente e finestre a vista muro (di fronte). In ogni caso, sembra che rovistando nella parola albergo sia spesso difficile trovare tracce di un’altra parola importante, ovvero anima. Anche perché gli alberghi non sono immuni al processo di fastfooddizzazione del mondo, visto che ci sono le catene (anche metaforiche): così, talvolta, dormendo a Milano oppure a Palermo possiamo essere circondati dagli stessi muri, posacenere, lampade e asciugamani. E magari il mattino dopo sgranocchiamo le stesse cellofanate colazioni.

Così facendo, ritagliamo via un pezzo della nostra potenziale esperienza del mondo, l’esperienza della sorpresa per quanto è diverso da noi: una delle cose che dovremmo poter mettere nella borsa tornando da un viaggio. Ma torniamo dunque alla locanda, per chiederci se è possibile farla scendere dal mondo iperuranico delle suggestioni e calarla in quello concreto degli indirizzi e dei numeri di telefono. Ovvero: c’è qualcuno che ci può aiutare nella pianificazione dei nostri viaggi? Qualcuno che abbia una certa idea di esperienza del mondo che magari possiamo accordare alla nostra?

Ebbene, domenica 8 maggio, al mattino, in quella parte della Fiera del Libro occupata dal colorato e gustoso stand di Slow Food, abbiamo assistito alla presentazione della seconda edizione della guida Locande d’Italia. Ma proprio perché dobbiamo scendere dal mondo delle idee a quello reale, cosa corrisponde nel linguaggio slow alla parola locanda? La risposta di sintesi potrebbe essere: un posto con un’anima, dove per dormire non bisogna vendere prima la propria al demonio. Ovvero, per lasciare la parola a loro: luoghi accoglienti, piacevoli, semplici, capaci di restituire il gusto di viaggiare apprezzando tutte le sfumature di ambienti e atmosfere che il nostro paese sa offrire […] luoghi caratterizzati da un’accoglienza familiare e da prezzi abbordabili; luoghi dove la cultura dell’ospitalità è ancora un valore di riferimento e dove al cliente si riservano attenzioni non formali .

Questa è la cosa importante, al di là di cosa sta scritto sull’insegna. Sfogliando la guida troviamo infatti sia piccoli alberghi a gestione familiare, sia affittacamere, bed and breakfast, agriturismi, foresterie, ostelli. Prezzi abbordabili qui significa massimo 120 Euro la doppia. Non è poco, ma abbassare l’asticella avrebbe voluto dire escludere alcune grandi città. Una guida in crescita (814 indirizzi, 178 in più rispetto alla prima edizione) che si affianca all’ormai consolidata sorella maggiore dedicata alle osterie (altro posto dell’anima e del corpo). Le due, affiancate, offrono una visione unitaria di un modo consapevole di fare esperienza dell’Italia. Oltre a indirizzo e numero di telefono e altre informazioni logistiche, c’è un breve racconto: storia, caratteristiche, contesto, personaggi.

Ci sono due aspetti importanti da sottolineare. Il primo è la capacità da parte di Slow Food di unire alla grammatica della guida anche la pratica. Domenica mattina, a chi è stato lungimirante da sedersi per tempo ai tavolini dello stand, è stata offerta una abbondante colazione, con prodotti tipici e di qualità. Una colazione buona, e se riuscite ancora a sopportare la parola, ideologica. Prima di tutto per incarnare la cultura dell’accoglienza, che nel caso delle locande potrebbe voler dire anche prima colazione. Perché questo dubitativo e incerto condizionale? Innanzi tutto perché la legislazione cambia da una regione all’altra. In alcune, per esempio, non si può far altro che ricorrere alle confezioni monouso (anche solo scriverne, ci mette tristezza, dura lex sed lex). Poi, perché si narra che avventori incauti non si fidino delle marmellate fatte in case e richiedano le asettiche monouso (tristezza ancora più profonda, poiché in questo caso non c’è nemmeno la scusa della lex).

E questo ci porta al secondo aspetto ideologico importante (ho deciso di non aver paura e di usare questo aggettivo senza ritegno). A volte pensiamo di vivere in un sistema economico complesso, dove la dimensione e la concentrazione delle imprese non possono che avere la meglio. Troppo complesso, impossibile cambiare. Eppure (e qui un po’ di studi matematici non farebbero male) una proprietà dei sistemi complessi è che a volte dei piccoli eventi possono produrre dei cambiamenti enormi. Pensate alla famigerata storiella del battito di farfalla che può provocare un tifone a migliaia di chilometri di distanza. Ora, lasciando perdere lepidotteri e meteorologia, forse a volte dimentichiamo che alla fine il manico del coltello sta nelle scelte che compiamo tutti i giorni.

Se non andiamo a dormire in un certo posto perché per esempio non ci piace la fetta biscottata al cellofan, oppure perché non ci ritroviamo un’anima, in qualche modo spostiamo un granellino di sabbia da un piatto all’altro della bilancia. Se invece di comprare un caffè qualunque compriamo quello del Presidio Slow Food Terre Alte di Huehuetenango (che abbiamo bevuto con gusto sempre domenica mattina) mettiamo un granello di sabbia sulla tutela di un prodotto e di un modo di produzione che cortocircuita direttamente in contatto produttori e consumatori (per avere altre informazioni, seguite questo link). Sembrerà retorico e banale, ma la domanda può orientare l’offerta.

Insomma, questa storia delle locande ci ha portato lontano. Proviamo allora a capire se ci ritroviamo nel concetto di ospitalità incarnato in questa guida. Continuiamo a parlarne.

di Stefano Mola