La donna dei sogni
Giugno 6, 2004 in Libri da Redazione
Titolo: | La donna dei sogni |
Autore: | Rosanna Rutigliano |
Casa editrice: | Franco Angeli |
Prezzo: | € 10.50 |
Pagine: | 96 |
E’ stata presentata all’ultima Fiera del Libro di Torino l’opera di Rosanna Rutigliano, “La donna dei sogni”, che tratta il tema della comunità femminile in carcere come via iniziatica. La scelta del tema viene dal bisogno di testimoniare un impegno sociale intriso di storie scabre di donne che appartengono al mondo dolente degli emarginati e dei vinti, riflesse attraverso l’esilio della comunità in carcere.
Come ha spiegato la scrittrice, “Quel che si annuncia nel titolo è che il sogno per sua natura e funzione è capace di trasformare l’atteggiamento conscio non più in armonia con la totalità della psiche. La coscienza viene rinnovata attraverso il contatto con l’Inconscio, agente del Sogno.
Una delle idee portanti del libro è che il divenire individuale e sociale sono strettamente uniti e che lo spirito della nostra epoca di transizione, su cui incombe la perenne minaccia del terrorismo, fa della volatilità delle certezze tradizionali, del senso di precarietà che incombe soprattutto sulle giovani generazioni un punto di forza per scelte innovative (del resto se si è vincenti e tutto va bene non si ha interesse a smuovere lo status quo…).
Sembra dunque propizio il momento in cui possa animarsi un rapporto più creativo fra gli opposti elementi del maschile e del femminile, tra l’innovare ed il conservare, il fare e l’essere… Non già si tratta di confusione fra i generi, ma di riconoscimento del loro vicendevole valore e della loro pari dignità.
K. Asper, analista junghiana zurighese, in un suo recente libro: “The abandoned child within”, ed. Fromm, ci dice che i passaggi iniziatici sono crisi narcisistiche in cui si impara che occorre accettare semplicemente che nonostante tutto si è accettati da qualcosa di misterioso che ci sostiene.
L’individuazione si muove nelle sabbie mobili dell’ambivalenza ”si è questo e quello” ma si è anche capaci di sognare, il che permette di trovare nuovi modi per affrontare i problemi che la vita ci presenta.
La sofferenza che apre alla speranza, alla gioia è il prezzo che si deve pagare per imparare a vivere.
Anche nel colmo della disperazione si riesce a vedere nell’impossibilità l’aprirsi di nuove vie e possibilità mai pensate prima, si sopporta la tensione tra gli opposti e si dà modo alla funzione trascendente di produrre simboli.
Questo è un po’ come avere l’esperienza satori dell’illuminazione del discepolo che risolve il Koan postogli dal maestro nel buddismo zen.”
Qui l’autrice si confronta con i pregiudizi derivanti dalla pressione sociale verso le detenute, considerate particolarmente più problematiche e difficili rispetto ai maschi. Muovendo proprio dal pregiudizio sociale verso le donne che rompono con gli schemi convenzionali e funzionano come capro espiatorio della società, “credo di poter dire che il ruolo scomodo delle donne recluse può servire da pungolo per la trasformazione del carcere da luogo di pena a luogo di promozione personale e sociale. E’ come se il malessere che le donne esprimono in modo evidente reclamasse una risposta ad un senso diffuso nella collettività, dominata dai valori maschili, di integrazione del lato oscuro del femminile.”
L’identità femminile nel carcere è avvilita, ma non annientata, anche se esasperata nella sua forma terribile, culturalmente stigmatizzata. La spinta alla trasformazione dell’istituzione rispetto ai bisogni sociali sembra partire da qui, dal carattere indomito della forza del femminile che non si lascia zittire né sconvolgere del tutto, come avviene nelle società patriarcali, che relegano la donna alla subalternità sociale, ma le concedono lo strapotere nell’ambito familiare.
rantisce loro la protezione e il rispetto delle regole di convivenza.La tecnica psicodrammatica consente la connessione o meglio l’energizzazione dei sensi che rinsalda l’Io.
Spiega la Rutigliano, “Da questo punto di vista è legittimo l’aiuto morale e psicologico a chi dietro alla tendenza asociale, deviante, soggiace alla molla dell’egoismo, dell’andare alla deriva dal proprio fondamento religioso. Allora non è tanto importante porre l’enfasi su un risultato di conformità sociale, sulla conquista di una presunta normalità, quanto favorire la comprensione reciproca delle parti costituenti una sola società.
Il problema di fondo non sta nel considerare separate le due parti della stessa società: quella dei liberi, che sono fuori e quella dei devianti e pericolosi che vanno chiusi in carcere per punire il proprio comportamento corrotto.
Per Jung noi non creiamo immagini, ma siamo semplicemente intessuti di esse. L’accesso alla vita simbolica, immaginale, permette di vedere oltre il dato concreto, di riunire le forze disgregatrici della personalità e del gruppo con mezzi simbolici: riflessione, meditazione, attività creative, in accordo ai modi tradizionali delle donne di stare insieme al ruscello, alla fontana come al tavolino di un caffè. Dai perils of soul ci si difende creando uno spazio transizionale, neutro, che ripara da ciò che ferisce, da ciò che solo matericamente è. Nell’esperienza ricreativa del come se la pressione delle fantasie interiori si attenua, il filo della memoria tessuto dalle Parche si dipana.
L’accettazione di sé passa attraverso la partecipazione alla vita di gruppo nelle pratiche quotidiane, comuni alle donne del ritrovarsi insieme a chiacchierare del più e del meno facendo qualcosa davanti al camino, all’uscita della chiesa alla domenica. Il chiacchiericcio, il motteggio apre ad un’esperienza di legame comune emozionale e permette di dominare le forze disgregatrici dei perils of soul.
Le residenti mi aspettano per raccontarmi i loro sogni, affidarmeli per condividerli nel gruppo. Per loro io sono la donna dei sogni, come figura transizionale che rende loro accessibile l’esperienza interiore.”
Rosanna Rutigliano
Ha compiuto il proprio training di Analista Junghiana a Zurigo. E’ membro dell’International Association for Analytical Psychology (IAAP) e dell’Association of Graduate Analytical Psychologistas of the C.G. Jung Institut-Zurich (AGAP).
Vive a Torino, dove esercita attività privata di psicologa e psicoterapeuta. Psicodrammatista e fiaboterapeuta, esperta in Pet Therapy, è stata coordinatrice terapeutica del Progetto trattamentale di Primo Livello per i tossicodipendenti del carcere “Lo Russo e Cutugno” di Torino. Collabora a riviste scientifiche del settore e conduce corsi di formazione per operatori nel settore socio-sanitario e scolastico.
di Marcello Tironi