The twilight zone

Ottobre 27, 2002 in il Traspiratore da Redazione

Esterno giorno. L’alba si apriva tra scorci di nuvole rosse e urla di gabbiani. Schiudendo le palpebre alla luce che filtrava dalle gelosie serrate, Rebecca realizzò che quello che aveva pensato essere stato solo un brutto sogno era realtà.

Il dammuso di cui occupava una branda sgangherata non era esattamente il nido desiderato per le isole del sole, sognato nel piovoso e lungo inverno di città. Sorridente, Giulia le si avvicinò, facendo posto per sé e la tazza di caffè; la radio accesa “…I’m not the only one, staring at the sun, afraid of what you’d find, if only take a look inside…’’.

La loro amicizia era arrivata ad una svolta, come quando Giulia aveva realizzato che il suo boy le faceva mancare il respiro, l’annoiava, e aveva deciso che era giunto il momento di parlagli del ‘resto’, di quella amica speciale in cui si ritrovava, si scopriva. Una complicità femmina, che lui no, non poteva capire.

Un tuffo al cuore per lui quando scoprì tutto. Si avvicinò minaccioso, furibondo tentò di colpire. Un incidente. Esanime, a terra, all’improvviso, appena il tempo di guardare.

La stanza di studentessa non sarebbe stata più la stessa, svanita la sua aria allegra, frizzante. Nel palazzo non c’erano che uffici e qualche anziana, di certo nessuno che avesse avvertito il minimo rumore. Il problema era solamente ‘lui’. Occorreva fare in fretta, spiegare tutto alla polizia, oppure… Giulia ne era certa, Rebecca l’avrebbe certamente aiutata a tirarsene fuori.

Così era andata, in una sconcertante e metodica calma. E poi un tuffo nell’acqua ancora gelida del mattino con la coscienza andata in frantumi dopo quel banale litigio, quel fatto spiacevole che Giulia considerava un incidente da tenere celato a tutti.

Di lui non chiese nulla nessuno, sfuggito com’era dal ghetto e scivolato lì, nella nebbiosa provincia, in cerca di riscattarsi dal passato.

Giulia si calmava come poteva, chimicamente, anche se ciò le provocava una percezione distorta della realtà. Le zone d’ombra della sua psiche si scontravano con la pura luce di quei luoghi. Il tempo scorreva discreto, le carezze di Rebecca, un margarita alle luci fiammeggianti del tramonto, la musica della piccola discoteca nella caletta, dove fino all’alba si lasciavano trasportare dal suono forte delle casse.

Assetata di vita e musica, incrociò lo sguardo con un ragazzo appena giunto al porto, le spalle eburnee. Quella notte decise di tornare da sola: insolito abbordaggio, pareva conoscere i suoi segreti. Doveva fuggire.

Convincendo un vecchio pescatore, riuscì a trovare posto sulla malferma barca, una lampada a prua ad attirare le prede e l’ancora accanto a lei. Giunti alla zona di pesca, il vecchio cominciò a destreggiarsi con le reti. Un tonfo improvviso.

Col suo stile elegante Giulia si allontanava lasciando dietro di sé una spuma cangiante. Sotto un cielo blu cobalto si sentivano voci di pescatori inseguirsi tra le onde, mentre il libeccio avrebbe fugato le nubi dal nuovo giorno.

Il Traspiratore – Numero 39

di A. Barbiero