L’inquinamento acustico

Aprile 28, 2003 in il Traspiratore da Redazione

Le nostre città sono sempre più interessate dal fenomeno dell’inquinamento acustico.

La rumorosità, che colpisce l’uomo in tutti gli ambienti in cui opera, si svaga, vive, è sempre più un problema attuale e diffuso. La televisione del vicino ad alto volume, un allarme che suona a notte fonda, il rumore del traffico… sono solo esempi banali di un elenco che potrebbe proseguire all’infinito.

Poiché nella società moderna il rumore si manifesta con maggiore insistenza, rischiando di divenire dannoso per la salute dell’uomo, di fronte all’eventualità del superamento di certi limiti (la cosiddetta soglia d’attenzione), a tutela degli interessati intervengono apposite norme. La sensibilità a tale problematica è aumentata soprattutto nell’ultimo decennio, traducendosi in un’intensa attività legislativa, in linea con l’art. 32 della Costituzione, che prevede la tutela del diritto alla salute, e con le leggi 23 dicembre 1978 n. 833 (istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale) e 08 luglio 1986 n. 349, del Ministero dell’Ambiente, punti di riferimento per la tutela dell’ambiente e della salute umana.

Il Legislatore, anche sulla scorta delle Direttive Comunitarie, ha avviato una fase di disciplina per ridurre le emissioni rumorose nell’ambiente. In Italia, la legislazione a protezione della salute umana dal rumore si è avuta soltanto con il D.P.C.M. (Decreto Presidente Consiglio Ministri) del 1° marzo 1991 e con la Legge quadro 447/95, che regola l’inquinamento acustico nell’ambiente abitativo interno e nell’ambiente esterno, ossia il rumore provocato da sorgenti sonore fisse e mobili. Prima di tale intervento normativo, inoltre, l’inquinamento acustico era lasciato all’apprezzamento dei Sindaci e dell’Autorità Giudiziaria: diverse volte succedeva che gli interventi venissero attuati dalle Regioni e dai singoli Comuni più che dallo Stato.

Come detto, nel ‘91 è stato adottato il DPCM del 1° marzo concernente i “limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti abitativi e nell’ambiente esterno”. La normativa contenuta mira chiaramente a tutelare la qualità ambientale e l’esposizione umana al rumore, sia in relazione al territorio comunale, sia ad ogni altra eventuale area esterna. Prevede, inoltre limiti differenti con riguardo alla suddivisione in zone del territorio comunale (per esempio, in un’area in cui è presente una struttura ospedaliera i livelli previsti di rumorosità sono di gran lunga più bassi rispetto ad una zona per insediamenti produttivi). Uno dei meriti di tale decreto è sicuramente quello di avere individuato il rumore quale causa di degrado ambientale capace di provocare sull’uomo effetti disturbanti, indesiderati, dannosi e nocivi per la salute.

La sentenza 2444/01 della Corte d’Appello di Milano riconosce ed introduce un nuovo tipo di danno, denominato “esistenziale”, che pregiudica la qualità della vita, causando irritazione, ansia, stress fino a ledere la “serenità personale” di un individuo anche in assenza di danno biologico, cioè di una malattia vera e propria. La grande novità è che in presenza di immissioni sonore eccessive, per avere diritto ad un risarcimento ed alla cessazione del frastuono, non è più necessario rompersi il timpano o farsi venire l’esaurimento nervoso, poiché è sufficiente dimostrare che il rumore è intollerabile fino al punto da pregiudicare la qualità della vita (e per essere tale deve superare di tre decibel quello di fondo). Per procedere bisogna contattare un esperto di acustica, fargli misurare il grado del rumore ed in seguito rivolgersi al Magistrato competente.

Il Traspiratore – Numero 42

di G. Ortali