Delirio

Giugno 13, 2006 in Libri da Stefano Mola

Titolo: Delirio
Autore: Laura Restrepo
Casa editrice: Feltrinelli
Prezzo: € 15,00
Pagine: 256

delirioPer iniziare a presentare questo romanzo, con cui Laura Restrepo è finalista al Premio Grinzane Cavour 2006, partiamo con un Ubi maior minor cessat, lasciando la parola a José Saramago:

Un romanzo come non se ne incontrano molti, per mille motivi diversi. Il primo luogo, ma potrebbe essere il secondo, o il terzo, l’assoluto dominio della lingua: è davvero sorprendente! In apparenza non sembra complicato scrivere così, ma la verità è che quando il livello della scrittura arriva dove lo ha portato Laura Restrepo, bisogna togliersi il cappello. Poi, la storia. Una storia colombiana, perché contiene tutto ciò che oggi la Colombia ha di affascinante, incluso ciò che è terribilmente affascinante. Tutto è contenuto nel libro scritto da Laura Restrepo, nel suo Delirio. Ha un dominio della storia che sta narrando assolutamente magistrale.

Sono le parole pronunciate dal premio Nobel portoghese alla cerimonia di conferimento del Premio Alfaguara, vinto dall’autrice nel 2005. E noi, cosa ne pensiamo? Prima di tutto, diciamo che non siamo tanto da sudamericani. Questo può anche essere trascurabile per la maggior parte di chi legge, ma serve per capire meglio la frase successiva, che è questa: un libro che mi è piaciuto molto. Se volessimo lasciarci andare ai proclami, potremmo aggiungere: ci sono i libri, e poi c’è la letteratura.

Attenzione, non c’è razzismo. Secondo me abbiamo bisogno di entrambi. Di qualcosa che ci dia una soddisfazione momentanea, e di qualcosa che funzioni un po’ come un aratro, che rivolti un po’ la terra dentro la nostra testa. Di qualcosa che non si limiti a raccontare una storia (cosa irrinunciabile, secondo noi) ma che lo faccia in un modo il più possibile originale e funzionale. Dopo tanto strepitare, diamo qualche flash sulla trama.

Un uomo, Aguilar, ex-professore di letteratura che ora consegna a domicilio mangime per cani, va via per quattro giorni. Quando torna, a casa la moglie non c’è. Nella segreteria telefonica un messaggio, da uno sconosciuto: vieni a prendere tua moglie in questa camera d’albergo. La moglie, Agustina Londoño figlia di un latifondista colombiano, è effettivamente lì, ma forse solo con il corpo. Su di lei è scesa la cappa del delirio. Quasi non lo riconosce più, solo per brevi illuminazioni comunica in seguito con lui, riempie la casa di bacinelle d’acqua secondo riti imperscrutabili. Agustina è sempre stata segnata da turbe psichiche e da un incombente talento divinatorio, ma adesso sembra essere sprofondata in se stessa fino ad un luogo inaccessibile.

Da qui parte l’affannosa, drammatica, struggente rincorsa di Aguilar alla perduta moglie. In questa ricerca vengono poco a poco a galla dolori, odi sopiti e passioni represse nella famiglia della moglie. A questa saga familiare si intreccia strettamente un altro mistero: come mai Agustina è finita in quella camera d’albergo? Sappiamo che a lasciare il messaggio nella segreteria di Aguilar è stato Midas McAlister, ex fidanzato di Agustina dedito ad affari illeciti, affiliato a Pablo Escobar, e miglior amico di Joaco Londoño.

Il resto del lavoro lo dovete fare voi, leggendo il libro. Laura Restrepo racconta in un modo che definirei avvolgente. È un romanzo a più voci: ogni personaggio racconta il suo pezzo dal suo punto di vista. Un mosaico che si compone poco a poco. C’è un’oscillazione continua del punto di vista: il fuoco passa dal discorso in prima persona a quello in terza, per cui noi siamo continuamente dentro e fuori la testa dei personaggi. È qualcosa che irretisce poco a poco, che incolla alla pagina. Particolarmente struggente è seguire gli affannosi e teneramente disperati tentativi di Aguilar di ritrovare un contatto con Agustina. Ecco un esempio della prosa di Aguilar:

Agustina, la mia stupenda Agustina, è avvolta da un alone freddo che è il segno della distanza, la porta blindata di questo delirio che non la lascia uscire e che non mi permette di entrare. Adesso ha l’espressione permanente da pelo nel piatto, una smorfia che è allo stesso tempo sorpresa e schifo; il rovescio di un sorriso, il battito d’ali di una disillusione. E io mi domando fino a quando. [pag. 84]

È vero che qui siamo in una situazione estrema: Augustina delira, forse è pazza. Però, forse proprio grazie all’adozione di questa prospettiva possiamo anche leggere il nostro quotidiano. Per esempio le nostre storie d’amore quando finiscono, quando la persona che sta al nostro fianco improvvisamente sembra diventare un’estranea, quando tutto questo ci sembra impossibile eppure accade, e non ci rassegnamo. Il delirio è poi il delirio di un intero paese. Forse anche di fronte a episodi quotidiani in Colombia, oggi, può capitare di chiedersi come sia possibile, da dove venga questa follia degli uomini. E poi, magari due passi dopo, rimanere stupiti dalla meravigliosa forza della vita.

di Stefano Mola