Rossano Sportiello per Traspi.net

Luglio 1, 2006 in Musica da Claris

Tra i protagonisti più attesi del XXII JazzAscona festival, c’è un nome italiano, accanto alle leggende di New Orleans: Rossano Sportiello, probabilmente più conosciuto all’estero che in patria, pianista completo ed eclettico. Napoletano di origine, ma milanese d’adozione, elegante nei modi e nella parola quanto alla tastiera, l’abbiamo incontrato al termine di un concerto mentre i fan facevano la fila per complimentarsi con lui. L’aspetto è di un professore, sempre curato, ma con la giusta grinta, quella che ne fa un musicista eccezionale, frequentemente invitato negli Stati Uniti per accompagnare grandi del jazz tradizionale, come Rebecca Kilgore e Dan Barret. Virtuoso della tastiera, affronta qualsiasi partitura con grande naturalezza e rara sensibilità, come potrete ascoltare oggi all’hotel Piazza (ore 12.00) e domani alle 22.00 alla Dannemann lounge.

Rossano SportielloNel programma del JazzAscona 2006 sei inserito come ‘ospite speciale’ ed ogni sera ti esibisci con differenti artisti, da Shannon Powell a John Allred, da Reggie Johnson a Eddie Locke.

Mi considero molto fortunato quest’anno a partecipare al Festival insieme ad alcuni dei musicisti che più ammiro e stimo. Non avrei proprio potuto aspettarmi di meglio dall’organizzazione. In particolare è un grande onore poter suonare con Eddie Locke, strepitoso batterista, collaboratore a sua volta di personaggi leggendari quali Coleman Hawkins e Roy Eldridge.

Le acclamazioni, prima, durante e dopo le tue esibizioni, sono entusiastiche. Che emozioni provi sapendo che la gente viene a sentire proprio te?

Intanto una grande soddisfazione, che va di pari passo, all’inizio di ogni concerto, con il leggero timore di non riuscire ad appagare le aspettative crescenti del pubblico. Questo peso psicologico sparisce subito, però, quando si inizia a suonare il primo pezzo, quando è la musica stessa a darti maggiore ispirazione. La preoccupazione è momentanea soprattutto in una situazione ambientale ottimale come è quella di Ascona, con accanto tanti musicisti di calibro elevato.

Tutti gli applausi rappresentano comunque uno stimolo a suonare meglio, un punto di partenza per fare di più. Il problema, se mai, è come riuscirci. Penso che la via migliore sia ascoltare chi si ritiene irraggiungibile e provare a prendere la stessa direzione, il che non significa per nulla imitare gli altri.

Gli USA sono la culla del jazz. A questo genere, per eccellenza nero e d’oltreoceano, tu cerchi di aggiungere qualcosa che appartiene alla tradizione musicale italiana?

In realtà provo a fare l’opposto, ovvero ad americanizzarmi il più possibile. Comunque il senso melodico italiano ha influenzato il jazz. Anche il grande Louis Armstrong, re del fraseggio, era un appassionato di Enrico Caruso.

Quale musica ascolti con più piacere?

In primis sono un appassionato della musica popolare napoletana; poi, a parte il rock e l’heavy metal, amo sentire qualsiasi tipo di musica, soprattutto quella classica ed, ovviamente, tutto il repertorio jazz.

Il pianoforte magari non è il re tra gli strumenti jazz, ma emana un fascino tutto particolare, che cosa ne pensi?

Sicuramente il pianoforte è più famoso nella musica classica, ma non sono d’accordo nel considerarlo uno strumento meno importante nei complessi jazz, se non altro perché era presente anche nella prima registrazione ufficiale di musica jazz, quella dell’Original Dixieland Jazz Band, avvenuta nel 1917. Inoltre nomi come James P. Johnson o Bill Evans rimangono indimenticabili.

Il fascino del pianoforte, invece, è indubbio e ha delle precise motivazioni acustiche. E’ l’unico strumento che permette di suonare degli accordi completi, con delle capacità timbriche che vanno oltre qualsiasi aspettativa, tanto che si può anche simulare un organo. Il pianoforte può rappresentare da solo un’orchestra!

Per te il jazz è più filosofia o più poesia?

Entrambe le cose. Credo che filosofia e poesia siano sempre a stesso contatto nell’ispirazione artistica, nell’armonia. Forse nel jazz l’aspetto filosofico è più inconsapevole, mentre l’espressione poetica è più evidente, si accompagna ed è un tutt’uno con la bellezza dei suoni.

Che cosa desideri trasmettere con la tua musica?

Vorrei che quello che suono sia sempre comprensibile a tutti, sia fonte di divertimento, inteso non come cabaret, ma come svago. Ecco, vorrei trasmettere gioia e positività. Il mio scopo è che il pubblico torni a casa consapevole e arricchito dopo avermi sentito suonare.

di Claudio Arissone