Renato Curcio invitato dall’Unitre

Luglio 3, 2007 in Attualità da Redazione

L’invito per la conferenza del 22 marzo, organizzata dall’Università della Terza Età, è fitto di dettagli e documentazione. Vediamo come è andata

1. Il fatto

L’episodio è di qualche giorno fa. La proposta è quella dell’Unitre di Torino. L’associazione ogni mese organizza una conferenza a tema presso l’Unione Industriale, e per quella del 22 marzo il comitato organizzativo decide di invitare Renato Curcio. Ordine del giorno: volontariato sociale.

Il Comitato, come da prassi, non si consulta né con il collegio, né con i presidi e dispone di affiggere un comunicato all’interno della struttura. I docenti vengono così a sapere dell’iniziativa attraverso il volantino e alcuni, sorpresi di non essere stati interpellati per un invito così particolare, decidono di manifestare il loro dissenso. Alcuni, qualche giorno dopo, si dimettono; molti altri, anche se contrariati, decidono di non abbandonare gli studenti.

L’Unitre propone anche di invitare, nella stessa serata, l’associazione “Vittime del Terrorismo”. La proposta però non ha seguito.

Contemporaneamente, la segreteria dell’Unione Industriale fa sapere che proprio il 22 marzo la conferenza non si può fare, per “lavori di manutenzione inderogabili”. L’Unitre non chiede di posticipare l’evento e lo annulla. Tuttavia, il 7 marzo, sempre attraverso la firma “Il Comitato Organizzativo”, l’associazione affigge un altro volantino. I punti essenziali sono tre:

  • Curcio è un libero cittadino;

  • Nel corso del tempo sono stati invitati anche personaggi come Andreotti, Violante, Caselli e Scalfaro nonché le sorelle di Borsellino e Falcone e la figlia di Aldo Moro.

  • Rammarico per “l’atteggiamento emotivo ma poco obbiettivo” di alcune persone che “strumentalizzando il caso” hanno “impedito a ognuno una libera e personale valutazione”.

    Il tutto prende allora una piega polemica, e si scatena la bufera mediatica, amplificata anche da eventi nazionali di rilievo. Negli stessi giorni il Presidente Napolitano scrive una lettera alla “Repubblica” con un’importante precisazione su iniziative simili a quella dell’Unitre; viene celebrata, non senza polemiche, la commemorazione della morte della scorta di Moro in via Fani; Cesare Battisti è arrestato a Rio de Janeiro.

    Questo, in una sintesi molto succinta, è il fatto.

    Un evento così complesso e delicato non poteva essere analizzato senza l’apporto di dichiarazioni e documenti. Scopo di questa serie di approfondimenti non è tanto decidere se fosse o meno il caso di invitare Curcio, tema che non ci compete e che vogliamo elegantemente soprassedere, ma analizzare come è stata organizzato questo invito da un’associazione. Valutare se sono stati prese tutte le precauzioni del caso, quali sono i presupposti su cui si fonda un tale invito e, se possibile, fare una breve analisi sulle strategie di comunicazione adottate.

    2. Le lettere di dimissioni.

    Qualche giorno dopo aver saputo dell’invito di Renato Curcio, alcuni docenti si sono dimessi. Ricordiamo velocemente che qui si parla di “docenza”, ma in realtà i vari professori dell’Università della Terza Età sono tutti volontari e non percepiscono nessun stipendio per i loro corsi. Ugualmente il loro impegno non è disciplinato da un contratto di lavoro, ma è un contributo volontario prestato, gratuitamente, in quanto soci dell’Unitre.

    Le loro dimissioni hanno avuto il senso di prendere una distanza precisa dall’iniziativa e soprattutto dalla modalità in cui è stata proposta. Il primo a presentare la lettera di dimissioni è stato Livio Berruti il 2 marzo, a cui è seguito Francesco Cordero di Pamparato il 5 marzo, poi Barbara Ronchi della Rocca e via anche gli altri (fra cui anche il Generale Guido Amoretti). Il motivo scatenante è stato principalmente uno: quello di non essere stati avvertiti su un argomento decisamente delicato. Come specificato in precedenza, infatti, la loro conoscenza dell’invito è avvenuta unicamente attraverso un volantino affisso all’interno della struttura.

