L’inconfondibile essenza dell’essere | Sudate Carte Racconti I edizione

Dicembre 23, 2002 in Sudate Carte da Redazione

A guardarlo si sarebbe detto che Enrico fosse un ragazzo normale, uno come tanti altri. Tuttavia, bastava che si passasse con lui un po’ di tempo per capire che nel suo modo di comportarsi c’era qualcosa di strano. Già da più giorni lo avevo notato mentre camminava lungo i corridoi dell’Ateneo. Di lui, ciò che fin da subito attirò la mia attenzione, fu l’estrema lentezza dei suoi movimenti. Notò che lo stavo osservando e mi chiese dove fossero i bagni. Gli spiegai che una volta arrivato in fondo al corridoio avrebbe dovuto girare a sinistra.
– Troppo lontano – mi disse in tono sconsolato – Farò tardi a lezione.

Il giorno seguente vidi Enrico al corso di Analisi. Nel bel mezzo della lezione lo vidi togliersi il maglione grigio. Dopo poco tempo fu la volta della camicia, poi, toccò alla maglietta. Faceva caldo nell’aula dove si teneva lezione ma non al punto da rimanere in canottiera. Alcuni ragazzi, notandolo, presero a bisbigliare e a ridere fra loro. Intanto, fuori, era iniziato a nevicare.

Ebbro di gioia Enrico si rotolava in mezzo alla neve nei giardini davanti al Poli. La gente passava, lo guardava, e non si fermava. Io stetti lì a fissarlo per un pò, mentre con le mani nude afferrava quelle pioggia di lucciole bianche che venivano giù dal cielo e con la bocca cercava di afferrarne quante più poteva. Lo guardai. Mi guardò. Gli sorrisi. Mi sorrise. Fu così che ebbe inizio la nostra amicizia. Enrico, allora, fece una grossa palla di neve e me la lanciò contro. La evitai e passai al contrattacco ma lui, invece di schivare i miei colpi, si metteva proprio sotto tiro, così da farsi colpire in pieno.
– Ma sei matto? – gli domandai.
– No – rispose lui – Ho soltanto caldo – e rise.

Enrico era una persona che metteva allegria. Ma aveva un problema: iperidròsi. Accadeva cioè, che in certi momenti della giornata, il suo corpo cominciava a non funzionare più come avrebbe dovuto e quando questo accadeva, Enrico cominciava a sudare. I medici gli avevano diagnosticato un’alterazione all’equilibrio nervoso vegetativo e, questo, dopo averlo tenuto sotto osservazione per quasi un anno.
– Le ghiandole sudoripare – mi spiegava – hanno un’importante funzione termoregolatrice e mantengono la temperatura del corpo costante quando varia quella dell’ambiente. Il mio problema è che esse funzionano troppo, sono cioè iperattive.
Scoppiai a ridere: – Ma non dire scemenze!
– D’accordo, tu resta a guardare.-
Smisi di ridere e allora Enrico cominciò col respirare lentamente: uno, due, tre volte. Poi, con uno scatto veloce iniziò a correre, fermandosi ansimante dopo una decina di metri. Per un attimo, dubitai della sanità mentale del mio amico. Tuttavia, quando mi avvicinai a lui e lo toccai perché si voltasse, mi resi conto che non era solo sudato ma addirittura bagnato.
Non riuscivo a credere ai miei occhi. Enrico si tolse la canottiera e la strizzò davanti a me. Poi, ne tirò fuori un’altra dalla borsa e si cambiò. Vidi allora che con sè ne aveva molte altre.

