Festa per Re Mohammed

Agosto 3, 2003 in Attualità da Adriana Cesarò

In occasione del Quarto Anniversario dell’avvento al Trono di Sua Maestà Re Mohammed VI è stata organizzata, mercoledì 30 luglio, una grande festa regale presso i saloni del Jolly Hotel Ligure. Il Console Generale del Marocco a Torino Hafid Benchemsi e signora, in splendidi abiti tradizionali, hanno ricevuto oltre cinquecento invitati della comunità marocchina, esponenti ed autorità civili e militari torinese. Presente il Prefetto Achille Catalani. Un ricevimento da sogno, un’eleganza sfarzosa ma rigorosamente tradizionale, signore avvolte in coloratissimi costumi, ricchi di ricami e preziose fantasie dei tessuti.

Il Console Benchemsi insieme all’elegante moglie, hanno accolto tutti gli ospiti con grande cordialità Questo evento è molto importante per la nostra cultura – ha detto Hafid Benchemsi – un appuntamento e una ricorrenza nazionale che viene festeggiata in tutte le sedi diplomatiche, un’occasione che condividiamo piacevolmente con tutti gli amici torinesi e marocchini.

[© Foto a cura di Adriana Cesarò]

Una serata di intensi profumi e dell’immancabile te alla menta Per noi versare il te nel bicchiere è un rito, un piacere, una tradizione legata alla gentilezza – ha spiegato l’addetto – una cortesia rivolta all’ospite con cui assaporare tranquillamente un momento di convivialità. Una festa molto attesa che riunisce diplomatici, professori, artigiani, commercianti, studenti e lavoratori marocchini che hanno scelto di vivere nella nostra città.

Una serata all’insegna del gusto, dei sapori spezziate della cucina tradizionale, dei dolci al miele, sesami, mandorle e pistacchi, della musica suadente ma sopratutto una grande riunione di famiglie, di amici e parenti con la voglia di ritrovare, a Torino, un angolo della lontana Patria. Una serata che ha festeggiato il grande avvenimento nazionale, con una gigantesca torta rappresentante la bandiera del Marocco, in onore a Re Mohammed VI per continuare a condividere, conversare ed assaporare la propria cultura.

di Adriana Cesarò