    Cerchiamo di chiarire questo punto.

    Secondo la prassi, la segreteria non è tenuta a consultarsi con la docenza per gli eventi straordinari come le conferenze mensili. La norma dell’associazione vuole che però li si avverta comunque. E questo punto è stato sottolineato più volte dal vicepresidente Gian Franco Billotti: “Come tutti i mesi, una volta al mese, noi sospendiamo le attività dei corsi per organizzare una conferenza. L’evento, come sempre, è programmato dal direttivo e dall’organizzazione delle segreterie. Se qualcuno ci propone dei nominativi, noi lo diciamo sempre a tutti, ma la docenza normalmente si occupa solo delle attività didattiche”. Il punto è chiaro solo in apparenza, perché se è vero che la presidenza lo “dice sempre a tutti”, è anche vero che la docenza si occupa “normalmente” solo di altro. Con più chiarezza, comunque, Billotti precisa: “I professori non sono mai interpellati in questi casi, esattamente come noi non interferiamo mai con i contenuti dei loro corsi. Hanno il loro programma, lo svolgono, e nello svolgimento possono anche dire cose che potrebbero essere, per qualcuno, controproducenti. Ma noi non abbiamo mai interferito perché abbiamo sempre pensato che fossero persone disponibili e culturalmente adeguate. Per quello che riguarda i conferenzieri, invece, non compete loro la decisione. Queste sono cose che organizza la Direzione dato che coinvolgono problemi organizzativi ben diversi”. La presidenza tende perciò ora a marcare un confine preciso fra consuetudine e statuto. Il confine probabilmente non è mai stato così netto e si è sempre coinvolta la docenza anche in questioni che non le competevano. Ecco perché il sovrapporsi di alcune affermazioni in parte contrastanti fra di loro.

    C’è anche da dire che, però, il prof. Pamparato è Preside del Collegio Storico e Umanistico e non un “normale” docente. E lui, come altri, è venuto a conoscenza dell’invito solo attraverso il volantino. In questo caso, forse, un “eccesso di sensibilità” da parte della Presidenza sarebbe stata preferibile ad un’aderenza alla prassi. È vero che le competenze sono diverse, ma si parla pur sempre della stessa Associazione.

    Le lettere di dimissioni di Berruti e Pamparato contengono dichiarazioni compatte e sostanzialmente sovrapponibili. Entrambe manifestano la volontà di dissociarsi dalla proposta, chiarendo che le decisioni prese dalla Presidenza non sono necessariamente le decisioni di tutti. Ma non si tratta di ostruzionismo, nessuno vuole impedire all’Unitre di continuare a portare avanti la sua iniziativa, semplicemente non si vuole associare la propria storia personale e il proprio impegno all’interno dell’Unitre con l’iniziativa in questione, soprattutto di fronte ad una decisione già presa. “Noi non siamo d’accordo e ce ne andiamo,” commenta Pamparato. “Sia comunque chiaro: nessuno di noi ha impedito o vuole impedire all’Unitre di svolgere la sua conferenza”.

    Inoltre, in entrambe è sottolineato l’aspetto pubblicitario della proposta. Su questo punto, per telefono, Livio Berruti precisa: “Siamo schiavi dell’immagine e della comunicazione. In taluni casi, la libertà di stampa permette solo di esaltare gli atteggiamenti più criminosi o meno etici del comportamento umano. Se uno parla di una persona per bene, non fa notizia”.

