Egon Schiele
Giugno 22, 2003 in Medley da Sonia Gallesio
[Barbara Paltenghi, da “Enfant Terrible” di inizio secolo, Art e Dossier n. 188/aprile 2003]
L’arte di Egon Schiele è estrema, inquieta e tormentosa. Talvolta crude ed esasperate, le sue opere si fanno emblema delle asperità della vita. Esprimono la follia, il turbamento, il malessere insito nell’esistere.
Scarne e scorticate, le figure che ritrae appaiono quasi disarticolate nella loro essenzialità. I suoi corpi emaciati, esili come arbusti secchi e fragili, riportano ad una condizione di solitudine, smarrimento, precarietà. E si contorcono, innaturalmente, rimanendo sospesi nel vuoto. Disancorati quasi come se non avessero possibilità di appiglio, di salvezza. Fluttuanti come le figure di Oskar Kokoschka. Snaturati, con le estremità degli arti troncate.
Straordinario investigatore delle pulsioni, degli istinti, dei bisogni e delle fragilità degli uomini, in realtà Schiele compirà un significativo mutamento di rotta conseguentemente al Primo Conflitto Mondiale e al suo matrimonio con Edith Harms (1915). In ragione della prematura morte, però, la sua sarà un’evoluzione che non farà in tempo a dare i frutti migliori…
Egon Schiele nasce a Tulln, cittadina austriaca a circa sessanta chilometri da Vienna. Già in tenera età dimostra una spiccata attitudine al disegno. Cresce attorniato dallo stimolante clima culturale di inizio novecento, tra gli influssi della Secessione (Associazione Secessionista degli Artisti Figurativi) e le vibranti suggestioni dell’Espressionismo.
Sede di importanti scuole, gallerie e musei, al tempo Vienna è la capitale indiscussa della cultura dell’impero austroungarico, nonché il massimo centro di produzione e diffusione dell’arte contemporanea. Dal 1897, infatti, il cuore pulsante della modernità – austriaca e non solo – ha sede nel movimento secessionista, il cui principale fautore è Gustav Klimt.
Schiele giunge a Vienna giovanissimo, nel 1906, per frequentare l’Accademia di arti figurative. Che però abbandona nel 1909, avverso alla volontà conservatrice che ne caratterizza gli ambienti e stanco dei limiti della didattica. Le sue reali attitudini e necessità, in effetti, ben poco hanno in comune con accademismi e rigore formale.
Nonostante l’artista si allontani dal naturalismo degli esordi per ispirarsi a Toulouse-Lautrec, Minne, Munch, Van Gogh, il suo modello principale resta Gustav Klimt. I suoi influssi si rintracceranno per anni nelle opere di Egon, basti pensare alle tecniche impiegate, o ancora all’importanza attribuita al dato decorativo.
A partire dal 1910 l’arte di Schiele è oggetto di un ulteriore e necessario rinnovamento che porta l’autore ad un’autonomia stilistica sempre più marcata, fondata sulla libera espressione di intuizioni ed emozioni. In quel periodo egli ha accesso alla clinica del Dottor Erwin von Graff, dove può eseguire svariati studi di pazienti e ricoverate. Le figure che immortala trasferiscono un’idea di tormento, hanno un’aria quasi luciferina.
Nel 1911, a ventun anni, Schiele si trasferisce a Krumau, cittadina natale della madre. Stregato dalla sua atmosfera silenziosa e dalle suggestioni derivanti dai caratteristici gruppi di case dai tetti aguzzi, produce un gran numero di vedute di sapore gotico, intrise di mistero, in qualche modo rimandanti alle miniture e alle antiche vetrate.
Approdando successivamente a Neulengbach, nel novembre del 1911 entra a far parte del gruppo Sema, al quale aderiscono anche Paul Klee e Alfred Kubin. Proprio a Neulengbach è accusato di aver sedotto una minorenne. Nonostante il proscioglimento, dopo più di venti giorni di detenzione, ottiene comunque una condanna per diffusione di arte oscena e offesa alla pubblica morale.
Nel 1914 scoppia la Prima Guerra Mondiale. A novembre del ‘15 Schiele scorta svariati prigionieri russi fino al campo di concentramento, ritraendoli in toccanti disegni.
Il 31 ottobre del 1918, a ventotto anni, l’artista muore stroncato dall’influenza spagnola, a pochi giorni di distanza da sua moglie, incinta del loro primo figlio. Fatalmente, appena qualche mese dopo aver ottenuto il riconoscimento ufficiale a lungo desiderato. Alla quarantanovesima esposizione della Secessione viennese, infatti, i suoi lavori occupano la sala principale e riscontrano un buon successo di critica e pubblico. Egon disegna addirittura il manifesto per quell’evento, non mancando di omaggiare l’amico e mentore Gustav Klimt, deceduto a febbraio dello stesso anno.
In realtà, però, dopo la sua morte, passerà molto tempo prima che l’opera di Schiele venga riscoperta e giustamente considerata. Infatti, solo in seguito a tre grandi mostre negli USA e ad un’esposizione in una galleria londinese, all’inizio degli anni ‘60, l’artista raggiungerà la meritata fama in ambito internazionale.
di Sonia Gallesio