L’altro atleta
Febbraio 10, 2003 in il Traspiratore da Redazione
Le cose stavano così: due punti se con un pugno staccavi un dente all’avversario; tre se gli facevi sanguinare il naso; quattro se lo stendevi entro un minuto. Io vincevo e guadagnavo quattro punti ogni combattimento. Mi allenavo tutti i giorni: un po’ di riscaldamento per non turbare i muscoli con sforzi improvvisi; qualche sollevamento e cinque chilometri di corsa. Il mercoledì era dedicato alla fase tecnica: calci ad altezza della vita, del petto e del viso; pugni al sacco di sabbia e vari altri esercizi fatti per affinare la mia tecnica e salire sempre più in classifica. Allora ero primo, con sette punti di vantaggio sul diretto inseguitore.
Le cose stavano così: guadagnavo mille dollari a punto e avevo un incontro ogni due sabati sera. Con quattromila dollari e più al mese potevo permettermi un discreto tenore di vita; avevo una villetta appena fuori città, un praticello tagliato all’inglese le girava intorno e avevo messo statue di tigri e leoni sparse per il giardino. Mi circondavo di pregiatezze di ogni genere: dai mobili antichi alla bamba migliore della Colombia; dai cavalli di razza alle azioni della borsa di Milano. Avevo un piccolo regno insomma.
Le cose stanno così: l’altro ieri ho combattuto contro Sam di Toronto, un gigante di un metro e novantacinque per un quintale di muscoli sparsi qua e là. Al primo dong mi aveva già steso con un dritto in mezzo agli occhi e, non contento, mi si avventò contro con un salto da un paletto del ring. Frattura della spina dorsale e sedia a rotelle per il resto della vita. Ora posso muovere solo il braccio destro, quello con cui guido il mio trabicolo, e, quando mi fermo a guardare i miei compagni lottare sul ring, tra me penso: “che me frega di non camminare più per tutti i giorni che ancora mi separano dalla morte?”. L’assicurazione ha “premiato” il mio incidente con un miliardo di dollari, così almeno è stata valutata la mia potenziale attitudine ai guadagni. Ho ancora il mio piccolo regno e, pian piano, lo sto trasformando in un harem, pieno di belle ragazze pronte a tutto per duecento dollari al giorno, più vitto e alloggio. L’uccello, per fortuna, vola ancora alla grande!
di G. Ventura