    Spostando velocemente la riflessione dal caso “comunale” a quello “nazionale”, negli stessi giorni il Presidente Giorgio Napolitano ha scritto una lettera a Corrado Augias sulla “Repubblica”, sottotitolata: “Il capo dello Stato chiede più attenzione nell’informazione televisiva. Ex br in tv, chiedo rispetto per le vittime del terrorismo”. Nella lettera il Presidente dice cose non distanti dal punto di vista dei docenti dell’Unitre: “Anche nel mio messaggio d
    i fine anno volli esprimere un chiaro richiamo al rispetto della memoria delle vittime del terrorismo e dunque al rispetto – in tutte le sedi – del dolore dei loro famigliari. Rinnovo perciò il mio fermo appello perché di ciò si tenga conto anche sul piano dell’informazione e della comunicazione televisiva. Il legittimo reinserimento nella società di quei colpevoli di atti di terrorismo che abbiano regolato i loro conti con la giustizia dovrebbe tradursi in esplicito riconoscimento della ingiustificabile natura criminale dell’attacco terroristico allo Stato e ai suoi rappresentanti e servitori e dovrebbe essere accompagnato da comportamenti pubblici ispirati alla massima discrezione e misura
    ”. Firmato: Giorgio Napolitano.

    3. Il comunicato del 7 marzo.

    Alle dimissioni non è seguita nessuna risposta da parte dell’Unitre. Non sono state né accettate, né respinte, né discusse. A detta dell’ing. Billotti: “Le dimissioni non sono ancora state accolte, perché non ancora formalizzate. Non tutti lo hanno fatto, alcuni hanno richiesto un ripensamento e poi probabilmente le ritireranno. La formalizzazione avverrà nella prossima riunione di collegio dopo Pasqua”. Quindi, chiediamo, i professori che hanno presentato le dimissioni continuano a svolgere le loro lezioni?

    Certamente,” conferma Billotti. “Tutti quelli che le hanno presentate continueranno le loro attività fino alla fine dell’anno. Anche quei quattro o cinque…anzi proprio loro, perché gli altri non hanno posto il problema”. E allora perché non svolgono più lezioni? “Alcuni hanno motivazioni diverse. Un paio hanno sicuramente problemi personali differenti, che tuttavia sono stati associati in questo momento a questo episodio. Però non c’entrano con le loro esigenze personali e di vita, che sono altre”.

    I professori dunque hanno presentato delle dimissioni che, per la presidenza, non sono ancora valide. E continuano a svolgere il loro lavoro. La cosa non è molto chiara. Diviene invece più limpida se si tiene conto che molti docenti hanno deciso di chiudere almeno l’anno accademico, pur essendo dimissionari, per non abbandonare chi frequenta i loro corsi. È questo il caso, ad esempio, di Guido Amoretti e del prof. Zaccagna.

    Bisogna perciò distinguere fra dimissioni immediate e posticipate, senza fare confusione. Per ciò che riguarda quelle immediate, il prof. Pamparato è di parere solido: “Non capisco cosa intende dire la presidenza. Una lettera di dimissioni è formalizzata nel momento in cui la si presenta. Ho paura che, fra le altre cose, l’Unitre non voglia nemmeno riconoscere il diritto ad andarsene”.

    Una risposta dell’Unitre comunque c’è stata. Il 7 marzo “Il comitato Organizzativo” ha fatto distribuire un comunicato (di cui riportiamo il testo completo alla fine).

    Ho ricevuto il foglio mentre stavo facendo lezione,” spiega Livio Berruti. “La mia assistente è andata in Segreteria per prendere una pubblicazione e lì le hanno detto: dia questo al dottor Berruti. In questo modo sono venuto in possesso del comunicato”.

    Il comunicato è costruito secondo una doppia funzionalità. Motivare la propria decisione di invitare Curcio (anche alla luce delle passate conferenze), e decostruire le motivazioni altrui. La struttura è corretta, vediamo i contenuti.

    Nel comunicato si precisa che l’intervento di Curcio “non avrebbe assunto alcun significato politico e che lo stesso è oggi, per la Legge, un libero cittadino”.

