Alberto Lanteri, antico&moderno
Novembre 1, 2004 in Arte da Redazione
Si è scritto molto su Alberto Remo Carlo Lanteri, artista torinese, ma che preferirei definire universale. Soprattutto, i critici si sono soffermati sullo stile di gusto rinascimentale delle sue opere, sulla tecnica raffinata condotta per velature, con l’uso di pigmenti preziosi, proprio alla maniera antica descritta dal Vasari nel 1500. Anche la modernità è però prerogativa di Lanteri perché i suoi tagli di luce, l’interpretazione dei soggetti, la loro indagine spirituale, lo studio delle composizioni, per la verità sempre condotto con immediatezza e istinto, si nutrono della lezione prospettica di Piero della Francesca, dell’introspezione realistica e inquietante di Lorenzo Lotto, ma altresì del visionario surrealismo di Salvador Dalì e di tanta parte della pittura del XX secolo, da “Valori Plastici” a “Novecento”. La ricerca strutturale dei dipinti, soprattutto in quelli monumentali, e dei volumi, tipici di un ritorno all’ordine di classica ispirazione e novecentista memoria, rende l’arte di Lanteri ricca di citazioni colte, ma anche carica di ironie dissacranti e giochi divertiti in punta di pennello.
Il tutto espresso con un linguaggio inimitabile e personalissimo che negli anni è in parte mutato, ma senza subire rivoluzioni estetiche radicali. Anche perché un modo di fare arte non nasce da un giorno all’altro, ma lo si conquista giorno dopo giorno, sperimentando, scommettendo su se stessi, mettendosi alla prova continuamente per raggiungere infine ciò che l’idea creativa si era prefissata. La cifra espressiva di Lanteri è come un marchio di qualità che permette di riconoscerne le opere tra mille, anche perché, a dire il vero, sono pochissimi i pittori che possono permettersi equilibrismi tecnici di così alta maestrìa. Un po’ bottega-atelier, un po’ museo e dimora nobiliare, il suo studio vive di luce, proprio come le grandi tele, completate e appese alle pareti, o abbozzate e svelatrici di arcane alchimie.
I segreti stilistici di Lanteri sono però difficili da carpire anche dagli addetti ai lavori, perché certi effetti cromatici e luministici, certe trasparenze azzardate sono il risultato di intuizioni e riflessioni, abilità e delicata armonia, semplici ma al tempo stesso complessi processi di studio ed elaborazione della materia pittorica. La misura e l’equilibrio formale connotano ogni sua creazione, mentre nella sperimentazione geometrizzante abbinata a una rilettura del nudo e del ritratto sta la sintesi di gusti, idee, fantasie, sogni.
Ecco, libertà espressiva e mentale nel porsi al cospetto della tela bianca, mestiere e disciplina severa e raffinata nell’esecuzione: potrebbe sembrare una contrapposizione in termini, che diventa però magica ricetta da cui nascono pulsioni creative inarrestabili. Per Lanteri dipingere è un’esperienza totalizzante, che scaturisce dall’anima e, in fondo, da una visione mistica dell’uomo e del creato, ma anche dell’arte intesa come strumento per svelare se stessi o il proprio doppio, in una continua alternanza di ataviche contrapposizioni. Persino il rapporto dell’artista con il mondo esterno viene quotidianamente e familiarmente filtrato da Filippo Mangione, il suo manager di fiducia, amico e consigliere, quasi il pittore volesse ritrarsi alle brutture della vita per dedicare ogni energia, ogni stilla creativa alla sua musa. Un’ultima nota sul disegno: matite, sanguigne, penne acquerellate, seppia trovano nella loro intrinseca natura leggiadra e soffusa la perfetta espressione di un intimismo schivo e riservato proprio dell’artista, reso ancora più profondo dall’intensità emotiva delle rappresentazioni.
Il pittore delle “teste coronate”
Allievo di Pietro Annigoni, raffinatissimo ritrattista noto in tutto il mondo, il maestro Lanteri ha approfondito nel corso della sua carriera l’indagine psicologica dei personaggi da lui immortalati sulla tela, restituendone un’immagine non soltanto realista, ma anche carica di simbologia. Da Papa Giovanni Paolo II a Valentino, dal cantante Luca Carboni al Cardinal Saldarini, dai Reali di Spagna e dai Savoia alla Regina Beatrice d’Olanda, i ritratti di Lanteri sono conservati nelle maggiori collezioni private e pubbliche di mezzo mondo. Questo suo amore per la persona umana, sviscerata dal profondo e resa immortale dalla sua opera, trova nelle composizioni storiche di Lanteri quella che si potrebbe definire “teologia del quotidiano”, cioè la trasposizione del mondo e della realtà contemporanea in un alone di sacrale spiritualità. E’ il caso, ad esempio, della splendida “Ultima Cena”, in cui alcuni apostoli assumono le sembianze degli amici del pittore, o di lui stesso, in una trasposizione immaginifica di realtà e fantasia. L’anatomia, il suo studio, la perfetta conoscenza di muscoli e tessuti, unita ad una visione poetica del mondo, rendono Lanteri pittore illuminista e romantico al tempo stesso, che gioca con ironia e scanzonato divertimento tra antico e moderno, tra mito e storia.
di Guido Folco