Sport e doping: esperienze di vita

Febbraio 22, 2004 in 006 da Redazione

pastiglie mediciAbbiamo incontrato Davide Cassani e Paolo De Chiesa in occasione del convegno “I Cinque sensi. Linguaggi del corpo” curato dall’Università di Torino inserito nel calendario degli appuntamenti di Meno Due.

Davide Cassani, corridore professionista dal 1982, che in 15 anni di attività ha partecipato a 1500 corse, tra cui 12 Giri d’Italia, 9 Tour de France e 9 Campionati del Mondo; Paolo De Chiesa, ex campione azzurro e commentatore tv, nato a Saluzzo (Cuneo) salito dodici volte sul podio della Coppa del Mondo.

Entrambi esprimono il loro punto di vista sullo sport e sul doping.

Abbiamo posto ai due campioni la seguente domanda:“Cosa pensi del doping nel tuo sport?”.

Un argomento delicato da trattare, soprattutto in vista dei giochi olimpici, che dovrebbero essere il simbolo del gioco pulito e del fairplay.

Ecco l’opinione di Davide Cassani:

Credo che la visione pubblica del ciclista odierno sia quella del dopato, in cui non mi rispecchio. Il ciclismo mi ha insegnato a vivere e a perdere e che per ottenere risultati ci vogliono mesi, anni. L’allenamento è la vera arma per vincere. Noi veniamo considerati gente che tenta di farla franca, ma non è così: io volevo realizzare un sogno, e l’ho fatto. Il doping purtroppo esiste, ma non solo nel ciclismo… è il male oscuro di tutti gli sport, ma mi dispiace che soprattutto noi veniamo considerati dei drogati. Lo sport fa bene, e mi fa stare bene: oggi giorno il mondo richiede dei risultati, ma non per questo bisogna usare delle scorciatoie.

Paolo De Chiesa, anche lui presente all’incontro, ci ha esposto il suo punto di vista:

“Sono d’accordo con Davide, però, forse, un po’ più pessimista. Mi hanno insegnato che lo sport fa bene – non solo lo sci- ma l’abusare di sport e/o di doping mi fa vedere il corpo non più come fine, ma come mezzo di realizzazione di risultati, ad ogni costo. Oggi senza creatina e integratori non si va da nessuna parte, in nessuno sport; quindi sento che lo sport da un lato è salute, ma dall’altro può diventare abuso.

Mi ricordo che trent’anni fa mi sono influenzato prima di una gara; nella prima manche ero sedicesimo e il medico del mio team (non per criticare, ma proveniva dal ciclismo) dalla sua valigetta ben fornita ha tirato fuori una pastiglia, invitandomi ad assumerla per farmi respirare meglio e per recuperare. Io inconsciamente l’ho presa e, nonostante una caduta durante la seconda discesa, sono risalito di dieci posizioni.

La sera sono tornato a casa ed ero tutto nervoso, sono stato male per tutta la notte, e il giorno successivo, dopo le mie numerose richieste, il medico della squadra mi ha confessato che quella pastiglia era un’anfetamina. Ricordo ancora adesso quanto rimasi sbigottito, e giurai di non farlo più, anche se ebbi ancora l’occasione nel 1986, durante la mia ultima gara: avevo la febbre a 38 ma rifiutai, accontentandomi del settimo posto. Io mi batterò sempre per cambiare questa tendenza con tutti i miei mezzi, proclamando – anche nelle mie vesti di cronista sportivo – lo sport giusto.

Le loro parole si commentano da sole. Credo che i loro toni sarebbero stati ancora più forti se le risposte fossero state date dopo la sconcertante morte di Marco Pantani, che ha lasciato l’Italia sconvolta da una simile perdita.

Per saperne di più su sport e doping:

Classificazione delle sostanze

Il ruolo dei medicinali nello sport agonistico

Il doping e i suoi effetti

Il web-site di Davide Cassani

Il web-site di Marco Pantani

di agente Noemi Penna