La filosofia di bonsai e suiseki

Febbraio 3, 2002 in Giardinaggio da Redazione

Il bonsai, il suiseki, la cerimonia del Tè, l’ikebana, la calligrafia, le arti marziali, ecc. per gli orientali sono indistintamente uniti da un legame indissolubile che è la loro filosofia di base. Ad essa bisogna rifarsi sia per accostarsi e capire queste forme d’arte, sia per praticarle in modo corretto.

Per un occidentale non solo è molto difficile riuscire a capire i sentimenti profondi e le implicazioni filosofiche degli orientali, ma anche molto più arduo è saperli mettere in pratica: l’essenza dello Zen è la via del Tè, il cui modello estetico è il “Wabi“, concetto di povertà che sovrasta la ricchezza. Tutta l’arte ispirata allo Zen ha come caratteristiche l’asimmetria, la semplicità, l’austera nobiltà, la naturalezza, l’acuta profondità, la libertà dagli affetti e la tranquillità.

Oltre al Wabi, visto come uno stato dello spirito o un luogo o un’atmosfera, un sentimento di grande semplicità, calma e dignità, un altro concetto affine è il “Sabi“, cioè antico ed elegante, pace interiore e semplicità che proviene dal possesso di un oggetto utilizzato e riutilizzato da molto tempo dagli antenati e che porta il segno non solo del passaggio del tempo, ma anche degli uomini che l’hanno creato e posseduto.

L’essenza del Wabi e Sabi è la ricerca della verità, della virtù e della bellezza; un altro concetto similare è lo “Shibui“ o serena oscurità, che è rilassante e pacifica ed invita alla riflessione e alla meditazione. Conclude questi concetti lo “Yugen”, che è eleganza (il suo simbolo è un bianco uccello con in becco un fiore). Lo Yugen può essere compreso dalla mente, ma non espresso con parole e può essere suggerito dalla vista di una piccola nuvola che oscura parzialmente la luna, oppure dalla foschia autunnale che colpisce le fiammanti foglie di boschi montagnosi.

Tutte queste qualità devono trovarsi in un modo più o meno evidente in un bonsai o un suiseki e per fare comprendere a voi lettori come possono essere espressi in un bonsai tutti questi concetti insieme, mi permetto di citare quanto un maestro Giapponese – Americano, John Naka, ha scritto donando un boschetto di undici ginepri, chiamato “Goshin” (Guardiano o protettore dello Spirito), al Museo Nazionale Bonsai e Penjing di Washington.

“Mi sento onorato e fiero che il mio Goshin abbia trovato una casa permanente nella quale può essere ammirato da molte persone ed in particolare da coloro che si interessano alla cultura bonsai. Come per altri miei bonsai, dietro alla sua nascita c’è una storia; la creazione di Goshin ha richiesto molto molto tempo e si è trattato quasi di una sfida.

Goshin è composto da undici alberi; Alice ed io abbiamo undici nipoti; l’albero più piccolo è stato quello della mia prima dimostrazione. Proprio per il significato che ha per me, non l’ho venduto al momento opportuno, non me lo sono tenuto egoisticamente, ma l’ho offerto a tutti affinché tutti possano godere della sua vista. In altre parole, Goshin appartiene a tutti gli abitanti degli Stati Uniti, come pure agli abitanti del mondo. Non vi sono frontiere nel bonsai: creare bonsai è un appello universale, una pace universale. La colomba della pace vola, dal palazzo all’umile dimora, dal ricco al povero; così fa lo spirito bonsai.

Spero che questo incoraggi la futura generazione a guardare con orgoglio quest’arte vivente e conduca anche a una fratellanza maggiore tra tutte le persone, ovunque esse siano.“

(Chi fosse interessato a vedere questo capolavoro può andare a questo indirizzo:

http://www.bonsai-nbf.org/na/nakapavilion.htm )

Nel corso del mese di giugno dello scorso anno, un altro grande bonsaista giapponese, Saburo Kato, ha presenziato al congresso mondiale bonsai di Monaco di Baviera, dove si sono ritrovati molti illustri cultori di bonsai e suiseki da tutto il mondo. Saburo Kato ha dato un’ultima dimostrazione del suo immenso talento costruendo per il piacere di molti appassionati un boschetto di conifere.

Data la sua veneranda età, ha voluto raffigurare se stesso nel mezzo della composizione come un albero quasi secco e attorno a lui, simbolicamente, sono stati rappresentati altri alberi di differente età e grandezza a fargli da supporto e venerazione. Questo per dire che l’eredità spirituale e morale delle persone più anziane DEVE essere raccolta dai più giovani; in tal modo si dà una continuità morale e materiale ad un’arte che non avrà mai fine se chi la pratica segue le dovute filosofie e continua, sviluppandolo, il cammino iniziato molti secoli fa.

Lo spirito bonsai e suiseki non è solo uno stile di vita, ma un atteggiamento morale e concettuale che deve favorire la relazione “sentimentale” tra l’uomo, la pianta, la pietra e tutti gli altri uomini reciprocamente.

Mera Hekisai, appassionato suisekista, scrisse:

“Gli uomini non muoiono. Anche se i loro corpi terreni muoiono

e ritornano alla terra, i loro spiriti mantengono la loro esistenze

dentro un qualche altro oggetto. Gli occidentali mantengono la loro esistenza

spirituale lasciando in eredità dei libri; il mio spirito vivrà nelle mie pietre.”

di Gaijin Ronin