Buddha Scheidegger per Traspi.net
Luglio 1, 2006 in Musica da Claris
Il XXII JazzAscona festival si avvia alla chiusura con un week-end particolarmente denso di appuntamenti di alto livello; ne segnaliamo due in particolare. Questa sera la consegna dell’Ascona Award a Lillian Boutté, ambasciatrice della musica della città di New Orleans (l’unica musicista a ricevere questa onorificenza dopo Louis Armstrong), per la sua attività nel sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale sui problemi della ricostruzione dopo la catastrofe naturale abbattutasi sulla città della Louisiana. Domani sera il prestigioso e ambito Gala di chiusura del Festival, nella lussuosa cornice dell’hotel Giardino, con presenze musicali di rilievo, in accompagnamento ad un menù di prima classe. Tra gli artisti che si esibiranno al Giardino, giocano in casa i re del jazz svizzero, gli zurighesi Buddha’s Gamblers. Da vent’anni a questa parte, la missione di Buddha Scheidegger e dei suoi collaboratori è quella di proporre un elegante swing e un piacevole dixieland in puro stile Chicago. Buddha ha un’invidiabile reputazione a livello internazionale, attestata da una ricca discografia…
Iniziamo scoprendo il perché del nome della tua band…
I Gamblers furono la prima orchestra dove suonai, dal 1961 al ’71. Quando si sciolsero, decisi di fondare un mio gruppo e ripresi il loro nome, aggiungendo quello che da sempre è stato il mio soprannome. Pensa che iniziarono a chiamarmi così i compagni di scuola perché ero grasso. Poi tutti, anche all’università e sul lavoro, in tribunale, mi hanno continuato a identificare come Budddha!
Con estremo rispetto, vieni definito il ‘grande vecchio’ del jazz della Svizzera. E rappresenti il tuo paese in questo festival targato New Orleans…
Per me essere stato invitato ad Ascona, per la prima volta nella mia carriera, è un grandissimo onore. L’atmosfera che si respira in questo festival è speciale: sia per il pubblico, numeroso e particolarmente infiammato, sia per i tanti artisti americani che rappresentano dei miti assoluti per ogni jazzista europeo. Tra questi apprezzo particolarmente Warren Vaché. Sono inoltre particolarmente fiero di partecipare domenica al Gala di chiusura del Festival. Inoltre il luogo è affascinante, come tutto il lago Maggiore, lato svizzero o italiano che si preferisca; io amo molto queste zone e con mia moglie a volte ci rilassiamo in un piccolo appartamento sul lago vicino a Lugano.
Essere ‘jazzisti’ in Europa, che cosa significa?
Dover avere un altro lavoro per sopravvivere! Forse è una battuta troppo amara, ma a volte rispecchia la realtà. Io ora ho 66 anni e tre anni fa sono andato in pensione, smettendo con il mio lavoro di avvocato. Avevo troppi incarichi e sempre meno tempo per esercitarmi al pianoforte. In tutta la vita non è sempre stato facile riuscire a conciliare i tempi della Corte con quelli del jazz. Certo ora sono felice di potermi dedicare solo alla mia grande passione, ma posso permettermelo.
Raccontaci qualcosa di te.
Sono cresciuto in una piccola valle svizzera, dove ho frequentato le scuole fino alle superiori prima di trasferirmi a Zurigo per l’Università. La passione per la musica jazz, e per il pianoforte in particolare, mi ha letteralmente assalito l’anno prima della Maturità, dopo aver assistito ad un concerto del grande pianista nero Joe Turner.
A Zurigo ho iniziato a suonare e non ho ancora smesso! Tra i ricordi più piacevoli e appaganti della mia militanza jazz, amo molto ricordare le due crociere nel Mediterraneo, nel ’90 e nel ’93, rispettivamente per una e due settimane, in cui ho avuto la fortuna di suonare con tanti artisti importanti, tra cui l’italiano Dado Moroni e l’americano Clark Terry. Inoltre resta indimenticabile l’esperienza al festival del pianoforte di Lucerna nel 2005, dove mi sono confrontato con i migliori pianisti del mondo, tra cui Rossano Sportiello.
I Buddha’s Gamblers sono un sodalizio molto numeroso, ma manca un cantante…
Siamo in sette e gestire così tante persone non è facile. Scelgo personalmente i componenti del mio gruppo e la loro caratteristica principale, ancor prima dell’abilità nel suonare il proprio strumento, deve essere quella di saper fare squadra. Si devono sentire parte di un team. Una jazz band è come una squadra di calcio, deve essere affiatata e coesa nei momenti decisionali.
Con me ho degli artisti di assoluto livello, a partire da K. T. Geier al basso, che ha suonato per quasi vent’anni in varie band svizzere e nella radio nazionale, per continuare con Werner Keller al clarinetto, il fondatore dei Tremble Kids.
Per quanto riguarda la voce: nel passato, per alcuni periodi, ho avuto anche dei cantanti, ma è soprattutto una questione economica. Le voci jazz belle non sono tante, quindi sono piuttosto care!
Il jazz, più sorrisi o più pianti?
La musica, e il jazz in particolare, è una perifrasi della vita, quindi momenti di felicità si alternano ad altri di tristezza. Quello che voglio regalare alla gente che mi ascolta però sono gioia e spensieratezza. Ecco perché molte volte, accanto alle sonorità più classiche del jazz, tipo lo stride-piano, suono anche il boogie woogie.
di Claudio Arissone