Intervista a Lidia

Maggio 4, 2003 in Medley da Stefano Mola

Ogni tanto, fare questa cosa strana e virtuale che è parlare di libri su internet, ci sente un po’ soli. Viene allora la voglia di sentire come se la passano i “colleghi”. Le virgolette sono necessarie, in quanto collega è una parola che cade nel cesto chiamato lavoro, dove necessariamente deve trovarsi anche un’altra fondamentale parola, “stipendio”. Qui, e lo stesso vale per Lidia, la guida Libri-Autori di Superava, da noi stimatissima, la parola stipendio non c’è. Ecco quindi un piccolo dialogo che ci ha concesso. L’incontro con gli autori, i lettori, consigli, riflessioni, curiosità…

Trovare Lidia on line a questo indirizzo: http://guide.supereva.it/libri_autori/ .

34605Tra i libri che hai letto di recente, quale consiglieresti ai lettori di Traspi.net e perché?

C’è un libro che ho appena finito di leggere e che, solo con il titolo e con la relativa copertina, è riuscito a incuriosire tutta la famiglia, marito e figlia di dieci anni compresa a cui ho dovuto raccontare la trama man mano che la lettura procedeva! Si tratta de “La notte eterna del coniglio” di Giacomo Gardumi, edito dalla Marsilio. Lo scenario è quello immediatamente successivo ad una guerra nucleare. Quattro gruppi familiari si trovano rinchiusi in altrettanti bunker antiatomici e possono comunicare solo fra loro. Nonostante le difficoltà e il dolore immaginabili, sembrano rassegnati ad una lunga e monotona permanenza sotterranea, almeno fino a quando uno di loro non comincia a sentire strani rumori provenire dall’esterno: qualcuno sembra bussare. La logica direbbe che è impossibile… Ma che dire allora quando fa la sua apparizione un coniglio rosa che riesce a penetrare in uno dei rifugi e a compiere un massacro, solo il primo, sembrerebbe, di una serie che mira alla distruzione di tutti?! Ora, con un inizio così, non ho potuto fare a meno di arrivare alla fine il più velocemente possibile. In realtà si tratta di un thriller particolare, proprio per la situazione scelta, molto ben costruito e, purtroppo, anche abbastanza attuale.Lo consiglierei, se non a tutti i lettori (qualcuno potrebbe non amare il genere), almeno a… Bush!

A me sembra che internet faciliti molto la comunicazione tra chi fa questa strana cosa che è scrivere gratis di libri sul web e gli autori. Tu cosa ne pensi? Hai qualche episodio da raccontare?

Certo Internet, facilitando ogni tipo di rapporto, favorisce anche gli scambi fra chi, come me e te, scrive di libri e di autori. Penso ad esempio la facilità con cui ho contattato Susanna Tamaro: sorrido ogni volta che leggo che è un’autrice che si concede poco alle interviste! Più difficile è stato, ad esempio, con Beppe Severgnini: potresti scrivergli ogni giorno, e ti risponde sempre. Sì, ti risponde che non ha tempo! Ma dopo qualche tentativo e qualche anno di pazienza, ce l’ho fatta! Sorvolerei, anche se potei fare tanti nomi, su chi, invece, non ha risposto, alla mia richiesta, neppure un semplice “no, ora non posso”, che sarebbe stato, quanto meno, indice di buona educazione. Ma conservo la lista, non si sa mai…

Un altro tipo di discorso meritano invece gli aspiranti autori, gli esordienti, quelli ancora non molto affermati: con loro il dialogo si fa più aperto e approfondito, si stringono amicizie e si scoprono idee interessanti. A volte si continua il “viaggio” insieme, quasi a vedere chi, per primo, raggiungerà la vetta: la pubblicazione del proprio libro, l’affermazione, il successo. Ma non è una gara, ci si sostiene nei momenti di sconforto e si gioisce quando le cose sembrano andare per il verso giusto: è questa, credo, una grande opportunità, che molti non hanno ancora colto.

Come è il dialogo con i tuoi lettori?

Ti confesso che la mia esperienza è alquanto “altalenante”. Nello svolgere questa attività di “guida” per il portale superEva, dovrei essere perennemente al servizio dei lettori. La realtà è che periodi in cui il dialogo è più aperto e costruttivo si alternano ad altri in cui non ho alcun loro riscontro. I forum, ad esempio, così come sono stati strutturati dopo un “restyling”, sono ormai deserti. Anche la possibilità di contattarmi per avere consigli o informazioni subisce momenti di intensa attività e altri di completo silenzio: in questo caso credo dipenda dalla visibilità che i passaggi sulla HP di supereva offrono alle guide che si alternano. Ci sono però episodi che ricordo con simpatia: mi è capitato ad esempio, di ricevere richieste di titoli adatti ad amici che avevano avuto delusioni amorose, a chi vuole smettere di fumare, a chi è depresso e si sente brutto… Allora il rapporto assume il tono un po’ da “posta del cuore”, che a me piace molto! Ci sono stati anche lettori che mi hanno sottoposto quesiti stranissimi, come trovare il titolo di un libro conoscendone solo un personaggio o il titolo di una poesia, conoscendo solo il primo verso: ho scoperto poi che con il mio aiuto “guadagnavano punti”, ma non mi chiedere di che cosa!

