Recensendo Manon

Novembre 17, 2005 in Spettacoli da Marcella Trapani

manon 2Il balletto Histoire de Manon, in cartellone al Teatro Regio in questi giorni, è stato ribattezzato così dal suo ideatore e coreografo K. MacMillan per distinguerlo dall’opera lirica in cinque atti, Manon di J. Massenet. L’opera si basa sul libretto di H. Meilhac e Ph. Gille, tratto dal romanzo settecentesco dell’Abbé Prévost, che debuttò all’Opéra Comique a Parigi nel 1884.

Il balletto, in tre atti, non si avvale delle musiche della Manon di Massenet, bensì di una serie di brani tratti da varie sue opere a cura di L. Lucas.

La versione vista il 16 novembre non aveva come protagonisti le due étoiles< ospiti, D. Bussell e R. Bolle, che hanno danzato solo durante le prime tre serate dello spettacolo, ma G. Gelati, prima ballerina del Teatro alla Scala, nel ruolo del titolo e A. Volpintesta in quello di Des Grieux. L’immorale fratello di Manon, Lescaut, condannato anch’egli a una brutta fine, era A. Grillo, la sua amante D. Gismondi e il vecchio Monsieur Guillot de Morfontaine F. Sedeño, primo ballerino. Scene e costumi di N. Georgiadis, il direttore di orchestra D. Galforth.

L’Histoire (1974) è il terzo dei sei grandi lavori di Macmillian, dopo Romeo e Giulietta, ideato nel 1965 per M. Fontaine e R. Nureiev, e Anastasia (1971) ed è un eccellente esempio della sua creatività nella fusione di tradizione e spirito innovativo, della sapienza coreografica nel delineare il fascino della protagonista e creare splendidi ruoli maschili.

La vicenda di Manon è sicuramente una storia crudele e totalmente misogina, dal momento che la protagonista non solo seduce il giovane Des Grieux, distogliendolo dai suoi propositi di prendere i voti, ma poi, attratta più dal danaro e dai gioielli nonché sottoposta a pressioni da parte del fratello, decide (?) di darsi a Monsieur G.M., abbandonando il giovane amante. Non contenta, lo rovina anche nella reputazione e nei suoi valori quando lo spinge a barare durante una partita a carte con il suo rivale. Scoperto il loro gioco, i due amanti sono costretti alla fuga e nel parapiglia che ne consegue Lescaut viene ucciso dai gendarmi convocati da G.M.

Insomma, Manon è una creatura incorreggibile che nella sua breve vita costellata di errori trascina con sé alla rovina il virtuoso Des Grieux. E tuttavia non possiamo non provare pena per questa donna che l’Abbé Prévot ha condannato all’infelicità e infine alla morte nella colonia penale. Non c’è una scena dell’Histoire in cui Manon non sia circondata da uno o più uomini che in alcune scene la “manovrano” non solo psicologicamente ma anche proprio fisicamente, come fosse un pupazzo. Non c’è quasi mai una scena in cui Manon non sia associata ai gioielli, al denaro, alla lotta per la sopravvivenza. Povera Manon! E su tutte queste terribili circostanze, sulla vita di prima nella casa di Madame, sulla scelta-non scelta di Manon, sulla violenza fisica e psicologica da lei subita da parte del carceriere della colonia francese in Louisiana, si cala la musica leggiadra di J. Massenet, tratta da Don Quichotte, da Grisélides, da Le Cid, da Sapho, opere tutte scritte negli anni successivi a Manon. Non va dimenticato che nel 1894 Massenet riprese la vicenda di Manon nell’atto unico Le portrait de Manon che rievoca la vecchiaia del cavaliere Des Grieux attraverso i suoi ricordi e lo specchio deformante delle melodie di Manon. La matrice della musica di Massenet è da ricercare quindi nel sentimento dell’elegia, della malinconia che sfuma nel crepuscolare più che nella narrazione vera e propria. Una malinconia che è espressione, forse, della coscienza della società borghese della fine del XIX secolo.

di Marcella Trapani