Il piccolo libraio di Archangelsk

Luglio 15, 2007 in Libri da Tiziana Fissore

Titolo: Il piccolo libraio di Archangelsk
Autore: Georges Simenon
Casa editrice: Adelphi
Prezzo: € 16,00
Pagine: 172

Il piccolo libraio di ArchangelskA mio avviso il grande Simenon è quello che si rivela non nei romanzi senz’altro più conosciuti con il commissario Maigret per protagonista ma quello che si manifesta in storie che parlano di vite quotidiane, di persone semplici e per questo più facilmente preda del sistema, del pettegolezzo, della critica altrui.

Il titolo di questo romanzo in lingua originale era: ‘Le petit homme d’Arkahangelsk’ e sottolinea maggiormente la vicenda che si riferisce ad un piccolo uomo: Jonas Milk , un libraio appunto, vittima del mondo in cui ha scelto di vivere.

Gina, moglie di Jonas, donna sessualmente molto disinibita e che lui ha sposato per accontentare la madre di lei che voleva metterla al riparo delle proprie pulsioni, è fuggita da casa ed anche se la cosa era già successa precedentemente, questa volta, forse a causa di una piccola bugia che Jonas ha detto e cioè che è andata a trovare un’amica, piccola menzogna detta per salvarla dai pettegolezzi, innesca un meccanismo e dei sospetti che porterà ad un epilogo, chiaramente da non svelare.

Ma al di là della trama scaturita dalla penna di Simenon ne esce mirabilmente un quadro stupendo di provincia. Pare di vederlo e toccarlo con mano quel piccolo mondo del quartiere attorno al Vieux Marché, dove i venditori si piazzano sin dall’alba per vendere le loro cose, pare di vederla quella piazza con il bar dove tutti si prendono il caffè alle dieci del mattino, i fruttivendoli italiani (la famiglia di Gina) e Jonas Milk, il piccolo libraio russo che abita lì da quando era bambino e che ha perso tutta la sua famiglia: le sorelle, i genitori fuorusciti al tempo della rivoluzione e che sono poi rientrati per cercare le figlie mentre lui è rimasto, secondo la volontà del padre, per salvare almeno un membro della famiglia, ma anche con suo immenso piacere perché lui si sentiva francese ed aveva fatto di tutto per integrarsi e tutti l’avevano accettato, almeno in apparenza perché ecco che davanti ad un piccolo incidente, Jonas diventa uno straniero, un ebreo piccolo, roseo e tondeggiante, con occhiali da miope. Oltre le lenti che sono un muro trasparente ecco il piccolo mondo del barista, del fruttivendolo, del droghiere, del macellaio, un mondo che si rivela improvvisamente ostile ed ecco qui esplodere la capacità del grande Simenon nel fare il ritratto di un clima provinciale stagnante con atmosfere particolarmente ambigue dove le meschinità umane affiorano ed imperano.

Il fatto che Jonas, nonostante la scomparsa della moglie, continui a fare le cose di sempre, con metodo, senza far trapelare nulla, non solo insospettisce la comunità ma la trasformerà in un nemico vero e proprio, una giuria implacabile che lo vedrà come un assassino ed un pervertito.

Nessuno penserà che lui abbia sposato Gina, pur conoscendola ed accettandola con le sue infedeltà, contento solo di avere la sua presenza accanto; nessuno avrà il minimo sospetto che anche questo possa essere una forma di amore e lui, il piccolo uomo, non farà nulla, nemmeno l’unica cosa che lo scagionerebbe: dire che Gina ha portato con sé i francobolli più preziosi della collezione del marito. E’ chiaro che ciò che influirà maggiormente sull’umore di quest’uomo non sarà tanto il comportamento di Gina che già ben conosceva ed accettava e tollerava quanto quello della piccola comunità di questo paese del Berry, nella quale credeva e dove pensava di essere stato pienamente accettato.

Si tratta di una vicenda psicologica che segue il destino del protagonista, un uomo che avrebbe voluto dare e ricevere un po’ d’amore. Peccato che non sia stato realizzato il film nel quale Simenon voleva Charles Aznavour nei panni di Jonas. Sarebbe stato un film capace di coinvolgere profondamente il pubblico di spettatori come il libro ha fatto con il folto pubblico di lettori.

di Tiziana Fissore