Per via di questo problema, Enrico era costretto a girare con una borsa piena di canottiere e magliette. Ciò nonostante, lui rideva del suo problema e aveva imparato a conviverci.
-Ci sono giorni- mi confidò – dove non c’è ora in cui non faccia una doccia. L’unico sport che posso praticare è il nuoto, niente calcio, niente corse, niente di niente. A volte sudo anche quando sto seduto a studiare perché vedi- continuò lui- non si suda solo quando si ha caldo. Il lavoro fa sudare, lo studio fa sudare, le emozioni fanno sudare. L’uomo insomma “traspira”.
Sì, Enrico era un filosofo del sudore.
-Ma non c’è proprio niente da fare?-chiesi io.
-E che vuoi farci? E’ l’ipotalamo che controlla la temperatura del corpo e sfiga vuole che si trovi nel cervello. Bisogna solo ricordarsi di bere, bere moltissimo e integrare i sali perduti. Ah, no, c’è un’altra cosa: bisogna anche lavarsi spesso.-
-Già- feci io – il sudore puzza.-
-Ma che dici?- mi riprese lui – il sudore non puzza, odora. Molti non riescono più ad apprezzarne l’odore che, credimi, a volte è meglio di quello di alcuni deodoranti. Io posso assicurarti che l’odore del sudore è buono ed è buono perché è l’odore dell’uomo. Puzza solo chi non si lava, ma uno che si lava e suda allora odora, ed odora di buono.
Non osai contraddirlo per evitare che si scaldasse e, in genere, quando Enrico si scaldava per qualche discussione, allora prendeva a sudare. Resta comunque il fatto che, pur amando l’odore del sudore, per una questione d’igiene, Enrico era solito radersi le ascelle e il pube…e altro. Il fastidio peggiore però, era il bruciore che provava a causa delle irritazioni della pelle, specie nella zona interna alla cosce, dovute allo sfregamento dei pantaloni con la parte sudata. Talvolta, il fastidio era così insopportabile che per calmare il bruciore e far sparire il rossore, Enrico doveva usare spesso delle creme idratanti ed evitare di indossare le mutande.

Enrico ed io studiavamo insieme quasi ogni giorno. Durante le pause io prendevo un caffè, lui si scolava letteralmente le bottigliette d’acqua delle macchinette. Non lo vidi mai bere qualcosa di caldo. Quando uscivamo, anche in pieno inverno, era sempre vestito leggero. Non portava guanti, né sciarpa, né giubbotto mentre io tremavo dal freddo. E lui rideva.
Talvolta però, era Enrico a sacrificarsi e allora andavamo in un locale a bere qualcosa: io un cappuccino, lui una bibita con ghiaccio, ma poco dopo si doveva uscire, per via del riscaldamento, ché Enrico cominciava a gocciolare.

Fu proprio uscendo con lui che quell’anno mi presi una bella influenza che mi costrinse a passare diversi giorni a letto con la febbre alta. La notte sudavo e avevo freddo.
Quando venne a trovarmi, Enrico mi raccontò che non aveva sempre sofferto di iperidròsi. Si ricordava che il problema si era presentato così, all’improvviso, il giorno dopo aver passato una nottata d’inferno con la febbre altissima tanto che i suoi genitori, preoccupatissimi, avevano dovuto chiamare il medico. Da quel giorno il fatto di sudare era diventato per Enrico un vero problema.
Io restavo ad ascoltarlo temendo che, da lì a poco, la stessa sorte sua sarebbe toccata a me. Già mi vedevo vivere in una piscina sotto stretta osservazione di decine di medici e luminari di scienza venuti a studiarmi da ogni parte del mondo. Ma io fui più fortunato.

Di giorno in giorno Enrico andava peggiorando. Sembrava che il suo corpo non riuscisse più a trattenere i liquidi. Faticava a respirare, a muoversi, a parlare. Non venne più al Poli ma io andavo a trovarlo tutti i giorni, finite le lezioni, per raccontargli tutto ciò che si faceva durante la mattinata. A Enrico piaceva ascoltarmi, diceva che lo distraeva dal suo problema.
Gli esami del sangue rivelarono valori fuori dalla norma e dalla TAC risultò una piccola macchia scura in prossimità dell’ipotalamo. Nessuno osava dire di più.
Poi, la situazione migliorò lentamente lasciando però un certo scetticismo tra i medici..

Quel giorno vennero appese le graduatorie degli studenti che avevano partecipato al progetto ERASMUS. Enrico era fra i vincitori. Destinazione: Scandinavia.
Enrico ed io passammo l’ultimo mese prima della partenza stando sempre insieme. Visitammo tutti i musei di Torino e il giorno prima di partire salimmo sulla mole. Nessuno dei due era superstizioso. Da lassù il nostro sguardo padroneggiava la città e si perdeva sulle colline e ancora più in là, oltre le montagne. Da lassù Torino era nostra.
Dopo la partenza, di Enrico non ebbi più notizia. Qualcosa mi diceva che dalla Scandinavia non sarebbe più tornato. Spero stia bene. Di Enrico ho ancora una delle sue magliette, di quelle che si cambiava spesso quando veniva a casa mia e sudava.
Mi dimenticai di rendergliela. È buffo però, nonostante mia madre l’avesse lavata mi è ancora possibile sentire quell’odore inconfondibile e pungente di sudore e, allora, è come se Enrico non fosse mai partito.

di Alessio Colanton
i