    Sono tutte cose vere. Curcio avrebbe parlato del suo presente e non del suo passato, escludendo ogni riferimento al contesto a cui lo si associa per fatti avvenuti più di trenta anni fa. Inoltre dal 1993 Curcio è un uomo libero. Ma come sia possibile decontestualizzare Curcio, in modo tanto repentino e sereno, è forse uno degli interrogativi della nostra epoca. A questo nessuno può rispondere, se non i diretti interessati e le vittime del terrorismo.

    L’ing. Billotti infatti commenta: “Noi non mettiamo etichette a nessuno, ma cerchiamo di analizzare quello che è l’Uomo. Ed è questa la ragione per cui era stato invitato Curcio. Non discriminiamo proprio perché non guardiamo il lato politico, ma l’Uomo. Noi non abbiamo mai avuto un ruolo politico, e non ci siamo mai schierati. Il senso della conferenza era quello di dare la possibilità ai nostri associati di fare delle domande al personaggio invitato. In questo caso il tema sarebbe ruotato intorno al volontariato sociale”. Segue la precisazione: “Se le vittime non sono state tutelate in questi anni dallo Stato, io capisco la loro amarezza, però non è colpa di quelli che sono stati i loro carnefici. Loro hanno agito in quel modo, e dopo è seguita la Giustizia (che forse non ha fatto abbastanza giustizia in queste cose, che non è stata equanime nei confronti delle vittime: ed è per questo che le vittime,oggi, si sentono ancora frustrate). E a prescindere, una persona non deve essere giudicata per quello che ha fatto trent’anni fa. Noi non facciamo processi a nessuno. Con la figlia di Moro abbiamo anche visto che cosa vuol dire perdonare. Se perdonano quelle che sono state vittime, i cittadini possono poi giudicare, ma non so che diritto abbiano di porre ancora oggi questioni di questo genere. Lo Stato ha giudicato e risolto questo problema”.

    Al di là delle non poco rischiose precisazioni sul rapporto fra carnefice e vittima, c’è un punto interessante. La distinzione fra personaggio pubblico (e quindi il suo valore simbolico all’interno della società) e l’Uomo in senso lato. Ci torneremo in seguito, approfondendo una dicotomia simile: quella fra il personaggio nel presente, e lo stesso (stesso?) nel passato.

    Ad ogni modo, riprendendo il comunicato, nella riga successiva a quella presa in esame, il “Comitato Organizzativo” precisa che l’intervento di Curcio non è un caso isolato, ma che nel passato l’associazione aveva già “ospitato personaggi come Giulio Andreotti, Luciano Violante, Giancarlo Caselli, Oscar L. Scalfaro, e recentemente vittime come Rita Borsellino, Maria Falcone e Agnese Moro”. Questa frase è interpretabile sotto vari aspetti. È evidente che il valore voleva essere quello di mostrare l’ampiezza del ventaglio delle proposte, ma è la sequenza che in qualche modo disorienta.

    Andreotti, Scalfaro, Caselli, Violante… Curcio? L’accostamento può risultare improprio, e si rischia di scivolare là dove non si voleva finire.

    L’ing. Billotti comunque precisa: “Era una persona fra i tanti invitati alle nostra conferenze. Noi ogni anno ne invitiamo uno. Quest’anno sono venute la nipote di Madre Teresa di Calcutta, la sorella di Borsellino, e la sorella di Falcone. È chiaro che sono persone più note di altre, è chiaro che c’è il rischio di fare una passerella, ma non è la nostra volontà e non lo è mai stata. Il senso era quello di permettere ai nostri associati di farsi un punto di vista grazie all’invito di determinati ospiti. Gli associati, essendo della terza età, avranno certo una filosofia di vita diversa dagli altri. Dovrebbero staccarsi un poco dalle cose materiali, per entrare un po’ di più, non dico nello spirituale, ma almeno sul piano umano all’interno di giudizi più distaccati. Invece in alcuni la maturazione non c’è stata”. Il problema però non si sposta. Se dovessimo fare dell’insiemistica, l’elenco prima è sempre in qualche modo pertinente, mentre l’elenco dopo (il cui unico elemento è Curcio) finisce per non esserlo. Nipote di Madre Teresa di Calcutta, sorella di Falcone, sorella di Borsellino… Curcio? Per fare in modo che Curcio rientri nel primo elenco, è necessario ridiscuterne i parametri di fondo. E quindi farsi un’altra domanda: perché sono stati invitati tutti gli altri? Semplicemente perché sono uomini liberi di fronte alla Legge? Ma allora quasi tutti possono tenere conferenze. Si invita Scalfaro perché è stato (e continua ad esser
    e) un uomo politico, presidente della Repubblica, o perché è un uomo libero?