Parli di dialogo: io trovo che sia un po’ a senso unico. Sono convinta cioè che gli italiani, generalizzando un po’, siano pigri. Leggono, forse, ma non amano condividere le loro impressioni, o non ne hanno il tempo. Manca, cioè, la mentalità tipicamente anglosassone che ha dato vita ai “reading groups”, ad esempio. Chiunque dia un’occhiata a siti stranieri che si occupano di libri, noterebbe come i commenti ai libri letti siano molto numerosi; si stupirebbe, forse, di vedere munerosi lettori discutere, fin nei minimi particolari, di un libro o del suo autore. E giudicherebbe forse tutto ciò una perdita di tempo!

34606C’è qualche autore che hai conosciuto sul web e poi di persona? Sei d’accordo sul fatto che sia sempre meglio non conoscere di persona gli autori dei libri?

Raramente termino di leggere un libro senza rimanere con almeno una domanda, una curiosità; perciò non vedo controindicazioni a conoscere gli autori dei libri. Certo bisogna essere preparati anche ad una delusione: ci si potrebbe imbattere in persone che non corrispondono minimamente all’immagine che ci eravamo fatti, magari fissando a lungo la foto, risalente a qualche anno prima, sulla quarta di copertina. Ma è un rischio che vale la pena di correre: a volte succede il contrario. Svolgendo questo lavoro come attività secondaria, ispirata solo dalla passione, le occasioni di conoscere personalmente gli autori che leggo e di scrivo sono abbastanza limitate. A questo devi aggiungere una certa riluttanza da parte degli scrittori italiani più affermati a “concedersi” al di fuori degli appuntamenti importanti dell’editoria italiana, anche se esistono le dovute eccezioni. Spesso ogni possibilità di dialogo si spegne sul nascere per la mancanza di un indirizzo e-mail e del silenzio delle case editrici alle richieste di contatti. Qualche tempo fa sono stata alla presentazione del nuovo libro di una scrittrice francese, Amélie Nothomb, che dedica normalmente parte del suo tempo alla corrispondenza con i lettori (pensa non usa il computer!) e che mi aveva concesso una brevissima intervista, naturalmente via mail. Alla domanda su quale fosse il suo rapporto proprio con i lettori, ci ha risposto che è fondamentale. Ci ha raccontato, con l’ironia che la distingue, che ogni anno pubblica un libro tra la fine di agosto e gli inizi di settembre. I giornalisti, allora, si precipitano a farle domande sul nuovo romanzo, domande alle quali non sa che cosa rispondere. Se invece dovessero porle quelle stesse domande, ai primi di novembre, saprebbe che cosa dire loro, perché avrebbe nel frattempo ricevuto numerosissime lettere dai suoi lettori con i commenti e le interpretazioni a cui lei stessa non avrebbe ma
i potuto pensare!

Ecco, a molti autori, manca un poco di questa umiltà, la disponibilità al confronto, anche con il lettore “qualunque”.

Che cosa temono, proprio non so…

Si può discutere all’infinito su generi, inquadramenti, presunti doveri degli scrittori, scuole, teorie. A me sembra però che la cosa più importante, nonché l’unico modo per raggiungere veramente la gente, sia saper raccontare delle storie.

Sì, è vero, si legge un libro e ciò che fa della nostra lettura una lettura avvincente è, naturalmente la capacità di raccontare di chi l’ha scritto. E’ ciò che fa la maggior parte della gente: una volta giunti alla fine, il libro ritorna al suo posto, in libreria, in biblioteca, da chi ce l’ha prestato. Una delle questioni che mi sono sempre posta, soprattutto durante i miei studi di letteratura, riguardava le pagine e pagine di critica letteraria che dovevo studiare. Interpretazioni su interpretazioni, che variavano col passare degli anni e delle mode. Tutte quelle argomentazioni filosofiche, politiche o psicologiche corrispondevano realmente al messaggio dell’autore o erano mere “visioni” del critico? Ora, io non credo si debba arrivare a questo per qualsiasi libro, del resto non è il nostro lavoro. Ci permettiamo di dare consigli solo per quel po’ di esperienza che ci siamo fatti, ma se io e te continuiamo a scrivere di libri e di autori, è anche perché ci piace anche andare al di là della storia (quando questa è sufficientemente stimolante da permetterlo!). E qui entrano in gioco le discussioni sui generi, sui presunti doveri degli scrittori, sulle scuole di pensiero e le teorie letterarie… Che è un po’ quello che si fa nelle trasmissioni che si occupano di calcio. O no?

di Stefano Mola