Somewhere di Sofia Coppola
Settembre 15, 2010 in Cinema da Pierluigi Capra
Il nuovo film italiano Somewhere di Sofia Coppola è uscito il 3 settembre nelle sale cinematografiche italiane (250 copie con il marchio Medusa) e l’11 settembre ha ricevuto il Leone d’Oro alla 67a Mostra del Cinema di Venezia 2010.
Una Sofia Coppola, visibilmente emozionata, con un vestitino corto verde, riceve il premio dalle mani del suo ex fidanzato, Quentin Tarantino.
Il Presidente della giuria ha detto “Somewhere ci ha incantato dalla prima scena. E’ cresciuto nelle nostre menti, nei nostri cuori e nelle nostre simpatie… è stato un grande onore poter attribuire il premio a Sofia Coppola”.
Il film analizza il rapporto non sempre facile tra padre e figlia.
Protagonista Jhonny Marco, interpretato da Stephen Dorff, famoso attore italoamericano, che, dopo un matrimonio finito male, vive una vita completamente vuota e sregolata in un appartamento del leggendario hotel Chateau Marmont di Hollywood, metafora di sradicamento e provvisorietà, tra l’altro è l’albergo in cui morì per overdose John Belushi.
Amici che vanno e vengono, vita sregolata, frequentazioni di spoglarelliste, troppo alcool, auto di lusso (una Ferrari nera), pasticche, fan che lo acclamano, viziato dalla stampa che lo corteggia. Molto torpore e nessuna preoccupazione.
L’arrivo improvviso di sua figlia Cleo, una ragazzina di 11 anni (interpretata da Elle Fanning, sorella minore della nota Dakota Fanning) gli cambia la vita.
Cleo, nata dal suo matrimonio fallito, è una bambina che sta diventando adolescente e che impone all’attore un cambio di passo nelle sue abitudini quotidiane portandolo a trascorrere giornate ricche di momenti semplici e gioiosi con la propria figlia. Videogiochi, partite a ping-pong, nuotate in piscina, esposizioni al sole ed anche un viaggio in Italia sul palcoscenico dei Telegatti. E qui si vede apparire, in cameo,Valeria Marini che balla e canta una canzone senza senso, Simona Ventura che lo presenta, Nino Frassica che gli fa da spalla, Maurizio Nichetti che riceve un premio, Laura Chiatti che ha un’avventura con lui. Appare anche Benicio Del Toro nel ruolo della “Celebrità”. Uno spaccato poco edificante, un’espressione culturale un po’ sguaiata della nostra TV peggiore.
In questa tappa italiana c’è un po’ di esperienza personale. Sofia presenziò davvero alla Notte dei Telegatti, nel 2004 a Milano, con il padre, con tanto di impronta delle mani nel calco di plastilina.
Grazie a sua figlia, però, Jhonny Marco riscopre alcuni valori della paternità che aveva completamente perduto e si rafforza così il legame padre-figlia.
Il divo di Hollywood è costretto a fermarsi a pensare, a mettersi in discussione.
Riflessioni profonde sul senso dell’esistenza, riformulazione del ruolo maschile, scavo psicologico, che forse non aveva mai fatto prima, sul suo modo di vivere e sulla scelta di un percorso di vita migliore.
Proprio quando Cleo parte per il campeggio estivo, Jhonny si rende conto della irrilevanza di tanta parte delle cose che faceva e della claustrofobia della sua vita.
Sofia Coppola mette al centro del film il bisogno umano di introspezione e lo fa con uno lo sguardo penetrante e commosso del protagonista.
Somewhere ricorda per certi aspetti, anche se non minor efficacia, il suo precedente film “Lost in Translation”, che valse a Sofia Coppola il premio Oscar per la miglior sceneggiatura originale nel 2003. Sia per l’ambientazione, sia per le performance (diventate un cult) della coppia formata da Bill Murray e Scarlett Johansson, sia per la tematica trattata.
La regista Sofia Coppola ha dichiarato: “Volevo dare un’occhiata al mondo dello show business, fare un film che parlasse di cosa significa oggi per molti artisti vivere a Los Angeles, ma non penso che sia l’ideale capitolo di una trilogia sulla solitudine. Tutti i miei film sono collegati in qualche modo, ma Somewhere apre una nuova fase sulla trasformazione, i momenti di transizione delle persone”.
Si tratta di un film un po’ troppo sofisticato e indulgente nei confronti delle elite dei ricchi e famosi, che non ha molti momenti intensi e nel quale si ritrovano elementi di ripetizione sotto altre forme, di cose già viste.
di Pierluigi Capra