Ukraina tak, Ukraina nie

Gennaio 6, 2005 in Medley da Redazione

C’era una volta la Borghazia. Era un Paese di una certa taglia, una cinquantina di milioni di abitanti su un territorio superiore a quello dell’Italia. Un giorno i cittadini di questa gloriosa nazione, ma purtroppo giovane repubblica, furono chiamati a eleggere colui che avrebbe guidato il Paese nei successivi 5 anni. Durante la campagna elettorale furono toccati i nervi più scoperti della società, ed in particolare quello della visione economica del Paese. Una parte, quella di sud-ovest, vedeva bene liberalizzare l’economia ed i mercati, per dare spazio alle tante iniziative che fiorivano nell’area. Il nord-est era più per un protezionismo per il mercato interno ma con una forte implicazione nei mercati esterni di capitali, merci e servizi nazionali.

Il risultato delle urne fu subito attaccato dalle due parti, ognuna convinta di aver vinto lo scrutinio e di aver subito frodi da parte dell’altra. La popolazione scese in piazza a sostegno dei rispettivi candidati ed il Paese e le sue istituzioni si bloccarono per quasi due mesi. Sempre di più le diverse aree geografiche si misero in contrapposizione, e minacciarono di separarsi dall’altra se il proprio candidato non fosse divenuto il legittimo vincitore. Fu questa in effetti la soluzione adottata, vista l’incapacità delle leggi e degli organi statali a risolvere il contenzioso.

Il sud-ovest divenne la Molossia, il resto del Paese la Borelia. Per cinque anni i due Paesi seguirono le loro strade, con saltuari momenti di frizione quando le due diplomazie si ritrovavano a risolvere problemi comuni o frontalieri. Alla scadenza dei mandati, le due nazioni si presentarono puntuali alle urne. Malauguratamente i risultati di entrambe le consultazioni risultarono ancora una volta confusi, e le stesse avevano risvegliato vecchie separazioni, passate in sordina al momento della scissione della Borghazia. In Molossia le differenze religiose erano a fondamento di una frattura tra il nord ed il sud. In Borelia la minoranza langacca, principalmente concentrata all’est, voleva più riconoscenza, tramite il proprio candidato che, sostenevano, aveva vinto le elezioni.

Risultato: nacquero la Molacchia Riformista e la Molacchia del Sud, la Borelia Occidentale e la Repubblica Langac.

Per vent’anni, ad ogni legislativa, la maturità democratica della popolazione e delle istituzioni portarono a scissioni più o meno amicali. Da quattro gli Stati divennero otto, fino ad arrivare alle attuali 13 (alcune si sono ad oggi riunite, come la Sassia, nata da una costola della fu Molassia, e la frontaliera Zurkan, già in territorio della Borelia Occidentale; altre hanno preferito confederarsi, dando vita alla Confederazione degli Stati Moderati del Nord Frangiano). Tutti questi francobolli, che fanno ormai sembrare le cartine geografiche della loro parte di continente il patchwork di qualche artista post moderno, hanno finalmente trovato una loro stabilità, ma perso qualsiasi credibilità ed influenza presso la comunità internazionale.

Si spera che questo non debba essere il destino dell’Ukraina, scossa in questi giorni dalle vicende che vedono opporsi i filo-europei che sostengono Yushchenko ed i russofoni che spalleggiano Yanukovich. Si spera che le autorità possano redimere la contesa in modo democratico. Si spera soprattutto che tutto ciò passi attraverso un processo civile, senza violenze e disordini, attraverso vie legittime e di libertà.

Per ora, invece di moltiplicare i territori, l’Ukraina ha sortito l’effetto contrario. È l’unica nazione al mondo, che io sappia, che possa vantarsi di avere tre presidenti della Repubblica allo stesso momento: uno alla fine del mandato, l’altro riconosciuto dal comitato elettorale ed in attesa dell’investitura, l’altro che ha giurato in Parlamento. E nessuno in grado di operare nel suo ruolo istituzionale normale.

di Pan Kiitos