Dalla Repubblica Centrafricana (II)

Luglio 23, 2001 in Viaggi e Turismo da Redazione

24819(1)Buongiorno a tutti i miei cari lettori, e benvenuti nel mio secondo bollettino centrafricano. Qualche pensiero sparso perché il tempo a disposizione per scrivervi è limitato…

Nel villaggio

Se tutti qui sanno sopportare, le donne dei villaggi ovviamente sanno sopportare di più, sempre intente a qualche tipo di lavoro fisico e sempre con un bambino nato da poco legato sul dorso. L’emancipazione femminile può funzionare, ma mi pare che sia più cosa da ambiente urbano. In ambiente rurale persino Sylvie, che sta comunque preparando la tesi di laurea in medicina e che viaggia con noi, pare non ritenga di avere il diritto di partecipare alla conversazione, e soltanto alla sera, lontano dai tre uomini del gruppo, mi racconta qualcosa di sé, che é madre single di una bambina di tre anni, che suo papà é morto giovane perché era militare ai tempi di Bokassa, che conosce un posto dove si trovano delle ottime zucche e che me ne porterà una a casa (promessa mantenuta, la zucca era ottima).

Bossangoa é forse la città più importante del Nord-Ovest: ai nostri occhi, é un grosso villaggio, sparpagliato lungo una sponda dll’Ouham, fiume di ippopotami e di filaria (quella dell’oncocercosi: e ci sono davvero tanto ciechi da oncocercosi, a Bossangoa). Le costruzioni importanti sono la Cattedrale, la Prefettura, Sottoprefettura, Tribunale e Ufficio Tributi, la SOCOCA (Socierà Cotonifera), poi varie altre chiese e missioni cattoliche e protestanti, la moschea, il dispensario. L’acqua corrente c’é per loro e anche per le case dei missionari, funzionari ed espatriati (noi), però é spesso interrotta perché manca il carburante per pomparla. L’elettricità ha gli stessi utenti, ma manca da un paio di mesi e non pare che si stiano facendo molti sforzi per ripristinarla, tanto chi proprio ci tiene ha il gruppo elettrogeno (SOCOCA, Ospedale, clero)…

Da casa vediamo il fiume. Posso andare a piedi al ponte e ritornare, il sentiero si snoda fra l’argine e gli orti e mi permette di impiegare in modo intelligente quaranta minuti del mio tempo, però é meglio farlo prima delle sette perché dopo fa troppo caldo. Lungo il sentiero scorre un fiume di gente, le donne tutte con un carico in testa e un bambino piccolo sul dorso, e tutti bisogna salutare, bara-o, bara-lo, bonjour, e loro ti rispondono “merci”, “grazie”, e grazie di che, scusate? Non devi mica ringraziarmi perché ti ho salutato, é un gesto cortese cui ero tenuta, questo “merci” mi suona di coloniale, mi evoca quel servilismo di superficie per cui il guardiano ti chiama “patronne” e tu “no! S’il te plait pas patronne, madame, pas patronne », per favore non chiamarmi Capo e soprattutto non Padrona.

La vita quotidiana

Noi pure abbiamo preso il ritmo locale, a nanna alle 9-10, svegli alle 5.30-6, colazione con pane e miele e caffè e a volte ci si sintonizza pure su RADIODUE delle sette e trenta per capire cosa capiti in Italia, ma ci pare che non capiti quasi niente a parte qualche genitoricidio, eppoi per fortuna “in serie B è giunta fino al termine la trionfale cavalcata del Chievo”, ecco una bella notizia finalmente. A Bossangoa c’é un posto telefonico pubblico, si può pure chiamare l’Europa però non é detto che il Servizio funzioni sempre. Ci sono due mercati, quello del mattino, vicino a casa, dove passeggiando fra capre e maiali si possono comperare l’insalata e i pomodori e la papaya e gli aranci e i pompelmi e il sale e il sapone e la carta igienica e il pesce e la manioca, quello della sera dei musulmani dove si trovano il pane migliore e le stoffe migliori direttamente importate dal Camerun…

di raffa