Italia bagnata, Italia fortunata
Giugno 15, 2010 in Sport da Redazione
Città del Capo, 14 Giugno – Sindrome di accerchiamento, così la chiamano gli esperti in materia. Travolto da innumerevoli critiche, il nuovo corso Lippi è simile a quello vecchio: il “gruppo” contro tutto e tutti.
Il cielo d’Africa accoglie i Campioni del Mondo con un acquazzone che riempie solo per metà il bicchiere azzurro, se poi sia mezzo pieno o mezzo vuoto lo diranno le prossime gare.
E’ un Italia che non vince, ma che convince. Lippi l’ha plasmata a sua immagine e somiglianza, scorbutica e reattiva al punto giusto. Capace di rispondere al vantaggio avversario e soprattutto a tutti coloro che sottolineavano la scarsa condizione fisica degli azzurri, alla luce delle recenti amichevoli con Messico e Svizzera.
E’ molto simile al Mourinho-pensiero quello di Lippi, vincente quello del guru di Setubal, improponibile il 4-2-3-1 del Marcello nazionale che insiste su un opaco Marchisio che, evidentemente, non è Sneijder! Comunque ottimo l’impatto sulla gara degli esordienti Criscito e Pepe che danno una buona dose di qualità e quantità a dispetto delle critiche.
La prima mezz’ora è un crescendo azzurro con i Paraguaiani che girano a vuoto e spesso ringhiano sulle caviglie dei nostri, tutti i palloni passano per i piedi della sopresa Montolivo, spalleggiato dal romanista De Rossi che dà il solito contributo di dinamismo e concretezza alla causa. Il neojuventino Pepe spinge benissimo sulla destra, l’Italia ha in mano il pallino del gioco, ma dalle parti di Gilardino (a secco da due mesi) arriva ben poco.
La gara si accende al minuto 39 quando il non impeccabile Archundia concede una dubbia punizione dalla trequarti ai sudamericani: Alcaraz raccoglie l’invito di Torres, è perentorio il suo stacco aereo e la palla si insacca alle spalle di un incolpevole Buffon. L’Italia che scende in campo nella ripresa è orfana di quest’ultimo che nell’intervallo accusa un risentimento al nervo sciatico, al suo posto Lippi mette dentro l’esordiente Marchetti. Parte bene stavolta il Paraguay , al 10’ della ripresa Vera fa venire il coccolone al neoentrato portiere cagliaritano scheggiando l’incrocio dei pali.
Lippi sostituisce Marchisio (che fatica a trovare la giusta collocazione in mezzo al campo) per Camoranesi, chiamato a dare un po’ di fosforo all’offensiva azzurra. Si passa al più collaudato 4-4-2 e Pepe si sposta a sinistra per far spazio all’esterno juventino sulla destra, Iaquinta e Gila davanti.
Il pareggio non tarda, e da un corner calciato alla grande da Pepe, De Rossi è il primo ad arrivare e firma l’1 a 1. Da sottolineare la pessima uscita di Villar che di fatto, regala il pareggio all’Italia. Nel finale entra un evanescente Di Natale che non riesce ad incidere, Camoranesi rischia più volte il secondo giallo. Si gioca fino al 48’ con gli azzurri che ci provano fino all’ultimo, ma la difesa avversaria regge l’urto e finisce con un pari che delude il commissario tecnico azzurro, che parla così ai microfoni Rai: “Il risultato è il rammarico più grande. Partite come queste devono essere vinte. Il Paraguay alla prima occasione è andato in rete. Dobbiamo migliorare sotto porta.”
Gli fa eco De Rossi: “Nel primo tempo eravamo stati un po’ sterili sui 30 metri, non eravamo mai brillanti e non mettevamo la palla importante. Quello poi si paga a questi livelli. Probabilmente dobbiamo migliorare sui 30 metri, ma non gli attaccanti, tutti quanti. Dobbiamo essere più concreti, arriviamo sempre lì davanti, poi magari ci manca l’ultimo passaggio, ci manca la zampata vincente.”
Buona la prima mondiale del Lippi-bis che porta a casa un punto importante riprendendo per i capelli una partita iniziata nel peggiore dei modi.
Eppure lo si è visto anche stasera, manca l’uomo che accenda la luce, un vero numero 10 che sia in grado di risolvere la partita e far davvero sognare i milioni di Italiani che in questi mesi lo hanno invocato in tutti i modi: Cassano, Balotelli, Totti, Del Piero.
E’ cocciuto Lippi, ma è convinto che la “sua” Italia, seppur priva di fantasisti, possa comunque dire la propria.
di Daniele Fiorini