Psicopatologia di una corporation

Novembre 1, 2004 in Cinema da Redazione

Titolo: The Corporation
Regia: Jennifer Abbott e Mark Achbar
Con: Jane Akre , Ray Anderson , Maude Barlow , Noam Chomsky , Naomi Klein
Girato: Canada 2003

the corporationSe da qualche tempo vi sembra di vivere in un mondo che nuoce gravemente alla vita e non capite da cosa questo derivi, andate a vedere “The Corporation”.

Non vi darà risposte e novità assolute ma vi offrirà un punto di vista inedito sulla piega che il mondo sta prendendo e su qualche “perché”.

Il Festival Cinemambiente porta da sette anni sugli schermi del Cinema Massimo film, documentari, film di animazione che ci parlano della natura e degli abusi che l’uomo infligge all’ambiente.

Questa rassegna ha mostrato come non si possa separare la salvaguardia della natura dalla società, dall’economia e dalla politica.

I disastri ecologici sono spesso legati alle guerre. Genocidi, interessi economici e distruzione della natura vanno di pari passo.

Il problema è complesso e non è risolvibile se non con la volontà politica di preservare l’ecosistema, homo sapiens – o videns – compreso.

Joel Bakan, professore di diritto che ha accompagnato il film al Festival Cinemambiente, ha lavorato parallelamente alla stesura del libro “The Corporation: La patologica ricerca del profitto e del potere”, edito in Italia dalla Fandango, e alla sceneggiatura del film.

Questa pellicola lunga ma incalzante è stata finanziata da soldi pubblici dello stato canadese che ha ritenuto il documentario di pubblico interesse.

Questo non è un particolare ininfluente!

Questa decisione presuppone un’etica dietro alla scelta del Canada e presuppone che l’interesse della popolazione sia un valore fondante della nazione.

Guardando “The Corporation” emerge invece l’aberrante e mortifera legge delle corporazioni, società di capitali il cui unico “bene” è il profitto degli azionisti.

Joel Bakan ha unito le proprie conoscenze di psicologia allo studio della legge ed è giunto ad una sorprendente descrizione del comportamento delle corporation.

Assimilate dopo la guerra d’Indipendenza americana a persone giuridiche, le corporation hanno mostrato fin dalla loro nascita un atteggiamento tipicamente psicopatico.

Le corporation non hanno etica al di fuori del guadagno e non provano rimorsi per le tragedie umane e ambientali che provocano.

Pur essendo equiparate agli esseri umani non sembrano avere le stesse responsabilità degli uomini verso il prossimo.

Le morti, le malattie, l’inquinamento e i danni che ne derivano non ricadono sulla corporation i cui rappresentanti affermano di agire secondo le regole del mercato e non si sentono colpevoli per le azioni distruttive intraprese.

Il fatto che le corporation rubino ai poveri per dare ai ricchi non impedisce ai singoli individui che ne fanno parte di essere, nella loro sfera privata, persone profondamente umane.

Dove sta l’inghippo?

Il problema è che la politica ha abdicato alla propria storica funzione di guida e di protettrice dei cittadini.

Nel mondo in cui oggi viviamo il governo di uno stato può vendere tutta l’acqua, anche piovana, ad un’ azienda statunitense e stupirsi e indignarsi di fronte alla ribellione del popolo che rivendica ciò che è suo diritto inalienabile.

Nel nostro “wonderful world” multinazionali brevettano esseri viventi e tentano di monopolizzare le colture con piante annuali facendo sì che tutti coltivino le stesse specie, in barba alla biodiversità e alle tasche dei coltivatori diretti che pagano i semi a carissimo prezzo.

“The Corporation” mostra la reazione di chi si oppone all’impoverimento che pochi vogliono imporre al mondo e mostra gli eredi della rimpianta stirpe degli imprenditori illuminati.

Il capo di una azienda specializzata in moquettes testimonia la propria presa di coscienza di fronte all’inquinamento prodotto e il suo successivo desiderio di rendere la sua una società “ad impatto zero” entro il 2020.

A Torino, proprio in questi giorni, sembra che qualcosa possa cambiare e a noi ricchi del mondo spetti il compito di rivendicare una giustizia sociale per l’occidente, per il “secondo” e il “terzo mondo”.

Il Festival Cinemambiente e Terra Madre hanno indicato una via possibile che privilegi i viventi ai marchi delle multinazionali.

di Elena Bottari