In un ristorante
Gennaio 25, 2004 in il Traspiratore da Redazione
di un camaleonte a spalla,
a cui non basta il palinsesto macabro e pazientemente atteso,
del logoramento di corpi senza teste, lanciate in mezzo all’obiettivo audace,
del campo-mine di questa partita a palla a mano senza squadre,
disperse tra le gocce melmose di un isterismo sui-genocida,
viscido del rimorso di una camicetta di raso azzurro,
che pugnala la mia anima impotente di rabbia…
Soffoco in mezzo al fuoco amico-nemico schierato a viso aperto-coperto
da migliaia di gambe e braccia roteanti,
in una macedonia invadente di hominidi contenti e
cavallette devastanti,
che mi sfiorano come pietra pomice
da sfregare fino a consumarmi contro i muri abrasivi
di un’animalità autoreferenziale,
appiccando il fuoco di uno smisurato istinto di sopravvivenza,
per cui credi che la tua,
sia la migliore delle vite,
nel momento esatto in cui la vita ti dà un assaggio della sua fine…
Brandita tra i brandelli di un tessuto che non sa più quali carni vestire,
in quanto ormai carne il tessuto stesso,
del vestito indossato da un’umanità senza rimorso per una camicetta di raso azzurro,
che graffia il mio sguardo fuggitivo,
di questo mio paio d’occhi spalancati dall’orrore di non averli aperti in tempo,
per puntarli solo ora lacrimanti di veleno puzzolente,
verso lo spazio e il tempo di una salvezza che dura solo un istante,
quanto basta a segnalare l’inizio di un corridoio catodico,
a volte all’ombra a volte nella luce,
dei circoli viziosi di un ricatto senza soluzione di continuità, o di espiazione…
Che cancelli il rimorso di aver violato una camicetta di raso azzurro,
stritolando le mie budella e infettando il mio respiro,
di amarezza per una vita trasformata nello zerbino
disteso sul pavimento d’accesso al delirio pestilenziale,
di succursali all’uranio impoverito,
di un cervello atomico dichiarato fallito dalla storia,
che esplode fantasmi inceneriti dalle fiamme iridescenti
di una falsa vittoria…
Inferocita dalla non sconfitta del Dio guerriero senza volto rivolto ai cuori
che pompano sangue,
nei petti di chi chiede aiuto a Dracula
perché il rito sia succhiato, consumato e cancellato
al più presto possibile,
cosicché sottile e indolore il dolore del terrore,
dissimulato tra palcoscenici ambulanti di discorsi preconfezionati
e tra scaffali di supermercati per la vendita al dettaglio di parole in scatola,
ti trafigga vigliacco la carotide,
travestito del godimento,
che dal retto scala il midollo fino alla giugulare,
trasformando la tortura subita in odio e il sangue bevuto in sciroppo afrodisiaco…
E che la masturbazione di smidollamento ideologico
raggiunga l’apice del suo ululato politeistico,
di un’imposizione a squarciagola che sordida ti grugnisca in faccia
l’autolesionismo mistico di un
TACI!…
Che ti dia PACE, a te uomo che mi scorri accanto,
che quando l’avrai raggiunta sarà dei sensi…
Ma adesso lasciatemi,
protetto dalla PACE di questa camicetta di raso azzurro,
sfilacciata come gli spaghetti,
che popolano di rimorso il piatto in cui sto mangiando,
succhiandoli uno per uno,
nel tentativo di tirarli fuori dal sugo di pomodori marinati,
coltivati nelle campagne sopraelevate del XXI° secolo…
Per provare a salvare almeno loro,
che mi danno da mangiare senza guardarmi in faccia, poi…
Un caffè al bar, grotteschi commenti da tre quarti di campionato e,
uno zerbino d’accesso disteso sul pavimento azzurro,
del delirio di perfezione e pulizia di casa mia…
La DEMOCRAZIA…
di P. Manella