Biodiversità & Slow Food

Ottobre 21, 2002 in Enogastronomia da Marinella Fugazza

32218(1)Biodiversità, insieme di due parole: bio dal greco bios vita e diversità cioè differenza, varietà, molteplicità. Molto semplicemente nell’etimologia della parola si racchiude il bello della vita: l’eterogeneicità, il gusto di potere scegliere fra infinite possibilità, la consapevolezza di poter riuscire a trovare ciò che più ci aggrada e ci gratifica.

Essa sarà al centro di un importante evento che si terrà alla vigilia dell’apertura ufficiale del Salone del Gusto (Torino, 23-ottobre), con l’assegnazione del Premio Slow Food per la Difesa della Biodiversità: dai ricercatori ai contadini, dai distributori ai formatori, dalle associazioni professionali agli imprenditori, tutti coloro che contribuiscono a frenare l’impoverimento del patrimonio vegetale ed animale che forma la cultura gastronomica di una nazione, e a mantenere un equilibrio sul pianeta, sono candidati ideali per il premio. Esso è ormai giunto alla sua terza edizione dopo Bologna nel 2000 (13 i premi consegnati) e Porto nel 2001 (14 i premi assegnati) e conta, per l’individuazione dei candidati, su una Giuria Internazionale composta da 700 osservatori ed esperti localizzati in ogni angolo del mondo dai quali provengono le segnalazioni sulle attività meritevoli. Il Comitato di Presidenza sceglie tra queste candidature i vincitori (13 quest’anno) e, tra di loro, la Giuria voterà per il conferimento dei cinque Premi Speciali. E’ un premio al lavoro e al frutto di questo lavoro che deve essere non solo vivo ma fruibile; esso va a ringraziare chi difende ciò che oggi ancora esiste ma viene ignorato dai più e che rischia di essere dimenticato e di scomparire se i pochi che lo difendono non vengono supportati.

La biodiversità ha come obiettivo la salvaguardia e la tutela di produzioni che contribuiscono a mantenere una scelta eterogenea nel rispetto della cultura e delle tradizioni dei popoli opponendosi, di conseguenza, alla sempre più diffusa omologazione dei gusti e globalizzazione dei mercati. Questi uomini e queste donne sono spesso solitari e anonimi: coltivano la terra, allevano bestiame, vendono sui mercati, conducono le loro ricerche, seguono le loro imprese, insegnano, ricordano, inventano nuovi modi per non dimenticare.

Spesso, leggendo le storie di queste persone, si ha l’impressione di essere trasportati dalla macchina del tempo: si viaggia attraverso il mondo con il racconto delle loro attività, e anche attraverso il tempo, ripercorrendo non solo le loro vicende personali, ma anche quelle delle nazioni, dei continenti da cui provengono.

Nella pianura di Igdir, ai piedi del Monte Ararat (Turchia) c’erano un tempo leggendarie piantagioni di albicocche: Haydar Alagoz, un agricoltore curdo, ha lavorato duro per ridare vita a quegli alberi antichi scomparsi negli anni; oggi è il fiero proprietario di un frutteto che produce magnifici esemplari di quelle albicocche “grosse come pugni” della sua giovinezza.

Katsuhiko Takedomi è un biologo giapponese che, con un cambiamento radicale dato alla propria vita, si è dedicato alla coltivazione del riso antico (kodai mai) e delle sue varietà: riso nero, rosso e verde scontrandosi con l’ostilità dei contadini confinanti, preoccupati dal fatto che il riso “colorato” possa contaminare le loro coltivazioni di riso bianco.

Caramelle, cioccolatini, biscotti a base di coca: si deve ad un medico italiano, Emma Cucchi Luini, il tentativo di valorizzazione della foglia di coca, pianta straordinaria ed alimento ricchissimo consumato dalle popolazioni andine da millenni, caduta in disgrazia a causa del suo derivato, la devastante cocaina; insieme ad altre persone fonda un’associazione che ha l’obiettivo di riportare il consumo di coca tra gli indigeni, ma anche tra i turisti che visitano il Perù e che, per ora, dà lavoro ad una decina di giovani con situazioni familiari difficili.

Nel cuore della Tessaglia, a pochi chilometri da Kalambaka, nasce, nel 1948, Dimitrios Dimos. Dopo la laurea in scienze economiche e svariati lavori, l’incontro con alcuni veterinari ed esperti di razze autoctone greche cambierà la sua vita. Oggi l’allevamento di Dimitrios assomiglia sempre di più ad una vera e propria arca; egli ha imbarcato: la mucca di Katerini (bovino di ceppo steppico attestato in Grecia fin dall’antichità ed in via di estinzione), i maialini neri “greco-antico”, capre di razza Skopelos, Ouloceratica o di Kymi, pecore di Karystos, pony e cavalli della Tessaglia o di Creta. Ha riunito la biodiversità di razze animali ormai in procinto di scomparire salvaguardandole e ponendo delle solide basi per la loro sopravvivenza.

Questi descritti sono solo un esempio rappresentativo dei 13 personaggi che, quest’anno, riceveranno il Premio: personaggi emblematici per quanti considerano l’agricoltura e l’alimentazione espressioni della cultura e dell’identità di un popolo, radici nel passato e prospettiva di sviluppo per il futuro.

di Marinella Fugazza