Palazzo Yacoubian
Maggio 18, 2007 in Libri da Stefano Mola
Titolo: | Palazzo Yacoubian |
Autore: | Ala Al-Aswani |
Casa editrice: | Feltrinelli |
Prezzo: | € 7,50 |
Pagine: | 216 |
Siamo al Cairo, in uno dei viali del centro. Lì è stato costruito, negli anni 30, da un miliardario armeno, Palazzo Yacoubian. Lo scrittore egiziano ‘Ala Al-Aswani ci toglie la facciata e ci accompagna dentro le stanze a conoscere gli abitanti e le loro storie. Un po’ come fa Perec ne La vita istruzioni per l’uso. Abbiamo quindi tra le mani un romanzo mosaico, un romanzo affresco, dove di volta in volta cambia la messa a fuoco così da trovare in primo piano in ogni capitolo un personaggio diverso. Al-Aswani non fa soltanto una sezione architettonica del palazzo, ma in un certo senso, se ci troviamo comodi in questa metafora, dell’intera società egiziana.
La bella Busayna, in cerca di un lavoro che non la costringa a compromessi troppo squallidi. Il cortese, anziano, elegante, Zaki bey, con la sua nostalgia della Cairio pre-rivoluzione. Taha, il volenteroso e intelligente figlio del portiere che crede nei sogni finanziati dalla sola volontà. Souad, sposa in un matrimonio privato. Hagg Azzam, uomo d’affari che decide di tentare la carriera politica. Il giornalista gay Hatim, il suo giovane amante nubiano Abduh… e altri ancora. Per ognuno ci siamo limitati ad accenni leggeri, senza voler svelare troppo del come i rispettivi fili si annoderanno nel corso della storia.
Perché non vorrei guastare uno dei piaceri che il romanzo dà: attacca alla pagina, spinge gli occhi una riga dopo l’altra e le dita a voltare le pagine (io per esempio l’ho letto in due giorni). Per quanto abbia detto che c’è qui un affresco della società egiziana, ciò che conta è soprattutto la forza delle storie. È bello in primo luogo seguire i personaggi. Solo un attimo dopo arriva tutto il resto, come nella degustazione di un buon vino: e quindi c’è anche la riflessione sulla corruzione, sulla condizione della donna, sulle radici del fondamentalismo islamico, sulla povertà come suo naturale brodo di coltura. Si può quindi dire che è anche un romanzo di denuncia. E il complimento sta proprio in quell’anche.
Una cosa che mi piace molto trovare, nei libri, è la sensazione che l’autore ami molto i suoi personaggi. Sia quelli negativi che quelli positivi. Mi piace che li metta lì in primo luogo come persone a cui sta dando vita, e non come semplici facciate su cui dipingere due pennellate di un ruolo. Al-Aswani mi ha fatto percepire affetto per le sue creature. Cosa che secondo me aiuta anche il timbro: non c’è solo cupezza, dolore, ma anche gioia, ironia, luce. Gli riconosco anche la capacità di costruire il personaggio rapidamente ed efficacemente: in mezza pagina è già lì che respira sotto i nostri occhi e si muove ben definito. Molto belli, nella loro vitalità e sensualità, soprattutto i personaggi femminili.
di Stefano Mola