La notte e la crisi
Marzo 9, 2003 in Racconti da Redazione

In questo periodo, alcune letture altamente sconfortanti e per questo positive, come per uno scherzo giocoso e lungimirante del caos mi fanno convergere tutte su un punto di riflessione.
La società moderna, tecnologicamente avanzata, e il disagio che essa comporta e del quale permea gli esseri umani.
Disagio esplicito in larga parte, già denotato e assimilato in me, inconscio e vago per tutti gli altri, o almeno per la maggior parte di essi.
Vedo, sento, scorgo rotelle che saltano, ingranaggi non più oliati, e parole di disfatta, gesti di autolesionismo.
Scontento umorale ma non per questo superficiale, epidermico. La società attuale, – noi quindi, rotola negativamente.
Il suo fondamento, lo sviluppo, il progresso a tutti i costi, a tutti i rischi, il benessere illusorio che ne deriva, sono il Male oscuro, la depressione del sistema.
Non è facile, sempre, capire la via a tale devastazione.
Come scriveva Herbert Marcuse (1), il patinato agio che tutti stiamo vivendo non viene immediatamente recepito come forza disgregante e corrosiva. La libertà di cui godiamo appare vera libertas, il dinamismo e la schiettezza delle nostre emozioni, non inquadrati come logica di allineamento e schiavitù sottile.
Il mondo è fatto da schiavi. Che compiono atti da schiavi, e si contentato di marginali piaceri e così facendo sopportano tale schiavitù. Il lavoro non viene definito gioco frustrante, ma valore razionale e onorevole.
Sacro, morale, indispensabile.
E così sarebbe se scevro dalle implicazioni che reca con se, se svuotato dal fondamento di base che lo snatura.
Ma nessuno fa quello che è portato a fare, dal fuoco sacro della sua individualità e delle sue ambizioni, dal creare se stesso, la propria leggenda personale da scrivere quotidianamente, quasi che davvero si fosse auto-sgretolata ogni possibile velleità. Una rinuncia volontaria: do ut des, il nulla comodo.
Tutti cercano la sopravvivenza attorniata da luccicanti distrazioni.
I rapporti personali, l’Amore e l’Erotismo, pilotati ad hoc e incanalati nella pacata sottomissione a chi ci comanda (anche se spesso il ruolo di chi governa è relativo, egli stesso è succube del meccanismo come chi lo subisce), sono menzogna, forzato spostamento di bisogni e necessità vitali su coordinate amorfe, di piattezza socio economica, una riduzione di portata e voltaggio sfruttata nelle/dalle sfere meccaniche della società.
La tensione tra Eros e Thanatos di freudiana (2) memoria, è ridotta nell’appiattimento di tale motrice e nella saturazione, è blando conformismo e fallaci concessioni alla trasgressione.
Anche il linguaggio, impoverito e funzionale al sistema, non è la nostra espressione diretta del pensiero, o meglio lo è nella misura e nella forma del solo pensiero condizionato, positivo e produttivo.
Non scorgo all’orizzonte prossimo, ne attorno a me forze antagoniste capaci di rompere l’idillio malefico del tempo attuale: velleitari e innocue proteste, semmai, per innalzarsi di qualche cm nella scala del benessere, una critica all’interno del recinto quindi.
Ma non radicale stravolgimento e trasmutazione di tutti i valori (3).
Avvenimenti anche di cronaca nera sono a mio avviso testimonianza di una scissione, di una fissione umana dirompente e oscura. Il disagio del nulla creato e accettato. L’impossibilità a svelare il mistero, l’orrore oppressivo e dittatoriale che vive dietro all’apparente stabilità (4).
La claustrofobia Kafkiana(5) di fronte all’irrazionale razionalità del sistema, che contagia come paralisi all’azione e all’autentica riflessione, l’impotenza per alcuni ad accettare e ad adeguarsi alle maschere richieste(6), la nostalgia di una autenticità di vita smarrita e difficilmente riproponibile, se non addirittura ricercabile, a causa della violenza poliforme della Macchina (7).
L’inadeguatezza nevrotica alle manovre subdole necessarie per l’ottenimento di un posto sociale, di una identità, e di conseguenza lo sforzo solo a tale traguardo (escludendo ogni possibile via alternativa e sistema di esistenza diverso), reso gestibile e gratificante nella misura in cui si accettano i compromessi “normali” che la struttura richiede; la smodata voracità di merci e feticci (8) considerati di vitale importanza, la sovrapposizione di tali oggetti alla figura degli esseri umani, per cui essi divengono niente di più che possessori di tali oggetti, oggetti loro stessi; l’inarrestabile trasformazione etica delle coscienze, cloroformizzata da una esposizione invero sistematica ma paradossalmente debilitante, sgravante, di fatti, immagini e concetti di dolore e morte, di sofferenza e colpa; la sostituzione di abiti mentali e morali con altri funzionali al mantenimento dell’ordine delle cose attuale, quindi l’annullamento della critica come impegno e responsabilità, e magari promessa-premessa di miglioramento: tutte queste varianti in atto, come sottofondo ipnotico, come droga fluida, hanno ucciso l’idea stessa di essere umano, così che perfino la morte di Dio come valore di rinascita e di perpetua crisi ontologica, altro non è ormai che rasserenante giustificazione al nichilismo, gonfiato e pomposo della logica da Grande Inquisitore (9) in atto.
(1) H.Marcuse – L’uomo a una dimensione / Eros e Civiltà – edizioni Einaudi
(2) S.Freud – Totem e Tabù / Al di là del principio di piacere – edizioni economiche Newton
(3) F.W.Nietzsche – Così parlò Zarathustra / Al di là del bene e del male / Crepuscolo degli idoli / L’Anticristo / Ecce Homo – edizioni economiche Newton
(4) A.Huxley – Il Mondo Nuovo – Edizioni Oscar Mondadori
(5) F.Kafka – Il Processo / La Metamorfosi/ Tutti i racconti – Edizioni Oscar Mondatori
(6) L.Pirandello – Il fu Mattia Pascal – Edizioni Oscar Mondadori
(7) G.Orwell – 1984 – Edizioni Oscar Mondadori
(8) K.Marx – Il Capitale / Manifesto del Partito Comunista – Edizioni economiche Newton
(9) F.Dostoevskji – I Fratelli Karamazov – Edizioni Einaudi
di Vito Ferro