Modigliani al Vittoriano
Giugno 4, 2006 in Medley da Stefano Mola
L’EVENTO
Se volete farvi un’idea del percorso artistico ed esistenziale di Amedeo Modigliani, e se avete la fortuna di essere a Roma prima del 20 Giugno, dovete fare una cosa sola: andare al complesso del Vittoriano, a Roma, per la mostra a lui dedicata.
Sono riunite 100 opere: disegni, sculture, dipinti. Colpisce, al di là della sua tormentata traiettoria umana, il suo essere nel pieno centro del rivolgimento artistico di inizio secolo.
La mostra curata in modo impeccabile da Rudy Chiappini, direttore del Museo Cantonale d’Arte di Lugano, introdotta da un video in cui Corrado Augias illustra la vita di Modigliani in modo sintetico ma assai incisivo. Al di là delle audiogiude, i pannelli informativi sono ricchi di informazioni.
Se proprio vogliamo cercare il pelo nell’uovo, alcuni non sono tradotti in inglese. Ci sono comunque le audioguide multi-lingua, ma una mostra in una città che tutto il mondo ambisce a visitare richiederebbe forse un bilinguismo completo.
In ogni caso, poter fare dal vivo l’esperienza del confronto con i ritratti di Modigliani vale assolutamente il viaggio.
(mostra visitata il 17 maggio 2006)
Roma, Complesso del Vittoriano
Fino al 20 Giugno 2006
Da lunedì a giovedì: 9.30/19.30
Venerdì e sabato: 9.30/23.30
Domenica: 9.30/20.30
Biglietto: 9,00 euro intero – 7,00 euro ridotto
IMPRESSIONI SUI RITRATTI DI MODIGLIANI
I ritratti di Modigliani hanno pochi volumi. Prevale la bidimensionalità. Eppure sono ricchi di dinamica. I corpi sono allungati verso l’alto come da una spinta interiore, che la forma esterna non sembra in grado di sopportare. Così accade che le varia parti del corpo si pieghino e si torcano, arrestandosi in un’instabile equilibrio generato da spinte contrastanti. Sembrerebbe possibile tracciare i vettori di ognuna di questa forze, come nei diagrammi di fisica: la linea del collo, la testa, le spalle, le gambe. Oppure questa statica oppressa dipende da una limitazione del campo espressivo: la cornice del quadro è gabbia, vaso troppo piccolo per la pianta che nel frattempo si è sviluppata: spesso parti del corpo, un braccio, un cappello, sono tagliati, non stanno nel riquadro.
Quali movimenti interiori diano origine a questa statica zoppicante, in bilico su torsioni oscure, non ci è dato di sapere. I presunti specchi dell’anima, gli occhi, sono per la maggior parte vuoti. Così l’inclinazione non è malinconia, piuttosto alieno mistero. Come se occhi da un altro pianeta ci scrutassero senza capirci e senza opinioni che possiamo capire. Perché l’altro, pur se di fronte a noi, pur se in intimo contatto da ritratto, è inconoscibile.
di Stefano Mola