Medicina & Poesia
Ottobre 10, 2004 in Medley da Tiziana Fissore
L’incontro con un amico che non vedevo da parecchio tempo, il dottor Giorgio Favaro, ha rappresentato l’occasione per parlare di due argomenti cari ad entrambi: medicina e poesia. Infatti il dott. Favaro, torinese, è un conosciuto medico omeopata che svolge la sua attività a Torino ed insegna presso una ASL della provincia di Milano, ma anche un apprezzato poeta.
Giorgio, so che hai praticato in molti campi della medicina: dalla ricerca al volontariato (in Albania per conto della Caritas, n.d.r.), per poi passare alla medicina sportiva ed ora all’omeopatia. Perché, dopo tante ricerche, hai scelto di approdare proprio in questo campo?
Perché l’omeopatia, che non è da tutti ‘completamente ‘ riconosciuta, è una filosofia medica che si pone come obiettivo l’equilibrio della persona sia nella sua individualità sia nella sua globalità e non guarda né cura solo il sintomo.
L’omeopatia, come dici, è ancora vista con un po’ di scetticismo. Ci spieghi in che cosa consiste realmente?
La parola omeopatia deriva da due termini greci che significano stessa-sofferenza (Omeos=simile e Pathos=sofferenza). E’ un sistema di medicina antichissimo (già noto a Ippocrate) che si basa sulla cosiddetta legge dei simili. Secondo tale convinzione ogni sostanza, se opportunamente trasformata, può avere una duplice azione, tossica e terapeutica,. Quindi, la stessa sostanza che è in grado di ammalare una persona, la può anche guarire.
E’ chiaro però che, come in qualsiasi altro campo, ci sono persone che tendono ad imbrogliare gli ammalati. Come ci si può difendere da questi falsi profeti?
Io sono uno dei più acerrimi oppositori dei facili guaritori. L’omeopatia è un’attività medica e come tale è un esercizio che deve essere praticato con coscienza medica. Di conseguenza l’omeopata deve necessariamente essere un medico. Io preferisco definirmi un medico ricercatore in omeopatia ed uno dei miei incarichi è proprio quello di far conoscere ai miei colleghi medici i principi dell’omeopatia stessa.
A tuo avviso l’omeopatia può andare d’accordo con la medicina convenzionale o rimane un settore a parte?
No, ed infatti mi sto battendo per una più ampia diffusione dell’omeopatia e delle altre medicine non convenzionali nell’ambito delle strutture pubbliche. Proprio al riguardo lavoro anche per una ASL.
Cambiamo argomento: Giorgio tu unisci il genio scientifico a quello letterario. Oltre che medico, infatti sei un intellettuale e per l’esattezza un poeta, vincitore, tra l’altro, del ‘Premio Montale’ del 1992. Continui a scrivere?
Sì, certamente. Il mio ultimo lavoro è un’antologia di traduzioni di poesie di L.S. Senghor, edito dalla Harmattan di Parigi.
Che cos’è per te la poesia?
E’ la libertà del pensiero totale… poesia significa creare.
Che cosa si dovrebbe fare per avvicinare il grande pubblico al mondo della poesia?
Più che fare dei passi bisognerebbe iniziare a far leggere i giovani.
Che cosa consiglieresti ad un giovane che vuole esordire in questo campo?
Di aprire il cassetto e osare.
La storia insegna che molti medici sono stati grandi scrittori. Secondo te c’è un nesso tra le due materie?
Poiché la poesia è la definizione del sogno, per quei medici che sono portati alla curiosità della vita e che conservano ancora il dono dello stupore forse il passo è più breve.
Nel ringraziare Giorgio per le risposte sincere e profonde alla mia intervista, salutiamo anche la sua bambina di pochi mesi, che dev’essere la poesia fatta persona, visto quanto è stata tranquilla in braccio a papà durante tutto il colloquio. E ci auguriamo che continuino sempre ad esserci medici come Giorgio Favaro, che grazie alla semplicità, alla modestia ed a molta curiosità scientifica portano avanti quella che è la storia della ricerca e quindi della vita. In più Giorgio ha fatto della scienza una poesia e della poesia una ricerca dell’uomo.
di Tiziana Fissore