TraspiCampiello01
Luglio 18, 2004 in Libri da Stefano Mola
Titolo: | La masseria delle allodole |
Autore: | Antonia Arslan |
Casa editrice: | Rizzoli |
Prezzo: | € 15.00 |
Pagine: | 234 |
L’identità è uno dei nostri principali problemi. Cercare di capire chi siamo, perché siamo qui, che cosa ci fa diversi oppure unici, è un tarlo che probabilmente non può abbandonarci mai. Abbiamo bisogno di poterci infilarci una maglietta, una divisa, qualcosa che ci permetta di dire a noi stessi: ecco, io sono questo. Può capitare che la maglietta ci stia stretta, che a guardarla bene ci troviamo dei buchi, oppure che un giorno decidiamo di sfilarcela e gettarla in un fosso, salvo magari provare un brivido di freddo qualche secondo più tardi.
Il fatto è che purtroppo, spesso, il tutto non si riduce a indossare una maglietta rossa piuttosto che blu. A volte, come ha scritto Montale, sappiamo soltanto quello che non siamo, oppure quello che non vogliamo. Oppure chi non vogliamo. Ovvero, troviamo un cemento soltanto quando abbiamo tra le mani un nemico cui opporci definendolo chiaramente come diverso. E nelle versioni più drammatiche, abbiette e sanguinose, concretamente realizzate nel passato secolo più volte, dedicandoci scientificamente alla sua eliminazione. Gli ebrei, per esempio. Oppure, come in questo libro, gli armeni.
Tra il 1915 e il 1918, l’impero ottomano decise la deportazione degli armeni che vivevano in Anatolia verso la Siria e la Mesopotamia. Durante il trasferimento, e i massacri che lo precedettero, ne furono uccisi circa un milione e mezzo. Dire il numero, metterlo sulla carta, è qualcosa che certamente occorre fare. Eppure, al tempo stesso, nella sua incombente e fredda mostruosità, allontana. Vengono in mente le parole di Marina Jarre: C’è infatti una perfidia nella ripetizione, perfidia che, tal quale l’enormità delle cifre, contribuisce a rendere astratti gli avvenimenti, a farne oggetti di confronti e dissertazioni, a dargli al più carattere di insegnamento, a togliergli carne e sangue e urla e sangue e rantoli e sangue (Ritorno in Lettonia).
Ecco l’importanza di riportare in primo piano le storie di chi è stato travolto, e pur se cancellato dalla vita non ha oltrepassato la frontiera della disumanità. Antonia Arslan, orginariamente Arslanian, quindi con lontane origini armene, racconta in questo libro le vicende della sua famiglia in quel tempo a cavallo di quel fatidico 24 aprile 1915, giorno in cui parte l’eccidio. Ritroviamo quindi qui, ricostruite con delicata umanità che si concentra sui piccoli gesti quotidiani, la saga degli Arslanian, di due fratelli che con le loro scelte differenti hanno generato per i loro figli due destini opposti. Il fratello maggiore, Yerwant, lascia l’Armenia, studia a Venezia, diventa medico di successo a Padova. Sempad, meno avventuroso, più legato alle tradizioni, resta in Anatolia, ha una farmacia e una numerosa famiglia che rispecchia i valori e la cultura del popolo armeno, come l’ospitalità festosa, l’intraprendenza mercantile, la religiosità tollerante.
Proprio nel 1915 i due fratelli decidono di riunirsi: Yerwant con la famiglia progetta di tornare in Anatolia con due automobili, carico di doni e di nostalgia. Sempad prepara nella villa in campagna, la masseria delle allodole, un’accoglienza degna di questo affettuoso evento. Proprio a questo punto la guerra lacera ogni cosa, dando l’avvio al genocidio e alla deportazione. Nel seguire le donne nel loro viaggio a piedi verso Aleppo e i tentativi di aiuto ingegnosi e disperati di chi ha voluto loro bene, il romanzo costruisce atmosfere quasi di suspence.
Il tono generale del libro è però quello di una sospesa e filtrata dolcezza, come se ridare vita a figure della propria famiglia pur se travolte da eventi così drammatici, assurdi e dolorosi facesse comunque prevalere la dimensione affettiva.
Alcuni link per approfondire la vicenda armena:
Sito della comunità armena italiana
Documentazione sul genocidio
Una breve cronologia delle vicende
di Stefano Mola