    L’ing. Billotti tenta di spiegare l’aporia: “Negli ultimi trent’anni, ogni mese abbiamo invitato personaggi della cultura comodi o scomodi, con l’intento di ascoltare il personaggio e non il retroterra. Non ciò che è stato, ma l’attualità della persona. In modo che ognuno possa giudicare la realtà di oggi e non tutto il passato, che può essere stato grave, strumentale, politico o meno e che però è frutto di tutto un altro modo di vedere l’Uomo. Invitiamo i nostri conferenzieri al di fuori del loro ruolo, ed è chiaro che la gente li conosce per ciò che sono stati, sono e saranno. È necessario vedere il lato umano e non quello politico e strumentale”. Ecco, ci siamo. La pertinenza del personaggio invitato è legata al suo presente e non al suo passato. Ciò che conta è l’hic et nunc. Se di Andreotti non possiamo vedere il lato politico, quale altro lato noteremmo? E la sorella di Falcone di che cosa parlerà, del suo presente? Anche la dicitura: “nipote di” eccetera, cosa implica? Che la si è invitata perché fa ora determinate cose e che solo per sbaglio ci si è accorti che è “la nipote di” eccetera? Non è quel “nipote”, “sorella” un riferimento al passato?

    Se ancora non è chiaro (e purtroppo non lo è), subentra un’altra categoria. Quella dell’Uomo e delle sue funzioni. Ma attenti, perché sempre di personaggi pubblici si sta parlando. Oppure dei loro hobby, della loro vita privata, di come la pensano su argomenti vari?

    La loro funzione nella società è in realtà chiarissima, evidente, ma chissà perché quando si parla di Violante non c’è bisogno di specificare uomo/funzione o passato/presente, mentre quando si parla di Curcio sì? Cosa implica il suo invito: una ridefinizione oppure una distinzione? Ovvero, quando si ospita il politico bisogna valorizzare la sua aderenza ai valori dello stato, il suo curriculum passato, mentre quando si invita Curcio bisogna dimenticarsi che non ha aderito ai valori dello stato e il suo curriculum passato, per parlare di volontariato sociale?

    Si tenga presente, comunque e sempre, che non si sta analizzando Curcio in quanto tale, ma i presupposti logici che portano un’associazione ad un invito di questo tipo. O vogliamo pensare che non c’è logica, che gli inviti sono casuali, che il parametro è patemico e non logico? O pubblicitario?

    L’Unitre inoltre non è composta solo da tre persone, cinque, dieci, che fanno tutto. Come ogni associazione che si rispetti, ha un comitato direttivo e una docenza (il cui numero è vicino alle duecento unità). Se è di una ridefinizione o distinzione che si sta parlando, non sarebbe stato meglio consultarsi un attimino prima? “Da fuori si identifica spesso l’Unitre con il corpo docente,” commenta il prof. Pamparato. “È capitato più di una volta che si sia fatta questa sovrapposizione. Ora, la decisione di invitare un conferenziere non coinvolge solo la Presidenza, ma anche il sottoscritto e gli altri docenti. Se dall’esterno si legge un messaggio che non condivido, ho il diritto o no di dissociarmi?

    La dissociazione della docenza, e qui arriviamo all’ultimo punto del comunicato, è così descritta: un “atteggiamento – emotivo ma poco obiettivo – di poche persone” che “strumentalizzando il caso” hanno “impedito a ognuno una libera e personale valutazione”.

