L’isola del lettore…

Novembre 30, 2001 in Attualità da Stefano Mola

Avvenimenti come la Festautori di Cuneo, a chi ama i libri, scaldano il cuore. Si ha sempre un po’ la sindrome del Panda, ci si sente una specie in via di estinzione. Poi un giorno ci si ritrova, e non è come essere una riserva: c’è passione, in giro.

Al dibattito “A ciascuno la sua isola” c’erano persone di tutte le età. A tendere l’orecchio, mentre si aspettava che l’incontro iniziasse (c’è stato un lievissimo ritardo) c’era chi si chiedeva: finirà in tempo? Riuscirò ad andare fino al teatro Toselli per presenziare alla commemorazione di Lalla Romano? C’era chi si dispiaceva per aver perso l’occasione di incontrare Bosonetto. C’era chi si è dovuto sedere sugli scalini perché non c’era più posto. C’eramo madame, ma anche molti giovani. Nella sala dove erano esposti i libri degli autori presenti (ed erano più di 100, gli autori) ai tavolini autori incontravano lettori, molta gente curiosava tra i libri. Chi eternamente si lamenta della crisi del libro, probabilmente dovrebbe sforzarsi di moltiplicare occasioni come queste: forse non tutti, ma molti di coloro che hanno partecipato alla festa sono poi andati a casa con un libro in più.

La Festautori di Cuneo, il Festivaletteratura di Mantova, dimostrano che c’è una gran voglia di incontrare gli autori, di sentirli parlare, di entrare nel territorio vago, strano e oscuro dove le storie nascono e prendono forma, per capire come, perché, da dove, arrivano le storie.

Da questo punto di vista, l’incontro “A ciascuno la sua isola” è stato un momento centrale. Nico Orengo ha sornionamente sollecitato Piero Soria, Gabriella Bosco, Ernesto Franco e Giuseppe Culicchia. Scrivere, è un’attività sicuramente solitaria: come ci si crea allora la propria isola, l’isola dove nascono e crescono le storie? Come si organizza il proprio territorio, cioé dove e come si scrive?

C’è chi come Culicchia quando scrive smette di leggere, almeno tutto quanto non ha a che fare con la storia che sta prendendo forma. Che scrive dappertutto e su ogni supporto, e poi riversa tutto sul tavolo, per scoprire che poi il 70% è da buttare. Chi come Piero Soria, proprio quando scrive è ancora più affamato di tutto, per prendere tutti gli stimoli possibili, le suggestioni, i rimandi che la realtà offre e che possono essere inglobati nella storia, tanto che non è necessario essere isolati, ma che proprio in mezzo alla confusione più estrema trova le condizioni ideali alla scrittura. Chi, come Ernesto Franco, ha sottolineato l’affinità estrema tra l’isola e o scrivere: entrambi sono microcosmi perfettamente delimitati e definiti da un insieme di regole internamente coerenti. Che riesce a dar forma a una storia solo quando riesce a definire con precisione la voce con cui quella storia dovrà essere narrata, e fin quando quest’unica non viene trovata, la storia non può prendere forma.

Le storie possono iniziare, ma anche perdersi per strada. Oppure nascere vaghe e rivelare, nel momento della loro stesura, possibilità inaspettate e ricchissime. Oppure, proprio quando ci si avvia alla loro conclusione, come per Soria, aprirsi ad altro, alla storia successiva, proprio perché quando la conclusione è vicina si sente il bisogno di un altro orizzonte verso cui salpare.

Quanto abbiamo riportato non è che una parte di un dibattito intenso, ricco di suggestioni, stimoli, riflessioni. C’è un anno per pensarci, fino alla prossima festa. Ma speriamo che di occasioni ce ne offrano altre, prima.

di Stefano Mola