Tela di Aracne
Luglio 7, 2008 in Spettacoli da Roberto Canavesi
A una trentina di chilometri da Torino, seminascosto tra le verdi colline attorno a Cinzano, esiste un piccolo angolo di paradiso chiamato Cascina Valgomio, uno dei tanti casolari ristrutturati e rinati a vita nuova dove ha sede il Centro Armonia, vivace realtà culturale in grado di offrire vitto ed alloggio ai propri ospiti grazie ad un’incantevole ed ospitale struttura ricettiva.
Fiore all’occhiello dell’attività culturale di questa oasi di verde e tranquillità è l’impegno di cui l’Associazione Culturale La Tela di Aracne da anni si fa interprete, grazie alla giovane e volenterosa Valentina Veratrini che, da queste parti, ha deciso di venire a vivere e lavorare: ed allora assistere a “Le radici bio-logiche dell’alchimia teatrale: trasformarsi per guarire”, la performance presentata con successo di fronte ad un interessato pubblico, ha assunto per l’estraneo il sapore di una riunione tra amici, di un incontro tra persone attraversate da una comune sete di scoprire ed intraprendere nuove forme di conoscenza della propria espressività attraverso il ricorso alle tecniche comunicative legate al teatro.
Accompagnata dalle musiche dal vivo di Elena Russo, la Veratrini costruisce con leggerezza e professionalità un work in progress che spazia dalla storia del teatro al lavoro dell’attore sul dietro le quinte, la preparazione fisica e psicologica necessaria prima di presentarsi “nudi” di fronte al giudizio di un pubblico: teoria e pratica all’interno di un performance-incontro con un pubblico che diventa testimone divertito e coinvolto di un percorso didattico che tocca la Commedia all’Arte come Dario Fo, il training preparatorio piuttosto che l’immedesimazione di stanislavskiana memoria. Un piccolo bignami della recitazione che la Veratrini costruisce, forte di una consolidata esperienza e conoscenza del rapporto attore-uomo, facendo leva su di un’idea alchemica di teatro, un’arte magica per certi versi in grado di modificare, e talvolta reinventare, le funzionalità espressive di un corpo più che “scatola magica” con cui poter giocare e sperimentare all’infinito.
Una serata fuori dagli schemi, ripagata da convinti e meritati applausi, che riconcilia con un’ancestrale idea di “fare teatro”, forse oggi da più parti frettolosamente ignorata, che a ben vedere rappresenta la base fondante di un’arte millenaria ed universale.
di Roberto Canavesi