L’officina del mago

Dicembre 10, 2003 in Arte da Sonia Gallesio

Perfino la Vergine Maria, la Morte e la Malinconia posano nell’atelier…

[Flavia Matitti, dal catalogo della mostra L’officina del mago, ed. Skira]

L’atelier del metafisico ha dell’osservatorio astronomico, dell’ufficio d’intendenza di finanza, della cabina di portolano. Ogni inutilità è soppressa; troneggiano invece certi oggetti che la scempiaggine universale relega tra le inutilità…

[Giorgio de Chirico]

Casorati Maschere 1921Depero lo vede come una fervente officina in cui “il pittore meccanizzato dipinge su tela solare con pennello fiamma”. Quello di Paul Klee al Bauhaus viene soprannominato “cucina magica” e Soffici lo definisce “cabina radiotelefantastica aperta a tutti i messaggi”. Francis Bacon, poi, vi ammassa riviste, cartacce, stracci e barattoli, e Kurt Schwitters lo trasforma addirittura in un intricato labirinto.

Si tratta dell’atelier dell’artista, al quale Palazzo Cavour dedica un’ampia mostra realizzando l’ultimo progetto di Maurizio Fagiolo dell’Arco, scomparso prematuramente lo scorso anno.

Piuttosto variegato, l’allestimento presenta un significativo nucleo di opere appartenenti alla prima metà del XX secolo italiano. Uniche eccezioni: la tela fortemente simbolica Autoritratto nello studio (1897-1899) di Giuseppe Pellizza da Volpedo (Volpedo, Alessandria, 1868-1907) e il primo autoritratto di Giacomo Balla (Torino, 1871 – Roma 1958) di cui si ha notizia, eseguito nel 1894 sul retro di una sua fotografia che lo immortala ancora fanciullo.

“Concepito come un inaccessibile sancta sanctorum oppure arredato come un lussuoso salotto, ricco di oggetti d’arte come un museo o pieno di attrezzi del mestiere come un’officina, ascetico come la cella di un monaco oppure confusionario come il camerino di un attore, misterioso come l’antro di un alchimista oppure asettico come un laboratorio d’analisi”, così lo descrive in catalogo Flavia Matitti, lo studio è il luogo che più di ogni altro può rivelarci qualcosa del suo proprietario. Pullula di idee, infatti, di intuizioni, emozioni, fervori e tormenti. E’ il territorio della creazione per eccellenza, un ricettacolo di energie, un “cenacolo culturale”.

de Chirico Autoritratto 1924_1925Come svelano svariate opere, inoltre, l’atelier è spesso abitato da figure ed ‘entità’ fascinose: dall’ispirazione, in primis, e poi da muse, modelli ed allievi. E ancora da specchi (strumento tecnico ma anche esortazione emblematica all’indagine del sé, come vuole la tradizione ermetica), busti, manichini in qualità di alter ego o allegoria della pittura. L’artista infatti, narra uno scritto di Fagiolo dell’Arco, “si accompagna con Minerva e con le maschere, con la commedia dell’arte e con la malattia, con la scuola e con la modella, con l’esotismo e con la morte”.

L’esposizione è introdotta dal celebre dipinto La casa del mago (1920) di Fortunato Depero, lavoro chiave che illustra l’amata Casa d’Arte fondata a Rovereto “sognando di ricostruire l’universo (almeno quello domestico) in chiave futurista” (Ada Masoero). Senza alcuna pretesa di esaustività, accenna al passaggio dal divisionismo al futurismo, per approdare poi agli anni del Realismo Magico e della rivista romana Valori Plastici. Le tre sale monografiche sono intitolate a Balla, de Chirico e alla coppia Mario Mafai-Antonietta Raphael.

Non sempre i pezzi selezionati raffigurano propriamente l’atelier. Al contrario di quanto inizialmente si possa supporre, difatti, la mostra è volta ad esplorare l’intera dimensione nella quale è immerso l’artista, sia essa tangibile e concreta, oppure spirituale ed interiore.

Tra le opere di maggior impatto, si segnalano i numerosi autoritratti cifrati di Giorgio de Chirico, Maschere (1921) di Felice Casorati, rimasta ingiustamente nell’ombra per molti anni, e La scuola (1928) di Felice Carena, una vera e propria dichiarazione programmatica in quanto rimanda all’importanza formativa della ‘scuola’ e della tradizione, oltre a celebrare l’arte pittorica in senso lato.

Un’autentica chicca, in conclusione, è rappresentata dalla tela metafisica Manichini (1922-1924) di Casorati, unico lavoro nel quale il maestro effigia, se pur marginalmente, se stesso.

L’officina del mago. L’artista nel suo atelier 1900-1950

Fino all’8 febbraio 2004

Torino, Palazzo Cavour, via Cavour 8

Orari: da martedì a domenica 10.00/19.30; giovedì 10.00/22.00; lunedì chiuso

Ingresso: intero € 6.20; ridotto € 4.20; ridotto speciale € 2.50

A cura di: Ada Masoero

Catalogo: Edizioni Skira, Milano

Per info: tel. 011 53.06.90; e-mail: [email protected]

www.palazzocavour.it

di Sonia Gallesio