    Il “Comitato Organizzativo” presuppone due cose: a) la dissociazione non rientra nelle libere e personali valutazioni; b) la libera e personale valutazione va applicata dopo la pianificazione di un evento e non prima.

    Ing. Billotti: “La cosa è stata strumentalizzata dall’emotività di qualcuno. Le motivazioni dell’invito erano il personaggio e la sua attualità e non quello che è stato. Dal nostro punto vista, l’iniziativa era coerente con la nostra idea di universalità. Dalla piega che poi ha preso, abbiamo deciso che non era opportuno proseguire e abbiamo pensato di sospendere la cosa.

    Dato che non volevamo che venissero strumentalizzati gli associati, soprattutto da queste persone, abbiamo anche spiegato il motivo dell’invito e nessuno di loro ha posto dei problemi o si è scandalizzato
    ”. E visto che repetita iuvant, replica: “Il caso è stato strumentalizzato da qualcuno che ha mescolato la sua emotività con i suoi ricordi. Un paio di queste persone si sono sentite chiamate in causa e hanno reagito così perché erano state minacciate all’epoca o perché sul lavoro erano scortate. Alcuni erano venuti a contatto direttamente con il problema. Sono però passati più di trenta anni. I motivi per taluni possono essere questi, gli altri invece non hanno sollevato alcun problema.

    L’invito è stato frainteso da tanti che hanno pensato di associare subito al nome di Curcio il suo passato e non il presente nostro e suo
    ”.

    E qui torniamo al problema della decontestualizzazione. Secondo Billotti è inammissibile che qualcuno associ ancora Curcio al suo passato. Bisogna guardare il presente, insomma. Il passato non esiste, oppure è già stato risolto dalla Legge. Capitolo chiuso. Cosa dire allora di quei giornalisti e opinionisti che continuano a riportare l’Italia “ai tempi della guerra”? Se gli schemi di trenta anni fa non sono più validi, che dire di quelli di sessanta anni fa?

    Quando due parti si contrappongono, i toni si alzano. Sempre. Lo si vede dappertutto, anche in personaggi pubblici ripresi da telecamere, in contesti ben definiti. Quello che c’è da chiedersi è se, il 7 marzo, era il caso di smorzare la polemica oppure di buttare benzina sul fuoco. La scelta dell’Unitre è stata quella di accendere il dibattito.

    Così commenta Livio Berruti il contenuto del volantino: “Invece di ammettere l’errore quasi danno a noi degli impulsivi e degli incapaci. E con questo hanno completamente stravolto la realtà. Non si sono nemmeno posti il problema se hanno organizzato l’evento con superficialità etica, o meno. Tutti siamo fallibili, per carità, ma il cercare pervicacemente di giustificare uno scivolone è opinabile. Nella giustifica almeno si potevano utilizzare termini un po’ più diplomatici. E c’è da aggiungere anche che nell’associazione nessuno sapeva niente di questo fatto, ovvero dell’invito”.

    Ma allora, chi ha scritto il comunicato? E inoltre: i componenti del “Comitato Organizzativo” erano tutti d’accordo durante la sua stesura? La risposta sorprendente è: no. Di cinque persone che ne costituiscono l’ossatura, due non erano d’accordo, né con l’invito, né con la stesura.

    Il comitato è in realtà composto da cinque persone,” prosegue Berruti. “Qualche giorno dopo l’affissione del comunicato ho poi incontrato una delle persone che ne fanno parte, e ho scoperto che anche questa aveva manifestato il suo parere contrario. Quindi chi l’ha scritto non solo l’ha firmato senza consultare anche gli altri, ma ha espresso pareri che lì sembrano unanimi e che invece non lo sono”.

    La stessa cosa è confermata dal prof. Pamparato. “Due di cinque mi hanno chiaramente detto: noi ci dissociamo”.

    E allora, chi ha scritto il Comunicato e chi ha organizzato l’evento?

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    Continua l’inchiesta sull’invito dell’Unitre a Curcio

    di Davide Greco