Patruno tra jazz, cinema e politica

Giugno 30, 2003 in Musica da Claris

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Nell’incantevole dehors dell’Hotel Eden Roc di Ascona, abbiamo incontrato Lino Patruno, jazzista, conduttore televisivo, regista… showman di classe a 360°. Il suo spettacolo all’opening gala del New Orleans Jazz Festival ha trascinato gli ospiti in frenetici battimani, tra un delizioso filetto ‘alla Bix Beiderbecke’ e un raffinato dolce ai frutti di bosco accompagnato dalle colonne sonore di Rodolfo Valentino.

Lino, è il sesto anno consecutivo che partecipi al Festival di Ascona. C’è un feeling particolare che ti lega a questa manifestazione?

Assolutamente sì. Questo è di gran lunga il miglior festival di jazz classico d’Europa, sia per la qualità della musica, sia per il clima di reciproca complicità tra artisti e pubblico. Se generalmente tra gli spettatori c’è un 10% di intenditori, un 20% di simpatizzanti ed un 70% di persone da educare e coinvolgere al jazz, ad Ascona la percentuale di cultori è sicuramente maggiore.

Essere qui, inoltre, mi permette di rafforzare i legami che ho con il nord Italia e con il Canton Ticino; prima di trasferirmi a Roma 13 anni fa, infatti, vivevo a Milano e all’epoca non si contavano i miei spettacoli, di jazz come di cabaret, sul Lago Maggiore.

Come non ringraziare, allora, il direttore artistico Karl Heinz Ern, che ti volle assolutamente ad Ascona?

Con Karl siamo grandi amici e sono orgoglioso che in questi ultimi anni abbia seguito i miei suggerimenti, volti a creare degli eventi che conciliano le esigenze dello spettacolo con quelle di recuperare la cultura e la tradizione del jazz. Da questo presupposto è nata l’idea di riservare serate tematiche a figure storiche del jazz ormai scomparse. Ecco spiegata la dedica della scorsa edizione allo straordinario chitarrista Eddie Lang o, quest’anno, gli omaggi a quel genio folle di Bix Beiderbecke (in occasione, per entrambi dei cent’anni dalla nascita). Sinceramente sono molto dispiaciuto che Karl Heinz lasci la direzione del Festival a partire dal 2004.

La tua passione per il jazz ti ha sempre portato ad un’attenta analisi del passato, sia dal punto di vista musicale sia storiografico.

Sono convinto che non sia possibile mantenere disgiunti questi aspetti, perché la storia della musica è la storia delle persone. Il cuore pulsante del jazz è rappresentato dallo spessore musicale e storico dei suoi personaggi migliori, per cui non solo è un dovere, ma una necessità, richiamare alla memoria della gente le sonorità, le vibrazioni e le emozioni dei ‘grandi’.

Oggi la maggioranza della popolazione tende a dimenticare in fretta valori e tradizioni; siamo in un periodo storico in cui il banale trionfa, nel jazz moderno, nella musica in generale, ma soprattutto nella vita sociale. Troppe persone stanno perdendo il senso critico, la capacità di distinguere il bello da ciò che è di moda, magari frutto di abili operazioni di marketing. Un esempio è la TV spazzatura che ormai riempie le ore dei nostri canali televisivi principali, oppure la popolarità di artisti che si mettono in mostra per piercing o acconciature strambe e non per qualità artistiche. Non parliamo poi della politica; se gli italiani avessero un corretto senso della giustizia non avrebbero votato Berlusconi!

E i tuoi spazi TV?

Fortunatamente esistono ancora delle nicchie di qualità. Un esempio è Rai Sat, dove lavoro e, a brevissimo, condurrò Jazz Extra. Si tratterà di una trasmissione totalmente dedicata al jazz tradizionale, il cui livello artistico è sicuramente paragonabile alla musica classica di Bach e Beethoven. Oggi, infatti, il jazz moderno è di una noia mortale, col gusto del brutto insito dentro, ed allora mi rifugio nel passato per sentire delle note veramente ispirate.

Quali sono le caratteristiche per diventare apprezzati jazzisti?

Non basta la sola applicazione, occorre possedere una marcia in più, il talento! Alla passione per la musica, si devono unire bravura, intonazione, quadratura, conoscenza degli strumenti e soprattutto la capacità di improvvisare. Chi suona bene il jazz tradizionale ha un’incredibile velocità di adattamento alle situazioni. Infatti gli artisti devono tradurre in note non solo ciò che leggono, ma anche i fili logici e musicali degli altri componenti della band. Quando sbagli una nota, un processo velocissimo ti permette di rimediare grazie ad una perfetta coordinazione di stimoli tra orecchie, cervello, fiato e manualità. Insomma il jazz richiede un connubio ideale tra capacità d’esecuzione e d’improvvisazione: potremmo definirla una libertà controllata. Attenzione, non libertà senza vincoli, come avviene in buona parte della musica e della vita moderna: se si seguissero le stesse regole del jazz classico nella vita sociale e politica, oggi si potrebbe vivere senz’altro meglio!

Raccontaci uno degli episodi più curiosi della tua carriera.

Ai tempi del primo governo Berlusconi, nel ’94, ero stato da poco operato alle corde vocali e, purtroppo, non avevo ancora riacquistato una piena facoltà oratoria, per cui era un ragazzo della mia band a introdurre le serate. Ci eravamo messi d’accordo di dire che “da quando Berlusconi era Presidente del Consiglio mi era andata via la voce!”.

Indicaci un artista da non perdere durante le prossime serate di Ascona 2003.

Sicuramente vi consiglio di andare ad ascoltare i magici virtuosismi dell’insuperabile chitarrista Marty Grosz. Per altro è anche un ottimo cantante, un artista geniale e completo. Per buona parte della mia carriera ho inseguito il suo stile, la sua assoluta bravura ed originalità. Non dimenticatevi che ha origini tedesche e che nel suo repertorio traspare la sofferenza dell’esilio; fu Hitler, infatti, che costrinse suo padre, bravissimo disegnatore, a fuggire dalla Germania.

La figura di Bix Beiderbecke, cui è dedicato il festival, ti affascina particolarmente…

Sì, infatti con Pupi Avati ho realizzato ‘Bix: un’interpretazione di una leggenda’, un film che rende i giusti onori al genio troppo breve di Davenport, Iowa. A proposito di cinema, ho pronta un’altra sceneggiatura che ha per protagonista Nick La Rocca, il primo musicista della storia che ha inciso un disco di jazz.

Dopo tre giorni di ‘rodaggio’, Lino sarà il protagonista assoluto dei prossimi giorni del festival, con la conduzione di ben quattro special event. Si comincia questa sera con lo spettacolo dedicato a Joe Venuti, primo violinista della storia del jazz: allo stage Torre (ore 23.00) lo ricordano due dei migliori archetti di oggi, Andy Stein e Mauro Carpi.

Mercoledì sera Lino e Enrico Intra, pianista e direttore d’orchestra, condurrà la serata dedicata a Paul Whiteman, mentre giovedì e venerdì si entrerà nel vivo dei festeggiamenti per Beiderbecke con due show a tema.

di Claudio Arissone