L’ascolto del vino
Settembre 7, 2003 in Libri da Gustare da Stefano Mola
Paolo Massobrio, Marco Gatti “L’ascolto del vino”, I Quaderni di Papillon – Edizioni Comunica, pag. 288, Euro 12,90
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Ecco, questa cassa sulle spalle è semplicemente un insieme di nozioni, statico come solo un soprammobile di marmo può essere. Qualcosa che dobbiamo per forza trascinare in giro, che non si può non avere, che è necessario esibire al momento giusto.
E invece no, picchiamo il pugno sul tavolo, per costringere il nostro doppio impaurito, rintanato davanti ad Amadeus in cerca di conforto. Cultura è, o meglio, dovrebbe essere, uno strumento di lettura e trasformazione del mondo. Qualcosa che ci aiuti ad arricchire l’esperienza di noi stessi e di tutto quello che ci circonda. Un punto di partenza, e non un bignami.
Abbiamo disperatamente bisogno di una cultura così, in tempi veloci, quando tutto ci scorre davanti agli occhi indifferenziato, una strage un africa e poi i gol del campionato. Soprattutto quando abbiamo sempre meno tempo per esempio per farci da mangiare o per scegliere con attenzione che cosa bere. L’esperienza cibovinicola sta diventando (forzatamente) un’appendice casuale e semplicemente doverosa delle nostre giornate. Perdiamo sempre più consapevolezza e traccia delle origini e delle relative tradizioni. Allo stesso tempo occorre star lontani dall’inneggiare a una conservazione retriva e acritica dell’età dell’oro (che in questo caso rimanderebbe spesso a gesti e atti compiuti in tempi estremamente poveri e difficili). Piuttosto perché per andare veramente avanti bisogna capire non solo da dove si è venuti, ma anche saper leggere la strada che si sta percorrendo.
Il nostro doppio, affascinato da questa enfasi retorica, ha abbandonato la televisione e ci indica timidamente il libro appoggiato sul tavolino. Perché infatti è proprio da lui che siamo partiti per queste nostre riflessioni. Paolo Massobrio e Marco Gatti si propongono infatti di fornire gli strumenti per ascoltare un vino. Ascoltare è più di assaggiare, bere è meno che degustare. Un vino è una storia, perché implica un luogo, una terra, un modo di operare e quindi un sapere, degli uomini. Essere in grado di cogliere colore, profumo, sfumature, differenze è importantissimo non tanto per lo sfoggio in società, quanto per arricchire la nostra esperienza del mondo, per aumentare la consapevolezza dell’atto che stiamo compiendo. Certamente, è possibile leggere e apprezzare Dante senza conoscere la storia e la teologia del medioevo. Però, la conoscenza di queste ultime aggiunge una rete di relazioni che ci fanno andare un po’ più in là per vedere delle cose che prima non immaginavamo. Allo stesso modo, si può apprezzare un buon vino senza neanche sapere da quali uve è stato prodotto. Però… però così diventa l’ennesima cosa che ci passa davanti, e visto che un buon bicchiere di vino è un piacere, perché non sfruttarlo fino in fondo?
A maggior ragione se si tratta di un libro che si pone in maniera pragmatica e per niente tronfia. Per esempio, si afferma che “ascoltare un vino presuppone umiltà, curiosità, desiderio di conoscere fino in fondo una cosa. Chiunque può mettersi nell’atteggiamento dell’Ascolto di un vino, basta volerlo, sapendo che ciò che manca è solo un metodo”.
Ovvero uno strumento. Che va dal modo di porsi nell’assaggio per goderne il più possibile, passa per l’abbinamento al cibo e gli strumenti per la conservazione in casa, per arrivare fino al bon ton. Corredano in fine il volume una serie di interviste a personaggi del mondo del vino, un dizionario di termini tecnici, e un elenco dei migliori vini d’Italia, sia quelli scelti dall’Associazione Internazionale dei Sommelier sia i migliori vini recensiti da Paolo Massobrio in questi ultimi due anni di appassionanti degustazioni.
L’importante, dopo averlo letto, è non aggiungerlo semplicemente alla cassa per farne sfoggio. Niente di più noioso e pericolo di chi poi se la tira da intenditore: il pericolo della cultura statica è sempre in agguato.
di Stefano Mola