Chi non crede alle fate?

Dicembre 3, 2007 in il Traspiratore da Barbara Novarese

Quando il primo bambino rise, la sua risata si infranse in mille e mille piccoli pezzi, che si dispersero scintillando per tutto il mondo: così nacquero le fate.

[da “Peter Pan” di James M. Barrie]

Si chiamano favole. Qualcuno li chiama racconti, altri leggende. E’ lo spazio che divide il mondo dei grandi da quello dei bambini, il punto di vista degli adulti da quello dei fanciulli, dalla loro realtà depurata da pregiudizi, convenzioni, ipocrisie o censure. E’ normale un bimbo che crede nelle fate, è normale la persona adulta che non ci crede.

Che delusione quando si scopre che Babbo Natale è impersonato, a rotazione, da un membro della famiglia, che le fate sono lucciole, che gli gnomi esistono solo nei libri di fiabe, che non ci sono filtri d’amore né bacchette magiche. Eppure, c’è qualcosa d’inspiegabile nelle calde notti di mezz’estate… la chiamerei magia, ma poi penserebbero tutti che sono un po’ eccentrica (per usare un eufemismo!).

Nelle prime settimane di luglio il cielo è ricoperto di stelle come un manto ricamato di perle e diamanti. Con la luce della luna, gli alberi creano incantati giochi d’ombre, mentre grilli, cicale ed uccelli notturni cantano la semplice essenza del vivere. Minuscole luci appaiono in mezzo al grano ed i profumi di fiori si mescolano alle candele di citronella, accese per allontanare le insopportabili zanzare.

Tra i fortunati che hanno potuto addormentarsi, almeno una volta, cullati dalle morbide melodie della notte, chi può dire con assoluta certezza di non aver mai visto uno gnomo o una fata?

Mentre il calore del giorno tornava alla terra e le piante sprigionavano aromi inebrianti, chiudevo gli occhi sulla vecchia amaca di mia nonna e qualcuno accarezzava i miei capelli: era un tocco gentile, leggero, tiepido come l’aria. Percepivo il suo respiro, lento e profumato; sentivo il suo silenzio, che raccontava storie fantastiche. Mi sfiorava l’idea di aprire gli occhi, ma sapevo che, chiunque fosse, probabilmente, sarebbe scomparso… e allora restavo immobile notte dopo notte, custodita dalla magia dell’estate, in una campagna di cui serbo un ricordo speciale.

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Illusione? Fantasia?

Forse entrambe, forse nessuna.

Io ero lì e d’amore mi sentivo pervasa. Un amore cosmico, tanto grande da contenere l’universo, così soave da desiderare che la notte non finisse mai. Io la chiamavo Fata. Mi bisbigliava nell’orecchio misteriose poesie che sbiadirono con il passare degli anni, come vecchie fotografie in bianco e nero. Sono rimasti accenni, parole solitarie che non hanno più nessun senso, mentre, a quel tempo, potevano far avverare sogni ed esaudire desideri.

Non importa se si tratta delle magiche fate estive, del pensiero felice di Peter Pan o della filastrocca di Mary Poppins, o delle canzoni intonate dagli spiritelli di Shakespeare in “Sogno di una notte di mezz’estate”; l’importante è non trascurare né soffocare la magia che si trova nella semplicità di ogni giorno. Quella magia che rende saporita la vita, che mantiene accesa la fiammella della speranza, che ci fa stupire di fronte ad un tramonto ed osservare le stelle nelle notti più limpide.

Il Traspiratore – Numero 59

di B. Novarese