L’Ultimo Gattopardo al teatro Alfieri

Dicembre 12, 2007 in Spettacoli da Redazione

Barbareschi. Gattopardo è sempre molto complessa la rivisitazione di un’opera famosa, anche se realizzata da professionisti di alto livello. Troppi gli elementi con cui confrontarsi, le sviste, i rischi di incorrere nel dejà vù. Invece lo spettacolo di Andrea Battistini coglie nel segno con un’eleganza raffinata e nello stesso tempo sontuosa, sostenuto dal robusto mestiere di un Luca Barbareschi che ha sempre molto da dire.

Il suo Fabrizio Corbera, Principe di Salina, l’ultimo Gattopardo è un protagonista quasi feroce, smorzato da un’ironia brillante, certo, ma sempre molto puntuale nella corrosione degli altri personaggi. Complice in questo anche l’ammirevole affinità con tutto lo staff degli attori.

Arriva dunque all’Alfieri di Torino “Il sogno del Principe di Salina”, che sarà in palinsesto fino a domenica 16 dicembre: un allestimento che ha debuttato più di un anno fa a Roma, e che da lì ha poi fatto il giro d’Italia, ottenendo ovunque ampi consensi.

Il punto di partenza è sicuramente il romanzo di Tomasi di Lampedusa, con opportune modifiche, già a partire dal titolo, a cui si è dovuto rinunciare per questioni di diritti d’autore. In ogni caso il contesto è quello, la Sicilia poco dopo lo sbarco dei garibaldini e le conseguenti ipocrisie e complessità politiche. Il matrimonio fra il nipote di Don Fabrizio (Tancredi) con la figlia (Angelica) del ricco e scaltro parvenu borghese Don Calogero costituisce l’intreccio principale della vicenda. Ma la regia di Battistini non si è basata solo sul romanzo, e si è invece immersa nelle bozze, negli appunti e nelle lettere di Tomasi di Lampedusa, come per restituire nella sua integrità l’antefatto da cui prese spunto per il suo “Gattopardo”. Il tutto condito in salsa agrodolce, dove nulla stona e i caratteri sono ben ritagliati.

Lo spettacolo è diviso in due atti, per la durata di circa due ore e mezza, mai stancante anche nei monologhi più lunghi, sempre imprevedibile anche grazie alle bellissime scenografie mobili di Carmelo Giammello. Mobilio e impalcature si muovono costantemente, per separare le scene fra di loro, ma anche per rivelare la presenza di personaggi fino a quel momento nascosti, che entrano ed escono come dalla personalità di Don Fabrizio, in un continuum davvero azzeccato. Certo la differenza fra i due atti è molta, sia nei dialoghi (nel primo scattanti e briosi), sia nella scenografia (la mobilità del primo si trasforma in fissità nel secondo). Il lento scivolare nella tragedia giustifica pienamente queste scelte.

Quello che però non manca mai è l’atmosfera elegante, raffinata, enfatizzata dai bei costumi realizzati da Pietro Viotti. Tutti elementi in grado di comunicare fedelmente, quasi lo si fosse davvero vissuto, il sentimento di un’epoca. Persino la brevissima scena di nudo a pochi minuti dall’inizio (applaudita per la simpatia o per il fondoschiena di Barbareschi?) mantiene il suo contesto raffinato. Per non parlare del ballo simbolico nel secondo atto, ballo tanto celebre nel film, e che qui è risolto in una bella sinestesia fra luci e suoni.

Tutti gli attori sono in parte, dal Tancredi di Alfredo Angelici al Don Calogero Sedara, perfetto, fino a Don Ciccio, marginale ma non troppo con la sua invettiva contro la falsificazione dei voti durante il plebiscito popolare.

Bello insomma, un buon prodotto, professionale, intelligente, brillante. Vale il tempo e il prezzo del biglietto, per quello che comunica e per il dono che fa: quello di rivivere per poco, certo per poco, la bellezza di un’epoca ormai passata e che forse, senza tanti giri di parole, è anche la nostra. L’immobilismo della Sicilia di fine secolo, descritto così bene, si sposa del tutto con quello attuale dell’Italia.

E allora riviviamolo questo passato, riviviamolo ché fa bene. E farlo a teatro non può che essere un’esperienza.

Il sogno del principe di Salina: l’ultimo Gattopardo

Liberamente ispirato agli appunti e alle lettere di Giuseppe Tomasi di Lampedusa

Scritto e diretta da Andrea Battistini

Con Luca Barbareschi

Scene: Carmelo Giammello

Costumi: Andrea Viotti

Teatro Alfieri – Piazza Solferino, 4

Da martedì 11 a domenica 16 dicembre

Ore 20.45 (solo domenica ore 15.30).

di Davide Greco